tag:blogger.com,1999:blog-11244903826155111522024-03-05T13:26:31.261+01:00Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi"Il RisorgimentoCarmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.comBlogger839125tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-7780540115859730862019-03-01T17:29:00.002+01:002019-03-01T17:29:16.529+01:00Museo del Risorgimento<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQAXd2vrJcyqlDSlw2bBHnB-ahV1socxqOO-GZuSoFC0Nkp5sCfdV5DGxFOeUPHwdyiPtsndFyw5ubuWFoE2qm6kO5wqs1cv3zs5FORxh67OAtQHxcKxEB0Mj5teyeTy9Oa-ZONANv7x8J/s1600/img126.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="331" data-original-width="519" height="204" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQAXd2vrJcyqlDSlw2bBHnB-ahV1socxqOO-GZuSoFC0Nkp5sCfdV5DGxFOeUPHwdyiPtsndFyw5ubuWFoE2qm6kO5wqs1cv3zs5FORxh67OAtQHxcKxEB0Mj5teyeTy9Oa-ZONANv7x8J/s320/img126.jpg" width="320" /></a></div>
<span style="background-color: white; font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12.8px;">Nato nel 1885, dal 1951 il museo ha sede nel settecentesco palazzo Moriggia, progettato nel 1775 da Giuseppe Piermarini a ridosso del vasto complesso di Brera. Già sede, in epoca napoleonica, del Ministero degli Esteri e, in seguito, del Ministero della Guerra, il palazzo, passato nel 1900 alla famiglia De Marchi, fu donato al Comune di Milano dalla moglie del celebre naturalista Marco De Marchi e in quell'occasione destinato a sede museale.</span><br style="background-color: white; border: 0px; font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12.8px; margin: 0px; padding: 0px;" /><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12.8px;">Attraverso un articolato insieme di materiali composti da stampe, dipinti, sculture, disegni, armi e cimeli, le collezioni illustrano il periodo della storia italiana compreso tra la prima campagna di Napoleone Bonaparte in Italia (1796) e l'annessione di Roma al Regno d'Italia (1870).</span><span style="background-color: white; font-family: Verdana, Arial, Helvetica, sans-serif; font-size: 12.8px;">L'ultimo allestimento risale al 2011 in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Mantenendo intatta la sequenza cronologica, il percorso espositivo, suddiviso in 14 sale, evidenzia i nuclei salienti delle collezioni come, ad esempio, i cimeli dell'incoronazione di Napoleone in Italia (il manto verde e argento e le preziose insegne regali), lo stendardo della Legione Lombarda Cacciatori a cavallo, il primo Tricolore italiano.</span>Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-64701552847132600052018-08-14T16:25:00.003+02:002018-08-14T16:25:52.374+02:00I MILLE<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitOyVJsgkD8_pZhLoLhtv-oDGRgyqnmOCyUETWqjaEKXmxW5NACazb201M3_08DcErJvdnB9vNlnZvxwAdgeVUiV2mtpuXUojQ6bGD5doSxT_C2QAUptNcHh2SNsRDZ1JDMPEEfdHh0qdU/s1600/5656284.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="314" data-original-width="234" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEitOyVJsgkD8_pZhLoLhtv-oDGRgyqnmOCyUETWqjaEKXmxW5NACazb201M3_08DcErJvdnB9vNlnZvxwAdgeVUiV2mtpuXUojQ6bGD5doSxT_C2QAUptNcHh2SNsRDZ1JDMPEEfdHh0qdU/s1600/5656284.JPG" /></a></div>
«Nella tenda di Achille c'era una lira, e c'era un'arpa nella tenda di Giuda Maccabeo; Orlando scriveva in versi a Carlo Magno; Federico II dedicava odi a Voltaire. Gli eroi sono poeti. Anche lei lo dimostra». Così, in una commossa lettera del 20 gennaio 1868, Victor Hugo si rivolgeva a Giuseppe Garibaldi. Lo sguardo dello scrittore romantico leggeva la spedizione dei Mille come una straordinaria epopea e osservava i suoi protagonisti come i vati che l'avevano resa memorabile. Ma chi furono i Mille? Anime elette ad un più alto sentire, «una legione formidabile e quasi fatata», per dirla con Abba (clicca qui per leggere il brano I Mille di Giuseppe Cesare Abba), o uomini comuni che sceglievano l'esperienza del volontariato militare per ragioni di riscatto sociale, oltre che per il bene della patria?Il primo passo verso la scoperta del variegato mondo dei Mille è la lettura dei loro nomi (vedi in fondo per leggere l'elenco dei Mille nella scheda Mille nomi).Nell'aprile 1861 venne istituita una Commissione, composta dai generali Vincenzo Orsini e Francesco Stocco, dall'intendente generale Giovanni Acerbi, dai colonnelli Giuseppe Dezza, Guglielmo Cenni, Benedetto Cairoli, dal tenente Giorgio Manin, dai maggiori Luigi Miceli, Antonio Della Palù e Giulio Emanuele De Cretsckmann, dai capitani Francesco Curzio e Davide Uziel e dai deputati Salvatore Calvino e Achille Argentino, con l'incarico di comporre un Ruolo nominativo dei pensionati fra coloro che erano sbarcati a Marsala.Nel 1864 nel bollettino n. 21 delle nomine e promozioni venne compilata una nuova lista, curata dal Ministero della Guerra, in base alla quale furono concesse le pensioni, e completata solo nel 1877, dopo un'inchiesta informativa. L'elenco definitivo venne pubblicato il 12 novembre 1878 in un supplemento (vedi in fondo) alla "Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia" (vedi in fondo).La prima domanda da porsi scorrendo le pagine dell'elenco dei Mille è: da dove provenivano?I 1087 patrioti che sbarcarono a Marsala l'18 maggio 1860 erano in maggioranza lombardi, 435, di cui 180 bergamaschi, più di 300 tra veneti e liguri, 78 erano i toscani, 31 i siciliani e 25 i napoletani (vedi in fondo per visualizzare il grafico sulla provenienza geografica dei Mille Mille regioni). Ad un'attenta analisi di quei dati si comprende come una certa familiarità pregressa nel mondo della militanza armata fosse decisiva nella scelta di partire: molti erano infatti coloro che uscivano dall'esperienza dei Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra di indipendenza, primo tentativo di organizzazione sistematica di un corpo di volontari<br />
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Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-4326224336970634392018-03-25T19:49:00.000+02:002018-03-25T19:49:00.058+02:00Il partito di azione<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
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<li style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="194" data-original-width="259" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgODKEsqL6b9aYpRxGONSYx56BQyDRb4nzgD93o5UejH3VupqlHHjdCG9dJlxljDnB29pQR-N9_XKa9GEPfQqearQy0BMTL-4hx01zgz0M0yuK7HMmE55C6M1lD8XHZEqp1EQEwiKr32fwn/s1600/download.jpg" /></li>
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Il Partito d'Azione venne fondato da Mazzini nei primi mesi del 1853, dopo il fallimento del moto milanese del 6 febbraio di quell'anno e come risposta alle critiche alla sua strategia che si andavano diffondendo nel campo democratico.Lo si accusava soprattutto di mandare allo sbaraglio tanti patrioti, come appunto era avvenuto nel caso milanese, in imprese che non avevano alcuna possibilità di successo.Mazzini reagì alle critiche sostenendo di non avere nulla da rimproverarsi: nell'opuscolo Agli italiani, scritto nel marzo 1853, considerò la sconfitta del moto milanese del 6 febbraio come prova ulteriore, dopo quella fornita dalle vicende italiane del 1848-49, del fatto che ormai «il fremito d'emancipazione [era] sceso alle moltitudini».Si trattava di una lettura della realtà determinata evidentemente da una mitizzazione delle inclinazioni rivoluzionarie degli italiani, che secondo lui sarebbero stati ovunque pronti ad assalire il nemico se solo vi fosse stata la sollecitazione da parte degli uomini delle «classi intellettualmente educate».A questa raffigurazione, largamente idealizzata, di un popolo desideroso di scendere in piazza ma frenato dalla codardia di chi avrebbe dovuto dirigerlo, corrispondeva l'idea che la rivoluzione italiana fosse «una cosa relativamente facile», come Mazzini scrisse a un'amica inglese il 28 febbraio 1853.Sulla base di una simile diagnosi, continuamente richiamata dopo il fallito moto milanese, Mazzini esortava a «chiudere i libri» e a impegnarsi nell'azione «ripetuta, continua», certo che così facendo si sarebbe presto prodotto un fatto risolutore, una «scintilla» che – essendo l'Italia «ricoperta da un punto all'altro di materie infiammabili» – avrebbe provocato l'incendio di tutta la penisola.In questa prospettiva «la condizione indispensabile della ripresa della lotta – ha scritto Franco Della Peruta – gli appariva la trasformazione del partito nazionale in un “partito d'azione”, epurato dagli individui e dai gruppi dissidenti che facevan da velo tra il paese e gli uomini disposti alla lotta, limitato dal punto di vista quantitativo, ma appunto per questo coeso e compatto».Nella nuova strategia, che doveva ulteriormente accentuare l'isolamento di Mazzini e dei suoi seguaci, perdeva di importanza ogni discussione teorica a favore di una deriva attivistica in cui le condizioni per realizzare o meno un progetto spesso venivano fatte dipendere soltanto dai mezzi finanziari: «Il perno della nostra questione sta veramente tutto nel danaro», scriveva ad esempio in una lettera dell'agosto 1854.Alla fondazione del Partito d'Azione Mazzini fece seguire l'impegno continuo ad organizzare tentativi insurrezionali. Riteneva fossero ormai impossibili, perché destinati a venire rapidamente scoperti, «i vasti piani, le cospirazioni per sorgere simultanei, le organizzazioni complesse»; che lo fosse altrettanto ogni azione che partisse dai grandi centri urbani.Si trattava perciò, secondo lui, di puntare su piccole bande di armati che, a partire da luoghi periferici, avrebbero facilmente innescato una reazione a catena. In tal modo Mazzini ribaltava le sue idee relative al rapporto tra insurrezione e bande: mentre fino ad allora, infatti, aveva ritenuto che la guerra per bande dovesse seguire l'insurrezione, essendo uno strumento per la sua difesa, ora pensava che la situazione infiammabile del paese consentisse di rovesciare il rapporto. Era l'azione delle bande che avrebbe dovuto dare il via all'insurrezione.Da una simile idea dei compiti del Partito d'Azione scaturì l'organizzazione di una serie di azioni che ebbero tutte esito fallimentare. Ad esempio, nel maggio 1854, il cosiddetto secondo tentativo di Lunigiana – che nei piani di Mazzini avrebbe dovuto costituire l'avvio di una generale insurrezione italiana – vide presenti all'appuntamento nella capitale ligure, invece dei mille volontari previsti, una dozzina di persone male armate che subito abbandonarono il comandante dell'impresa, Felice Orsini.Questi dovette vagare per otto giorni sui monti della Lunigiana prima di riuscire a tornare, sfinito, a Genova. Comunque, il fatto che in casi come questo le imprese organizzate da Mazzini avessero un esito quasi ridicolo non deve far dimenticare quanto, tenendo desta l'attenzione dei governi, finissero con l'accrescere la sua notorietà e quanto contribuissero anch'esse a ricordare l'esistenza di un problema italiano alle cancellerie e alle opinioni pubbliche d'Europa.Un colpo decisivo alle potenzialità espressive del Partito d'Azione fu dato dalla fondazione nel 1856 della Società Nazionale, l'organizzazione voluta da Cavour e fondata da Daniele Manin a Torino, con il compito di radunare tutte le forze e le personalità del paese disposte, pur conservando la propria specifica individualità politica, a collaborare al disegno indipendentistico ormai abbracciato dal Piemonte.L'affidamento della presidenza della Società Nazionale a Giuseppe Garibaldi sottrasse al Partito d'Azione il personaggio simbolo di quel programma militante e insurrezionale proprio del partito stesso. Fallito il tentativo di condizionare politicamente l'impresa dei Mille, e poi in seguito ai disastri dell'Aspromonte e di Mentana, il Partito d'Azione finì per disarticolarsi negli anni Sessanta mentre alcuni dei suoi principali esponenti trasmigrarono nella Sinistra di Depretis.<br />
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Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-51606028282338741902018-02-01T21:30:00.002+01:002018-02-01T21:30:38.829+01:00Il Risorgimento in Sicilia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Il periodo precedente l’unità italiana viene spesso indicato come “Risorgimento in Sicilia”, ed è ritenuto un periodo di transizione e preparatorio che portò all’annessione del 1860. Ma in realtà, se vogliamo fare una corretta, ma pur sempre soggettiva, revisione della storia si può arrivare a sostenere che per la Sicilia l’unità italiana ebbe come risultato la disgregazione di un processo di sviluppo economico e sociale, già pervenuto a buoni risultati. Quella della Sicilia preunitaria non è soltanto la storia di una dinastia ma è soprattutto la storia di una società, una società non inerte, statica come ci è stata rappresentata, anche da illustri scrittori come Tomasi di Lampedusa o Leonardo Sciascia, ma di una società in movimento, partecipe né più e né meno come le altre regioni d’Italia e d’Europa delle trasformazioni avvenute nel corso del XVIII e XIX secolo, che portarono alla transizione dalla feudalità al mondo borghese. Per semplicità stabiliamo due date tra le quali questo processo può essere analizzato: il trattato di Utrecht del 1713 e lo sbarco di Garibaldi a Marsala nel 1860.Un ruolo importante in questo periodo lo ha svolto la dinastia borbonica di ramo napoletano ed il regime da essa instaurato, che abbraccia ben 125 anni, e la coincidenza del regno meridionale borbonico con l’età delle rivoluzioni borghesi in Occidente.La monarchia meridionale di Carlo Borbone sorse nel 1734 quando in seguito ad una guerra il Napoletano e la Sicilia furono strappati all’Austria. Questo fu sicuramente un fatto positivo e forse il più importante di tutto il settecento in quanto dava al Mezzogiorno della penisola italiana ed alla Sicilia lo “status” di paese indipendente.I Borbone di Napoli erano principi italiani, eccezion fatta per Carlo italiano solo per metà.Il loro governo fu per lungo tempo inspirato al principio della nazionalità italiana e impegnato a darsi una struttura giuridica e statuale moderna in grado di affrontare e gestire i cambiamenti sociali dell’epoca. I Borbone determinarono l’abbattimento del feudalesimo, grazie al loro assolutismo; introdussero un sistema d’amministrazione civile e giudiziario moderno; avviarono uno sviluppo industriale notevole, in relazione ai tempi. Fu grazie alla politica borbonica che Napoli divenne una capitale di prestigio a livello europeo. Personaggi come Gaetano Filangieri, Bernardo Tanucci, Antonio Genovesi, Domenico Caracciolo a Napoli o come Agostino De Cosmi, Tommaso Natale, Paolo Balsamo, Rosario Gregorio in Sicilia possono far emergere il loro talento e svolgere la loro opera sia culturale che politica. Dopo la rivoluzione francese, purtroppo, il sistema borbonico dimostrò la sua incapacità di accogliere le nuove istanze costituzionali e borghesi e soprattutto, e questo fu un grande errore, non fu capace di accogliere le istanze di autonomia della Sicilia che da regno indipendente si trovò, di colpo, regno gregario di Napoli. Ripetutamente concessero e ritirarono la costituzione e ciò non li rese simpatici ai siciliani.A questo punto per capire come si è verificata la dissoluzione dello stato borbonico e l’affermazione dello stato sabaudo dovremmo fare, brevemente, qualche considerazione. I due stati erano contemporanei ed anche territorialmente erano simili avendo entrambi domini in terra ferma e domini insulari. Le differenze tra i due stati non sono tanto da ricercare nell’economia, nella politica o nella cultura, ché lo stato meridionale non era certo da meno, anzi! Ma nella capacità che il regno settentrionale ebbe nell’affermare l’egemonia peninsulare sulla Sardegna e nella lacerazione interna tra Napoli e Sicilia: la società sarda accettava supinamente la supremazia piemontese, la Sicilia no, a torto o a ragione rifiutava l’egemonia partenopea. Se appena ci pensiamo, questo diverso atteggiamento se non giustificabile è comprensibile. La Sardegna non aveva alle spalle una storia ed un regno importanti, non poteva rivendicare né un Ruggero né un Federico, la Sicilia sì. La Sicilia aveva avuto o creduto di avere un ruolo storico e politico influente, nel bene o nel male, in tutta Europa, la Sardegna no.Il risultato di tale situazione è che l’atteggiamento del “baronaggio” siciliano è uno se non il principale artefice della dissoluzione della monarchia borbonica. La Sicilia non si identifica nei Borbone e nel processo di consolidamento e sviluppo da essi avviato ed è sempre protagonista di tutte le rotture rivoluzionarie a partire da quella del 1812, a quella del 1820, del 1837, del 1848 ed infine del 1860.Proprio per l’importanza geopolitica dell’Isola la questione siciliana non è purtroppo solo un problema interno ma assume caratteristiche internazionali. Lord Bentinck, fu inviato in Sicilia non per sostenere il re ma i suoi oppositori e la Sicilia era ben cosciente di essere una pedina importante della politica internazionale; ha cercato di usare a proprio vantaggio questo stato di cose ma i Borbone di Napoli, nell’ultimo periodo del loro regno, non l’hanno capito. Diversamente da quanto succedeva ai tempi di Carlo III e della reggenza dell’illuminato Tanucci, dopo l’accorpamento nel regno Due Sicilie nessuno è stato capace di sanare i dissidi interni.Sul piano diplomatico internazionale erano state proposte diverse soluzioni per la “questione italiana” le più importanti delle quali prevedevano una federazione con a capo il Papa o la formazione di due Stati italiani (settentrionale e meridionale) distinti ma in collaborazione fra loro. Quest’ultima ipotesi rimase in piedi fino alla vigilia dello sbarco a Marsala, quando la Sicilia, spiazzando tutti sposò, pentendosene poi amaramente, la causa sabauda.A questo periodo che all’inizio abbiamo chiamato “Risorgimento siciliano” va fatta risalire la nascita del separatismo e dell’indipendentismo sfociato poi nell’autonomia.</div>
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Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-31808602751691126272018-01-03T12:20:00.004+01:002018-01-03T12:20:43.129+01:00Il potere temporale » Lo Stato della Chiesa <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy-_4KhWooJ5owcWyk2_CRXoJblZAh8mjdMuq5YJozF7PdusX35_LxxmLEYO78DE26cV4-J8vr0uU4wx84XGNYDfCoEQXz7hVMUtZ9zVrZ1OQyavfmcgsah_GyrNF58iZ5HMxSZxY_faDt/s1600/p_statochiesa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1412" data-original-width="911" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhy-_4KhWooJ5owcWyk2_CRXoJblZAh8mjdMuq5YJozF7PdusX35_LxxmLEYO78DE26cV4-J8vr0uU4wx84XGNYDfCoEQXz7hVMUtZ9zVrZ1OQyavfmcgsah_GyrNF58iZ5HMxSZxY_faDt/s320/p_statochiesa.jpg" width="206" /></a></div>
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1l 24 maggio 1814 Pio VII faceva trionfalmente ritorno a Roma insediandosi nuovamente al Quirinale alla testa dell'antico Stato della Chiesa. Si chiudeva così la lunga parentesi iniziatasi circa 15 anni prima con l'arrivo degli eserciti napoleonici nella Penisola che aveva portato prima al distacco dallo Stato delle sue provincie settentrionali e adriatiche inglobate nella Repubblica cispadana e successivamente nel Regno d'Italia, e poi alla sua dissoluzione con l'annessione all'Impero francese (17 maggio 1809).Al Congresso di Vienna la restaurazione dello Stato pontificio avvenne sostanzialmente senza discussione, benché fosse chiaro a molti il suo carattere ormai arcaico e l'intrinseca debolezza di quell'antica teocrazia. Infatti, per i sovrani cristiani, impegnati ad affermare il principio di legittimità, era difficile, oltretutto nel nuovo clima culturale romantico segnato da un grande revival religioso, pensare di sopprimere l'antico dominio del papa.Vero protagonista della lotta contro Napoleone e dell'operazione restauratrice dello Stato fu l'abile cardinale Consalvi negoziatore a Vienna, tornato nuovamente ad essere segretario di Stato. Consalvi, pur con l'ostilità della Curia saldamente in mano agli esponenti più retrivi, cercò almeno in certa misura di ammodernare le strutture amministrative e giuridiche dello Stato accentrando il ruolo del governo centrale. Rafforzò dunque il potere dei delegati pontifici nei distretti provinciali, abolì gli statuti delle città-stato patrizie, cancellò definitivamente il feudalesimo, cercò di introdurre un codice civile e di commercio che però andò incontro alla bocciatura della Congregazione cardinalizia, riorganizzò l'amministrazione della giustizia, tra l'altro rendendo obbligatoria in tutte le sentenze la motivazione e disponendo l'uso generalizzato della lingua italiana negli atti giudiziari (disposizione peraltro cancellata dal successore di Pio VII)Ma nulla poté il Consalvi contro quello che era un carattere consustanziale dello Stato della Chiesa, che ne rappresentava il dato più anomalo, e che si rivelò alla fine la sua condanna.Il fatto cioè che in esso tutti o quasi i gradi più alti delle carriere politico-amministrative erano riservate agli ecclesiastici, perlopiù quelli formatesi nei grandi collegi della capitale.L'aristocrazia era difatti virtualmente esclusa dal governo dello Stato (le era riservato quello dei comuni con la carica di “gonfaloniere”, cioè sindaco), potendovi accedere solo se in abito talare. L'effetto di tale pratica era l'affollarsi di nobili negli alti ranghi della prelatura. Ancora nel 1860 la percentuale dei nati non nobili tra i cardinali era appena del 15 per cento.Al contempo, tuttavia, dopo la Restaurazione la carriera ecclesiastica si era andata burocratizzando, divenendo appunto una carriera, e dunque vedendo assegnare all'età una funzione decisiva ai fini dell'avanzamento. Ormai non si diventava più cardinali tra i 20 e i 30 anni, come avveniva nel Settecento, specie fra i figli dell'aristocrazia romana, ma intorno ai 55 anni.Al di là comunque di tutti i tentativi di riorganizzazione interna restava la fragilità della compagine statale, che aveva la sua dimostrazione più evidente nella sostanziale dipendenza dello Stato stesso dalle diplomazie e dalle armi straniere. Ormai una guarnigione austriaca era di stanza praticamente in permanenza nelle Legazioni, in qualche modo protagoniste di un processo di larvata autonomizzazione rispetto al centro romano, e/o ad Ancona, mentre dopo il '48 la garanzia anche militare francese diventerà essenziale per la sopravvivenza dello Stato.L'esistenza del sovrano pontefice e del suo dominio temporale, insomma, era ormai una faccenda sempre più decisa interamente e solamente dagli equilibri politici internazionali. Ciò cominciò ad essere chiarissimo per l'appunto nella grave crisi del 1831, allorché una rivolta scoppiata in tutte le Legazioni e ad Ancona, in concomitanza con il moto di Modena, non solo portò al massiccio intervento militare austriaco (e in piccola parte anche francese), protrattosi poi fino al 1838, ma ad un Memorandum stilato da una conferenza di ambasciatori delle principali potenze europee, riunitasi appositamente a Roma, con cui si chiedeva al governo pontificio di varare al più presto un programma di riforme. Il Memorandum rappresentava di fatto l'affermazione di una sorta di protettorato internazionale sui domini papali.Una svolta significativa nella vita dello Stato avrebbe potuto essere l'elezione nel giugno 1846, dopo il lungo pontificato del reazionario Gregorio XVI (1831-1846), del cardinale Giovanni Mastai Ferretti col nome di Pio IX.Almeno inizialmente Pio IX non deluse le attese con cui la sua designazione era stata salutata negli ambienti del liberalismo moderato verso cui inclinava una parte considerevole dei ceti borghesi e proprietari, specie nel Nord dello Stato.Un certo allentamento della censura, amnistia per i reati politici, istituzione della Guardia civica, anche se per il momento solo a Roma, progetti per la costruzione di ben 5 linee ferroviarie e per una lega doganale con altri Stati italiani, il tutto culminato nella famosa esclamazione «Gran Dio benedici l'Italia» in un proclama del febbraio 1848, valsero a creare intorno al papa un'atmosfera di forte simpatia non solo nel suo Stato ma presso tutto l'ormai consistente “partito patriottico” formatosi nella Penisola.A conferma del quale venne la concessione nel marzo 1848 di una Carta costituzionale la quale, benché di contenuto ancora fortemente elitario (ogni legge approvata dalla Camera bassa, per esempio, doveva essere ratificata dal Concistoro e approvata dal papa) rappresentava tuttavia, se non altro a motivo dell'istituzione di un governo formato da laici, una rottura con il regime assolutistico clericale.L'esperimento costituzionale schierò lo Stato della Chiesa accanto a tutti gli altri Stati italiani – dal Piemonte al Regno di Napoli – che in quella primavera del '48 avevano imboccato la medesima strada riformatrice e, per quasi logica conseguenza, quella della guerra all'Austria. Anche Pio IX mandò un contingente militare verso i campi di battaglia del Lombardo-Veneto. Si vide tuttavia costretto a ritirarli ben presto (29 aprile), allorché si rese conto della insostenibile difficoltà in cui lo metteva – lui capo della Chiesa universale – la partecipazione ad una guerra “italiana” contro la più importante potenza cattolica d'Europa.La decisione del papa, e dunque il fallimento di tutti i progetti coltivati dal neoguelfismo, produssero, all'interno dello Stato, specie nella sua parte settentrionale, una forte radicalizzazione politica in senso democratico – cui non erano estranei motivi di difficoltà economica negli strati più poveri della popolazione –, in seguito alla quale sorse una vasta rete di club sul modello francese. Fu in questo clima che maturò l'assassinio di Pellegrino Rossi, la fuga di Pio IX da Roma e la proclamazione della Repubblica romana.Caduta la Repubblica, la restaurazione del potere pontificio sotto la dura guida del cardinale Antonelli ebbe una forte impronta reazionaria caratterizzata da persecuzioni e dalla totale cancellazione di quanto di costituzionale e di moderno era stato messo in opera solo pochissimo tempo prima. Il distacco del potere dai gruppi moderati e ispirati a qualche desiderio di progresso divenne in tal modo incolmabile, mentre ormai lo Stato era presidiato stabilmente da truppe austriache e francesi e i tre quarti del suo debito pubblico era in mani straniere. Il risultato fu un immobilismo privo di vita cui non riuscivano certo a fare da contrappeso sporadiche iniziative nel campo delle comunicazioni (costruzioni ferroviarie e telegrafo) o dei servizi urbani.La crisi del 1859-60 vide il più completo isolamento della Santa Sede di fronte all'iniziativa franco-piemontese. Questa portò dapprima al distacco/annessione al Piemonte delle Legazioni e poi, con l'invasione sarda dell'estate del 1860, al distacco anche delle Marche e dell'Umbria dal corpo dello Stato, che ormai si ridusse a Roma e al Lazio, presidiati da una guarnigione francese.Quelli dal 1860 al '70 furono, per lo Stato della Chiesa, gli anni di una lenta agonia. Roma divenne un luogo di raduno per tutti gli esuli della Penisola che non accettavano il nuovo regime sabaudo, a cominciare da Francesco II delle Due Sicilie, in segreto collegamento con i movimenti insurrezionali nel frattempo scoppiati nel Mezzogiorno. Accorsero anche nella città dai paesi cattolici d'Europa molti ardenti giovani, spesso aristocratici, imbevuti di fede religiosa fino al misticismo, impazienti di mettere il loro braccio al servizio del cattolicesimo e del Romano Pontefice.Ma ormai era solo questione di tempo. Falliti tutti i tentativi del governo italiano di far scoppiare un'insurrezione all'interno dell'Urbe e fallito a Mentana nel 1867 il tentativo d'invasione garibaldino per la resistenza delle truppe francesi.Solo quando Parigi, in seguito alla guerra con la Prussia, nel 1870 decise di rinunciare a continuare a difendere il dominio papale, il governo italiano poté finalmente ordinare al generale Cadorna di conquistare militarmente la città. Ciò che avvenne il 20 settembre 1870 dopo che Pio IX aveva ordinato di opporre una resistenzaCarmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-28571842738591076492017-12-14T13:13:00.004+01:002017-12-14T13:13:39.775+01:00“Il conciliatore”<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinASicM1F0b2jq3EWnTDEiKebP9ogxVOzLGLhAv0vya7URhoQ4lWURYq9nnoSe3x8tGdefFAT_N3mNYsLDbF41-wV7QRwerh6t7Vt0Tit0Hmusvl4KrN-KuyuHNN00FQh0jLqQVOYaDknt/s1600/q_pellico.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1112" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinASicM1F0b2jq3EWnTDEiKebP9ogxVOzLGLhAv0vya7URhoQ4lWURYq9nnoSe3x8tGdefFAT_N3mNYsLDbF41-wV7QRwerh6t7Vt0Tit0Hmusvl4KrN-KuyuHNN00FQh0jLqQVOYaDknt/s320/q_pellico.jpg" width="222" /></a></div>
Nasce a Milano “Il conciliatore”<br />
Il programma del “Conciliatore”, la prima rivista italiana di ispirazione patriottica e liberale, viene redatto da Silvio Pellico, Luigi Porro Lambertenghi, Federico Confalonieri, Giovani Berchet, Giandomenico Romagnosi. Il primo numero apparirà il 3 settembre. In ottobre vengono condannati a morte a Roma cinque cospiratori marchigiani. Nasce in dicembre ad Alessandria la Società dei sublimi maestri perfetti, ispirata alle idee comunistiche di Filippo Buonarroti.Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-54252430715225109712017-11-12T23:35:00.000+01:002017-11-12T23:35:01.036+01:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6O6CzXc6szGkMrCip4TvRiZilasqSQxcEtrvgBgGdpMpIg8MBuoilmGBgKB5IVp4QXV2JpxNfuGw_qulNJb4qk4xYfh3S84CTg28UPbNryw0gl2bkKi_0VUlCA1OMvdLqZgBcsMZFZraC/s1600/verso_reggio_380.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="111" data-original-width="150" height="296" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6O6CzXc6szGkMrCip4TvRiZilasqSQxcEtrvgBgGdpMpIg8MBuoilmGBgKB5IVp4QXV2JpxNfuGw_qulNJb4qk4xYfh3S84CTg28UPbNryw0gl2bkKi_0VUlCA1OMvdLqZgBcsMZFZraC/s400/verso_reggio_380.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-family: Roboto, sans-serif; font-size: 16px; text-align: justify;">Le figure dei Fratelli Plutino, di Agostino ma soprattutto di Antonino, sono fondamentali per meglio comprendere le modalità con le quali la città di Reggio Calabria ha affrontato il Risorgimento e più tardi l’Unità d’Italia. Non a caso essi sono al centro, in questo 2011, della riflessione e delle ricerche di storici e studiosi del Risorgimento reggino che si orientano soprattutto verso l’opera di Antonino al quale l’Associazione Culturale Anassilaos, nel secondo centenario della nascita (10 dicembre 1811) che si è tenuta presso la Sala di San Giorgio al Corso con la partecipazione del Prof. Franco Arillotta, storico e componente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria. Oppositore fin dalla prima ora del regime borbonico fu carbonaro e partecipe e organizzatore dei moti liberali che interessarono la Calabria. Partecipò al moto di Cosenza (1844) in concomitanza dello sbarco dei Fratelli Bandiera; in carcere fino al 1846 fu tra i promotori alla Rivolta di Reggio del 2 settembre 1847. Tornato in patria (1848), fu eletto deputato al parlamento napoletano, e prese parte alla giornata del 15 maggio e all’insurrezione calabrese del giugno. Tale generosa partecipazione al movimento risorgimentale fu dal Plutino scontata con la prigione, la confisca dei beni e, infine, con l’esilio prima a Marsiglia e poi in Piemonte. Da Genova, nel 1860, si unì alla Spedizione dei Mille, segnalandosi a Calatafimi e Milazzo e partecipando alla Battaglia di Piazza Duomo che consegnò Reggio Calabria a Garibaldi da cui fu nominato presidente del Consiglio di guerra e governatore della Provincia. Comincia così uno dei periodi più discussi dell’attività del Plutino che gli provocò non poche rimostranze. Egli infatti epurò l’apparato amministrativo e giudiziario con l’esilio di numerosi reggini tra i quali lo stesso Arcivescovo della Città, Mariano Ricciardi,considerato vicino al regime borbonico. Da prefetto di Catanzaro diede le dimissioni perché costretto a prendere le armi contro il suo amato generale Garibaldi che tentava, ancora una volta dalla Sicilia e dalla Calabria di marciare verso Roma (1862) e venne poco dopo eletto deputato. Morì a Roma il 25 aprile 1872.</span></div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-80305228811183592392017-10-26T00:03:00.004+02:002017-10-26T00:03:25.937+02:00I garibaldini di Bandi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOhhDkS3g3jP7l7HidbMrj3l6lOGcvuP7ArAw0we9KwAPk6qLAJYcRq1cqf5TCWs8BBIapWNZqAvP1eYYV8vAQZ9fmCENUPBBk0kKI_zyy6lnCq_nn95D_68YVNxyhWqbIPJwJfjlFi81s/s1600/c_battaglia_95.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="712" height="188" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOhhDkS3g3jP7l7HidbMrj3l6lOGcvuP7ArAw0we9KwAPk6qLAJYcRq1cqf5TCWs8BBIapWNZqAvP1eYYV8vAQZ9fmCENUPBBk0kKI_zyy6lnCq_nn95D_68YVNxyhWqbIPJwJfjlFi81s/s320/c_battaglia_95.jpg" width="320" /></a></div>
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A differenza di Giuseppe Cesare Abba e di Alexandre Dumas che tendono a mitizzare l'impresa garibaldina fornendo un'immagine per certi aspetti oleografica del nizzardo e della spedizione partita da Quarto, Giuseppe Bandi nella sua opera I Mille fornisce un'immagine non convenzionale e, in alcuni passaggi, persino anti-eroica di Garibaldi. Le pagine che qui riproduciamo si riferiscono alla battaglia di Calatafimi.</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-50904392568428789672017-08-21T20:46:00.001+02:002017-08-21T20:46:19.873+02:00 Franceschi Ferrucci Caterina <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-IiIQeBu_aWYvPMiWP-8vCHDMTQvvjs4d90IhGfni6Jhfb7F6Db6IrUSBb2xoeIFnU9sZ4eacR6hQQpQt4yXnS8nNDeCawkK7tPcPV01hRo4b5Zji6W3EHEi39cm5uXO1vpzRN00FFLhn/s1600/z_CaterinaFranceschiFerrucci.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="251" data-original-width="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-IiIQeBu_aWYvPMiWP-8vCHDMTQvvjs4d90IhGfni6Jhfb7F6Db6IrUSBb2xoeIFnU9sZ4eacR6hQQpQt4yXnS8nNDeCawkK7tPcPV01hRo4b5Zji6W3EHEi39cm5uXO1vpzRN00FFLhn/s1600/z_CaterinaFranceschiFerrucci.jpg" /></a></div>
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Scrittrice e patriota. Suo padre, Antonio, era stato ministro della Repubblica Romana del 1798-1799. A cinque anni per un incidente perse l'uso di un occhio e, compromesso anche l'altro, rimase cieca per cinque anni.Fu educata allo studio dei classici latini e italiani. Trasferitasi nel 1823 con la famiglia a Macerata, la sua fama di latinista le valse l'apprezzamento di Giacomo Leopardi.A Macerata continuò gli studi da autodidatta, iniziando l'apprendimento del greco. Cominciò presto a essere conosciuta anche come autrice di poesie. Nel 1827 sposò il latinista Michele Ferrucci e con lui si trasferì a Bologna, dove fu invitata all'Accademia dei Felsinei e dove conobbe Pietro Giordani.A Bologna, insieme col marito, che dal 1829 era stato nominato professore all'università, fu coinvolta nei moti del 1831. Nel 1836 la coppia si trasferì a Ginevra, dove Michele aveva ottenuto la cattedra di letteratura latina all'Accademia, anche per intercessione di Cavour.A Ginevra la Franceschi tenne, in lingua francese, corsi liberi di letteratura italiana e lezioni su Dante e la Divina Commedia. Nel 1844 rientrarono in Italia a Pisa, dove Michele Ferrucci fu chiamato ad insegnare archeologia e storia. Negli anni Quaranta, Caterina Franceschi fu fortemente ispirata dalla riflessione filosofica e politica di Vincenzo Gioberti e in particolare dalle sue idee sull'educazione, alla cui divulgazione la Franceschi si dedicò nelle proprie opere.Nel 1848 Carlo Bon Compagni, ministro della Pubblica istruzione del Regno di Sardegna pensò di chiamarla alla direzione dei nuovi collegi nazionali di educazione; le sue dimissioni da ministro, tuttavia, troncarono il progetto. Nel 1848, la famiglia Franceschi Ferrucci prese parte alla mobilitazione politica e militare. Padre e figlio combatterono in Lombardia, la madre scrisse molti articoli per difendere la causa dell'indipendenza italiana. Nell'aprile del 1850, fu chiamata a Genova a dirigere il progettato Istituto italiano di educazione femminile. Nell'ottobre del 1850 la Franceschi pubblicava a Genova un manifesto Alle madri italiane, per far conoscere il collegio, che fu aperto il 15 novembre.Ma già nel gennaio successivo cominciarono i primi dissapori tra la Franceschi e il consiglio dell'Istituto. Vista con sospetto dai clericali per le relative novità del suo programma educativo, era da altri giudicata retriva per la sua decisa presa di posizione contro i democratici, ma, in sostanza, era in causa il concetto giobertiano dell'educazione cui la Franceschi aveva voluto fosse ispirato il collegio. Caterina Franceschi si dimise nel settembre del 1851. Trasferitasi a Firenze, alla fine del 1852 era di nuovo a Pisa.Alla fine degli anni Cinquanta fu duramente colpita dalla morte della figlia Rosa. Nel 1871 l'Accademia della Crusca la nominò membro corrispondente: la prima donna a esservi eletta. Nel novembre 1875, mentre stava concludendo gli Ammaestramenti religiosi e morali, fu colpita da paralisi. Visse ancora molti anni in quell'isolamento che, già congeniale alla sua indole, le era divenuto una necessità dopo la morte della figlia. Dopo la morte del marito, </div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-77328828312169600892017-08-09T13:53:00.003+02:002017-08-09T13:53:10.480+02:00 La rivoluzione del 1820-1821 a Napoli e in Sicilia <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja9Y_YUrcQId926F3hjyrWHZ6G-hDhCE_hkVA6DUU-GNI2W0Mkvqj7WvEbQQu4TdB0K_hB-gjUd1mbwbik67isoElFAjvAK3eXLtu6CetTkLJAKc4YIcHWqVVJNA83yEiPOnH8WfNeGwlJ/s1600/b_pag119_pepe.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="568" data-original-width="420" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEja9Y_YUrcQId926F3hjyrWHZ6G-hDhCE_hkVA6DUU-GNI2W0Mkvqj7WvEbQQu4TdB0K_hB-gjUd1mbwbik67isoElFAjvAK3eXLtu6CetTkLJAKc4YIcHWqVVJNA83yEiPOnH8WfNeGwlJ/s320/b_pag119_pepe.jpg" width="236" /></a></div>
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<li style="text-align: justify;">Il successo della rivoluzione in Spagna, dove il 7 marzo 1820 fu reintrodotta la Costituzione di Cadice del 1812, si riverberò con particolare evidenza nel Regno delle due Sicilie, determinando un intenso lavorio tra i carbonari e i militari favorevoli alla Costituzione. Dopo una serie di tentativi falliti sul nascere, nella notte tra il 1° e il 2 luglio 1820, una trentina di carbonari della vendita di Nola, guidati dal prete Luigi Minichini, e 127 sottufficiali e soldati del reggimento di cavalleria Borbone, comandati dal tenente Michele Morelli e dal sottotenente Giuseppe Silvati, diedero inizio ad un moto insurrezionale, dirigendosi verso Avellino.La mattina del 3 luglio Morelli entrò in città e cedette pubblicamente il comando delle forze ribelli al tenente colonnello De Concilj, capo delle truppe locali. Contemporaneamente, le vendite del foggiano, della Calabria, della Basilicata, insieme alle milizie provinciali e alle truppe di linea, insorsero col favore delle popolazioni, rendendo difficoltose le comunicazioni tra Napoli, la Puglia e la Calabria, e condannando così al fallimento l'iniziale tentativo di repressione affidato al generale Carascosa.Nella notte tra il 5 e il 6 luglio, poi, il generale Guglielmo Pepe fece insorgere due reggimenti di cavalleria e uno di fanteria in stanza a Napoli e si diresse verso Avellino, dove la sera del 6 assunse il comando di tutte le forze ribelli.Lo stesso 6 luglio il re Ferdinando I acconsentì alla formazione di un governo costituzionale e nominò il principe ereditario Francesco, duca di Calabria, vicario del Regno.Il 7 luglio, Francesco fu quindi costretto a pubblicare un decreto con cui si adottava nel Regno delle due Sicilie la Costituzione spagnola del 1812, salvo modificazioni eventualmente proposte dalla rappresentanza nazionale. Due giorni dopo, il 9 luglio, le truppe costituzionali fecero quindi il loro trionfale ingresso a Napoli, mentre il 13 Ferdinando I giurò solennemente sulla Costituzione.La rapidità della rivoluzione e il suo facile successo erano certo il segno della fragilità del regime assolutista borbonico, ma celavano anche importanti contraddizioni: da un lato l'assoluta insincerità di Ferdinando I, contrario nel suo intimo ad ogni concessione costituzionale; dall'altro il contrasto tra la carboneria, che aveva dato alla rivoluzione la spinta decisiva, e il gruppo di non più giovani funzionari e ufficiali di orientamento tendenzialmente moderato – che in passato avevano simpatizzato con le idee rivoluzionarie francesi e avevano poi preso parte all'esperienza del Regno di Gioacchino Murat nel Mezzogiorno – che assunse, fin dai primi giorni di luglio, la direzione del nuovo governo.La complessa situazione napoletana fu inoltre aggravata dall'insurrezione di Palermo, scoppiata il 15 e 16 luglio quando in città giunsero le prime notizie della rivoluzione di Napoli. Benché l'ostilità contro il centralismo borbonico accomunasse tutte le classi della popolazione locale, la rivolta fu egemonizzata in un primo momento dalle masse popolari che, protagoniste di episodi di estrema violenza (distruzione degli uffici del bollo e del registro, abbattimento degli stemmi borbonici, liberazione indiscriminata dei detenuti dalle carceri, stragi e saccheggi), si impadronirono della città il 17 luglio, costringendo il generale Naselli, luogotenente del re, ad imbarcarsi per Napoli.Il 18 luglio gli insorti costituirono quindi una Giunta di governo, presieduta dal cardinale Gravina, poi sostituito alcuni giorni dopo dal principe di Villafranca, che inviò a Napoli una missione per chiedere che la Sicilia fosse costituita in un ragno separato.Favorevoli all'indipendenza si dimostrarono però solo le provincie di Palermo e di Girgenti, mentre molte città dell'isola, e in prima linea Catania e Messina, si dichiararono contrarie all'egemonia palermitana e favorevoli, al contrario, al mantenimento del legame con Napoli. Spedizioni di palermitani si diressero quindi contro gli abitanti di Caltanissetta, di Trapani e di Siracusa, ma solo la prima fu coronata dal successo.A questo punto il governo napoletano decise di intervenire, nominando luogotenente del re in Sicilia Antonio Ruffo, principe della Scaletta, ed inviando nell'isola il principe Florestano Pepe, fratello di Guglielmo, alla guida di circa quattromila uomini.Diretto verso Palermo, il 22 settembre Florestano Pepe poté concludere un accordo a Termini Imerese con il principe di Villafranca, accordo che, non accettato dalla popolazione palermitana, scatenò violenti scontri in città tra rappresentanti delle maestranze, nobiltà e borghesia.Giunto a Palermo il 26 settembre, ma ostacolato dall'aspra resistenza dei ribelli, Pepe si decise a cercare un nuovo accordo, poi firmato il 5 ottobre con il principe di Paternò, nuovo presidente della Giunta municipale: tale accordo venne però annullato dal Parlamento napoletano che, richiamato Pepe a Napoli, inviò nell'isola il generale Pietro Colletta, artefice di lì in avanti di una politica essenzialmente repressiva.Frattanto il 23 ottobre 1820, a Troppau, un congresso delle maggiori potenze sancì, contro il parere di Inghilterra e Francia, il “principio dell'intervento”, che avrebbe permesso all'Austria di agire a Napoli in nome della Santa alleanza; Austria, Russia e Prussia scelsero in ogni caso di invitare Ferdinando I a Lubiana, al congresso che si sarebbe svolto nel gennaio 1821, per tentare di risolvere collegialmente la questione napoletana.Ricevuta nel dicembre l'autorizzazione del Parlamento a lasciare Napoli, a condizione di sostenere la Costituzione di Spagna, Ferdinando I operò un immediato voltafaccia e invocò l'aiuto austriaco, dichiarando di essere stato costretto a concedere la Costituzione con la forza. Gli austriaci furono così liberi di marciare su Napoli.All'avvicinarsi del nemico l'esercito napoletano fu diviso in due parti: l'una avrebbe dovuto difendere la linea del Garigliano e poi quella del Volturno, sotto il comando di Carascosa; l'altra, guidata da Guglielmo Pepe, avrebbe invece dovuto agire al confine tra l'Umbria e l'Abruzzo.Dopo aver fallito un attacco di sorpresa contro gli austriaci a Rieti il 7 marzo, Pepe tentò di resistere nelle gole di Antrodoco, ma, sconfitto nuovamente, dovette abbandonare l'Aquila e ritirarsi verso sud.La marcia delle truppe austriache fu a questo punto relativamente facile: cessata ogni resistenza napoletana, il 20 marzo 1821 gli austriaci poterono entrate a Capua e il 24 a Napoli.</li>
</ol>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-11241495650364476042017-07-05T17:07:00.005+02:002017-07-05T17:07:53.319+02:00Zanardelli Giuseppe <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3L_aiZ8KwieBdgiM9JZljzKQLPGtLIyr7iN04SA3uYjZMNfCcUuBwpijdZqAIa8JhNs8RHHsyqj-IQ_66nMyA2buIemMSDNhalaKGE6Os-gMdZAkMv7gKfEKAV_RZ07Fk9wZ8IPShwmG4/s1600/immagini_thumbnail.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="590" data-original-width="400" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3L_aiZ8KwieBdgiM9JZljzKQLPGtLIyr7iN04SA3uYjZMNfCcUuBwpijdZqAIa8JhNs8RHHsyqj-IQ_66nMyA2buIemMSDNhalaKGE6Os-gMdZAkMv7gKfEKAV_RZ07Fk9wZ8IPShwmG4/s320/immagini_thumbnail.jpg" width="216" /></a></div>
<span id="wiki_data" style="color: #555555; display: block; font-family: Georgia; font-size: 14px; font-style: italic; margin-top: 10px;">Brescia, 1826 – Maderno, 1903</span><br />
<div class="wiki_sblocco" style="clear: both; font-family: Georgia; font-size: 12px; margin-bottom: 10px;">
</div>
<span class="wiki_testo" style="color: #555555; display: block; font-family: Georgia; font-size: 14px; line-height: 20px;"></span><br />
<div style="text-align: justify;">
Giurista e uomo politico. Partecipò ai moti del 1848 e alle Dieci giornate di Brescia (1849). Costretto a fuggire, tornò a Brescia nel 1859 per preparare su incarico di<span> </span><a class="wiki_link" href="http://www.150anni.it/webi/index.php?s=20&wid=22" style="border: 0px; color: #be0000; text-decoration: underline;">Garibaldi</a><span> </span>l'insurrezione di giugno. Deputato della Sinistra dal 1860, ministro dei Lavori pubblici (1876-77) e degli Interni (1878), fu relatore (1880) della proposta di legge sulla riforma elettorale e ministro della Giustizia (1881-83). Nuovamente ministro della Giustizia (1887-91), preparò il codice penale che prese il suo nome e che rimase in vigore fino alla promulgazione del codice Rocco (1930).</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-65537844296306580772017-06-14T20:56:00.003+02:002017-06-14T20:56:56.846+02:00Palazzo Gaddi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Xs4_hRAQCfHdahPXdfDdVOUOWZSMY_TmUNjnDJOVzrkKkE9VzT_M8_jkJDs0bTfUTsaM9m84AckZQtBcTjWOvdFn0St2GC7mYvAIh1BAPmvlH6Q787UknWV7g2PsdjoLmCO1Y-LSrLz2/s1600/palazzogaddi_784_3797.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="199" data-original-width="132" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj6Xs4_hRAQCfHdahPXdfDdVOUOWZSMY_TmUNjnDJOVzrkKkE9VzT_M8_jkJDs0bTfUTsaM9m84AckZQtBcTjWOvdFn0St2GC7mYvAIh1BAPmvlH6Q787UknWV7g2PsdjoLmCO1Y-LSrLz2/s1600/palazzogaddi_784_3797.gif" /></a></div>
<div align="left">
<br />
</div>
<h3 align="justify" class="western" style="border: none; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0cm; padding: 0cm;">
<span style="color: #666666;"><span style="font-family: Verdana, Geneva, Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: 9pt;"><span style="font-weight: normal;">Il
Museo è ospitato nel settecentesco </span></span></span></span><span style="border: none; display: inline-block; padding: 0cm;"><span style="color: #9a0000;"><span style="font-family: Verdana, Geneva, Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: 9pt;"><span style="font-weight: normal;"><a href="http://www.cultura.comune.forli.fc.it/servizi/menu/dinamica.aspx?idArea=16315&idCat=17157&ID=17200">Palazzo
Gaddi</a></span></span></span></span></span><span style="color: #666666;"><span style="font-family: Verdana, Geneva, Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: 9pt;"><span style="font-weight: normal;">,
caratterizzato da grandiose forme barocche, con significativi
innesti, soprattutto pittorico-decorativi, neoclassici.Conserva
materiali che vanno dal periodo napoleonico (1796) sino alla II
Guerra Mondiale, al momento parzialmente esposti a seguito dei lavori
di restauro dell'edificio. All'interno del percorso museale è
privilegiata la parte risorgimentale, con cimeli di Piero Maroncelli,
Achille Cantoni, Aurelio Saffi.</span></span></span></span></h3>
<br />
<h3 align="justify" class="western" style="border: none; margin-bottom: 0cm; margin-top: 0cm; padding: 0cm;">
<span style="color: #666666;"><span style="font-family: Verdana, Geneva, Arial, Helvetica, sans-serif;"><span style="font-size: 9pt;"><span style="font-weight: normal;">Da
segnalare un ricco repertorio di testimonianze sulla "vocazione"
volontaria e garibaldina dei forlivesi.</span></span></span></span></h3>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-75843973450162928322017-06-02T16:20:00.005+02:002017-06-02T16:20:56.997+02:00Il Risorgimento<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPuFI7_HETedAwWsaptufubW6dUCjP43Ux3vjyRPNllwPDfQwdxjt695-TpJ6n7WuVwV0BmWaJsSnGGoYKYI4GAR83KTiOeBLLlNuvX8Tu6QJ3lnFjm5oDKJCdmPJrGSJuMn0bM_oQgGur/s1600/c_congresso_08.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="460" height="292" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhPuFI7_HETedAwWsaptufubW6dUCjP43Ux3vjyRPNllwPDfQwdxjt695-TpJ6n7WuVwV0BmWaJsSnGGoYKYI4GAR83KTiOeBLLlNuvX8Tu6QJ3lnFjm5oDKJCdmPJrGSJuMn0bM_oQgGur/s320/c_congresso_08.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
L'occupazione dei principati danubiani di Moldavia e Valacchia da parte della Russia provocò la reazione di Francia e Inghilterra che dichiararono guerra allo zar Nicola I il 27 marzo 1854.Già il 10 aprile conclusero un trattato di alleanza, in cui affermarono di voler tutelare l'integrità dell'Impero ottomano e ristabilire così l'equilibrio in Europa.Grazie all'abilità di Cavour – che riuscì tra l'altro a sventare una manovra tendente a legare la partecipazione al conflitto all'affossamento del disegno di legge sulla soppressione dei conventi e alla nascita di un ministero Revel – nel gennaio 1855 il Piemonte firmò un trattato di alleanza con Francia e Inghilterra, poi approvato dal Parlamento tra febbraio e marzo.Conseguenza immediata del trattato fu la dichiarazione di guerra alla Russia, il 4 marzo 1855, e la spedizione in Crimea di quindicimila uomini; il corpo armato, guidato da Alfonso La Marmora, diede poi buona prova di sé il 16 agosto 1855 nella battaglia difensiva sul fiume Cernaia. Questa stessa battaglia fece fallire l'ultimo tentativo russo di rompere l'assedio di Sebastopoli.Cavour poté quindi partecipare come plenipotenziario di uno Stato vincitore al Congresso che si aprì a Parigi il 25 febbraio 1856. L'attività del primo ministro sardo fu particolarmente intensa al di fuori delle sedute congressuali e mirò sostanzialmente ad ottenere che qualche mutamento della situazione italiana potesse attuarsi con l'appoggio francese e inglese. Come è noto, però, l'unico risultato concreto ottenuto dallo statista piemontese fu la discussione sull'Italia, che si tenne nella capitale francese l'8 aprile 1856In quell'occasione Cavour protestò contro l'occupazione dello Stato pontificio e sottolineò come la situazione interna delle Legazioni fosse peggiorata dopo il 1849.Condannando poi la condotta seguita da Ferdinando II (come era stato già fatto, del resto, dai rappresentanti di Francia e Inghilterra) sostenne che proprio quel comportamento accresceva le forze del partito rivoluzionario e costituiva, quindi, un pericolo per il Piemonte e per l'Italia.Proponendosi in ambito internazionale come portavoce di istanze di rinnovamento e come tutore di uno sbocco non rivoluzionario nella penisola, Cavour ottenne così con il Congresso di Parigi un ampio successo morale: il suo operato, infatti, approvato dal Parlamento subalpino nel maggio 1856, contribuì a rafforzare il ruolo-guida del Regno di Sardegna nel movimento nazionale.</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-6360899034479220632017-05-21T20:22:00.003+02:002017-05-21T20:22:19.090+02:00Museo storico di Bergamo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSmDQeDaYz5uRdSA57sjBufAH2H-iMJ9JEw3hgyWHlQy-xciJT1AosoGyF0Fam8f7z36h9799pqeE0y8k8snRDy7IexySU52-IBaI7c_u0W_igBO6Ynh2YmWP9J4brJiqESLFj3ALHj65b/s1600/i_musei_museo_storico_800.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="69" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhSmDQeDaYz5uRdSA57sjBufAH2H-iMJ9JEw3hgyWHlQy-xciJT1AosoGyF0Fam8f7z36h9799pqeE0y8k8snRDy7IexySU52-IBaI7c_u0W_igBO6Ynh2YmWP9J4brJiqESLFj3ALHj65b/s320/i_musei_museo_storico_800.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="colonna2" style="text-align: justify; width: 531px;">
<div id="ctl00_cpCorpo_pTestoIta">
La sezione ottocentesca del Museo storico di Bergamo, che ha ereditato il patrimonio storico e artistico del Civico Museo del Risorgimento e della Resistenza, è allestita dal 7 maggio 2004 nel fabbricato all'interno del mastio della Rocca, costruito durante il dominio veneto per alloggiare gli artiglieri.<br />Il mastio, in posizione elevata, offre una visuale a 360 gradi sulla città e su alcune aree della provincia: i principali edifici monumentali della parte alta, l’abitato in piano, i colli di San Vigilio e della Maresana, la valle Brembana e il territorio verso Treviglio e Milano. Il percorso, organizzato in sezioni, parte dall'arrivo delle truppe francesi a Bergamo (Natale 1796) e tocca sino al 1870 i nodi tematici più significativi delle vicende del territorio bergamasco, in rapporto con la storia lombarda e nazionale. <span style="text-align: center;">Obiettivo del progetto è offrire una visione il più possibile completa del periodo 1797-1870 attraverso linguaggi e testimonianze diversificate: il percorso si avvale di ricostruzioni d'ambiente, postazioni multimediali, audio con le voci di alcuni protagonisti degli eventi storici e testimonianze materiali, provenienti sia dalle raccolte museali, sia dalle collezioni di istituzioni cittadine e provinciali nonché di privati cittadini</span></div>
</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-88927443940714545712017-05-14T11:11:00.001+02:002017-05-14T11:11:31.887+02:00Museo Risorgimentale di Lucca<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfm7-9sKaJ60rxWDM6AwEuvdRFix49YnD1ms8z4E0ISmysWZSYtVE9t6F1uhsVUy2zP3gG-nPQfWxouo2cgFLgrXc9qfL-6bouqK0tGxD0W6MrtRxth8572tTZz0Q3qsPqNFc7MjSgmfNS/s1600/2013_04_16_06_47_26.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfm7-9sKaJ60rxWDM6AwEuvdRFix49YnD1ms8z4E0ISmysWZSYtVE9t6F1uhsVUy2zP3gG-nPQfWxouo2cgFLgrXc9qfL-6bouqK0tGxD0W6MrtRxth8572tTZz0Q3qsPqNFc7MjSgmfNS/s1600/2013_04_16_06_47_26.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
Il Museo del Risorgimento, ospitato in alcune sale del Palazzo Ducale, illustra attraverso una interessante esposizione di reperti, il periodo della storia italiana compreso tra il 1821 e la prima guerra mondiale. Importante la presenza di cimeli rari quali, ad esempio, la bandiera dei Carbonari del 1821 omaggio dell´amministrazione provinciale, le bandiere della Guardia Nazionale e del XII battaglione, e i cimeli garibaldini e mazziniani. Sono esposte inoltre una serie di armi di varie epoche e nazioni di provenienza. Il museo, profondamente ristrutturato, è stato riaperto il 17 marzo 2013. Il nuovo allestimento propone attraverso strumenti multimediali, un percorso immersivo, che supporta e amplifica il potere evocativo della collezione del museo – oggetti d’uso quotidiano, quadri, lettere, armi, vestiario, ecc., in modo che siano gli stessi reperti a raccontare la loro storia al visitatore. Particolare attenzione nella costruzione del percorso è stata data al tema dell'accessibilità universale.</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-69967038723929896672017-05-02T18:08:00.003+02:002017-05-02T18:08:27.969+02:00Poesia dedicata a Giuseppe Garibaldi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-u9jxHxcyIKKsv91dXIndqYeonx-H1wv0D5OzFLdxqn0uszhw6Ham8CSGB_q9OdPmOJlTn37Z16dtZYKb9eo49nIBbI7wLZUd_JZ-OGe04NR3BxUl77Qe-WRR127tK3UmcNJaIqvOzd65/s1600/CARDUCCI_GIOVANE.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-u9jxHxcyIKKsv91dXIndqYeonx-H1wv0D5OzFLdxqn0uszhw6Ham8CSGB_q9OdPmOJlTn37Z16dtZYKb9eo49nIBbI7wLZUd_JZ-OGe04NR3BxUl77Qe-WRR127tK3UmcNJaIqvOzd65/s1600/CARDUCCI_GIOVANE.gif" /></a></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica;">
<span style="color: blue; font-size: x-large;"><b><a href="http://www.museomentana.it/LA%20POETICA%20GARIBALDINA.htm" style="color: #999999;"><span style="color: blue;">A Giuseppe Garibaldi</span></a> di</b></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica;">
<b><span style="color: blue; font-size: x-large;">G. Carducci</span></b></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Te là di Roma su i fumanti spaldi</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Alte sorgendo ne la notte oscura</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Plaudian pugnante per l'eterne mura</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">L'ombre de' Curzi e Deci, o Garibaldi.</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">A te de' petti giovanili e baldi</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Sfrenar l'impeto è gioia; a te ventura</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Percuoter cento i mille, e la sicura</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Morte con amorosi animi saldi</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Abbracciar là sopra il nemico estinto.</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Or tu primo a spezzar nostre ritorte</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Corri, sol del tuo nome armato e cinto.</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Vola tra i gaudi del periglio, o forte:</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Vegga il mondo che mai non fosti vinto</span></span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica; margin: 3.75pt 3.75pt 3.75pt 0cm;">
<span class="verse-line"><span style="font-size: 16pt; font-style: italic;">Né le virtù romane anco son morte.</span></span></div>
<div align="center" style="background-color: white; font-family: "trebuchet ms", arial, helvetica;">
<br /></div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-5377477466264052292017-05-02T17:50:00.005+02:002017-05-02T17:50:37.271+02:00MUSEO NAZIONALE DELLA CAMPAGNA GARIBALDINA DELL'AGRO ROMANO PER LA LIBERAZIONE DI ROMA <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCQj-qBTpDaRCnCNlohfPKnLMQFfuoOiLPY439F-ClXUs8Lgkfxgno2POXX6D8N1zga3l364BwPUeIp_frkxwbFSm-Ru6AP_P3smTIZExvWzCsJcxK6iyqBMWrr5xpK8g9rCQQ0gPPQq8W/s1600/lapide+centenario.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="228" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCQj-qBTpDaRCnCNlohfPKnLMQFfuoOiLPY439F-ClXUs8Lgkfxgno2POXX6D8N1zga3l364BwPUeIp_frkxwbFSm-Ru6AP_P3smTIZExvWzCsJcxK6iyqBMWrr5xpK8g9rCQQ0gPPQq8W/s320/lapide+centenario.jpg" width="320" /></a></div>
Nel 2005 il Museo della Campagna dell'Agro Romano per la Liberazione di Roma, ed esattamente nel mese di maggio, ha festeggiato un secolo di vita. Non tutti sono a Conoscenza che il fabbricato in peperino di Viterbo, richiama l'architettura di un tempietto ellenico accogliendo la similitudine che fece Garibaldi tra il sacrificio dei Cairoli d del loro compagni a Villa Glori con l'eroica resistenza di Leonida nella Grecia classica. Il progetto fu dell'architetto Prof. Giulio De Angelis. La facciata anteriore è adorna di corone d'alloro alternate da trofei con daghe e baionette. Sul fregio, eseguita dallo scultore Scardovi, c'è la scritta "Roma o Morte!". Il Museo, in questi lunghi anni di vita, ha avuto visitatori illustri dai Presidenti del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini, Ivanoe Bonomi, Pietro Nenni e Giovanni Spadolini agli Ambasciatori di Uruguay e Repubblica di San Marino, alti gradi militari delle Forze Armate, studiosi, studenti e semplici cittadini. E' recente la presenza del giornalista Rai Alberto Angela in occasione del documentario di Superquark su Garibaldi. La sua storia è nei volumi con le firme dei visitatori dal 1890. Dal 1997 il Museo ha ripreso la sua collocazione nella storia nazionale affidato in gestione dal Consiglio Comunale di Mentana, alla locale sezione dell'Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini.<br />
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-7819316586361441072017-04-11T22:55:00.003+02:002017-04-11T22:55:25.575+02:00Mazzini: Giovine Italia e Giovine Europa <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiKcNOZKTDiIc8l87yWpeJRSYgZWogzumeLGgqyZ_BzPN64NuPmsPNMmDYhPMl2j0bb39GHM6nKs8fseIOZRg0gNPxP_D2AZ2ROHFAA9a-UX2LgAwAuaFi2rR9TpsyLlzbhPUp4XlIhZYl/s1600/giuseppe-mazzini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiKcNOZKTDiIc8l87yWpeJRSYgZWogzumeLGgqyZ_BzPN64NuPmsPNMmDYhPMl2j0bb39GHM6nKs8fseIOZRg0gNPxP_D2AZ2ROHFAA9a-UX2LgAwAuaFi2rR9TpsyLlzbhPUp4XlIhZYl/s1600/giuseppe-mazzini.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
L’idea e la necessità di un unico stato europeo ha una lunga storia, essa è nata già secoli prima della sua effettiva realizzazione, sostenuta da molti intellettuali, scrittori e politici, apparendo nei loro pensieri e nei loro scritti.«L’epoca passata, epoca che è finita con la rivoluzione francese, era destinata ad emancipare l'uomo, l'individuo, conquistandogli i doni della libertà, della eguaglianza, della fraternità. L'epoca nuova è destinata a costituire l’umanità; è destinata ad organizzare un'Europa di popoli, indipendenti quanto la loro missione interna, associati tra loro a un comune intento». (Giuseppe Mazzini)Tra i tanti personaggi, ha avuto un ruolo molto importante nella formazione dell’odierna Unione Europea Giuseppe Mazzini, un politico e filosofo italiano. Nato a Genova nel 1805, egli venne imprigionato nel 1830 a Savona ed esiliato nel 1831, perciò si stabilì in Francia. Qui fondò la “Giovine Italia”, un'associazione politica insurrezionale con l’obiettivo di trasformare l'Italia in una repubblica democratica, secondo i principi di libertà, indipendenza e unità, ma che venne disciolta per il suo fallimento nel 1833</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-32463152222591185492017-03-25T22:33:00.006+01:002017-03-25T22:33:55.336+01:00 La pace di Villafranca <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlB_SYXghp81JAMeiRBfEGHxCr2Y9IqZTRnkD0c58-7PHYbrpQp4KKsLgmPYxyW-iTNOeP_v6hVBnSBq6i2TyAci-tsYaPcuOUdWiwx94Jhy2UxwKwqCinzRb_MQegUdJAqWNUGADRYeP7/s1600/i_pag245.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlB_SYXghp81JAMeiRBfEGHxCr2Y9IqZTRnkD0c58-7PHYbrpQp4KKsLgmPYxyW-iTNOeP_v6hVBnSBq6i2TyAci-tsYaPcuOUdWiwx94Jhy2UxwKwqCinzRb_MQegUdJAqWNUGADRYeP7/s320/i_pag245.jpg" width="243" /></a></div>
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La decisione di aprire le trattative con l'Austria per un armistizio e per dei preliminari di pace fu presa da Napoleone III – evidentemente preoccupato per quanto stava avvenendo nell'Italia centrale – senza avvertire Cavour.Costui, informato il 9 luglio della firma dell'armistizio – avvenuta il giorno precedente senza alcuna opposizione di Vittorio Emanuele II e con la partecipazione, per parte piemontese, del generale Della Rocca –, si diresse immediatamente al campo; la sera del 10 ebbe quindi lunghi colloqui a Monzambano con il re, con La Marmora e con il principe Napoleone, ma non fu ricevuto a Valeggio, dove era il quartier generale di Napoleone III.La mattina seguente, a Villafranca, l'imperatore francese fissò quindi verbalmente i preliminari della pace con Francesco Giuseppe; pur informato immediatamente del contenuto del colloquio, Vittorio Emanuele II non sollevò alcuna obiezione.Il testo definitivamente formulato in un incontro avvenuto la sera stessa dell'11 luglio a Verona tra l'imperatore d'Austria e il principe Napoleone, colà inviato dal cugino imperatore, stabilì che l'Impero asburgico avrebbe ceduto la Lombardia alla Francia – la quale solo in un secondo momento l'avrebbe passata al Piemonte – ma avrebbe conservato il Veneto e le fortezze di Mantova e Peschiera.Il granduca di Toscana e il duca di Modena, parenti di Francesco Giuseppe e suoi alleati, sarebbero poi rientrati nei loro possedimenti, mentre per quel che riguardava il Ducato di Parma, di cui invece non si faceva menzione nel testo, non furono avanzate obiezioni ad una sua eventuale annessione al Regno di Sardegna.Atteso il ritorno del principe francese a Valeggio, assieme a Napoleone III, Vittorio Emanuele II rientrò quindi molto tardi al suo quartier generale di Monzambano, dove, la notte stessa dell'11 luglio, mostrò a Cavour copia del trattato.Vi fu allora tra i due una violenta discussione, durante la quale il primo ministro tentò in ogni modo di persuadere il re a non firmare l'accordo, assolutamente inaccettabile dal punto di vista del movimento nazionale italiano. Di fronte però alla fermezza del sovrano, Cavour si convinse di non dover far altro che rassegnare le dimissioni.Il passaggio al Piemonte della Lombardia sarebbe stato poi definitivamente sancito dalla conferenza di pace di Zurigo, chiusasi il 10 novembre 1859.</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-20315651781208813282017-02-17T23:02:00.002+01:002017-02-17T23:02:30.249+01:00Le leggi Siccardi <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsf9Tr0db837Mym4uL7oZOtDH-qf_YmJiBKNCebtvHIViIZZjffuiOrj5R0QnmiAIPXN3gg7UQEPLd-HyRPZJNJd_m7zfok6RFGqAqqFQlPrbeqPKBoHADRka0ByREsVr1ZUkgrfs_4zJi/s1600/z_siccardi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjsf9Tr0db837Mym4uL7oZOtDH-qf_YmJiBKNCebtvHIViIZZjffuiOrj5R0QnmiAIPXN3gg7UQEPLd-HyRPZJNJd_m7zfok6RFGqAqqFQlPrbeqPKBoHADRka0ByREsVr1ZUkgrfs_4zJi/s320/z_siccardi.jpg" width="206" /></a></div>
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Nominato ministro della Giustizia e degli Affari ecclesiastici il 18 dicembre 1849 per consiglio di Cavour, il conte Giuseppe Siccardi presentò alla Camera il 25 febbraio 1850 un progetto di legge per l'abolizione del privilegio del foro ecclesiastico e dei residui del diritto d'asilo, per la riduzione delle feste religiose, e per l'obbligo dell'autorizzazione governativa all'acquisizione di beni da parte degli ordini ecclesiastici.Il progetto fu poi diviso dalla Camera in tre leggi.La prima legge, che riguardava il foro ecclesiastico e il diritto d'asilo, fu discussa e approvata alla Camera in marzo, dove sollevò un interessante dibattito: agli interventi contrari di Ottavio Thaon di Revel e di Cesare Balbo, che affermarono l'opportunità di portare avanti trattative con Roma, si contrapposero i principali esponenti della Sinistra, del Centrosinistra, e dei moderati.Lo stesso Cavour pronunciò in quell'occasione un discorso di grande successo.Dopo esser passata al vaglio del Senato, quella legge venne poi promulgata da Vittorio Emanuele II il 9 aprile 1850. Successivamente il Parlamento approvò anche gli altri due provvedimenti, con maggioranze assai larghe alla Camera ma più risicate al Senato. L'ingresso di una chiesa. Una delle tre leggi Siccardi aboliva il diritto d'asilo, secondo cui la Chiesa poteva dare rifugio a persone incriminate dalle leggi dello Stato - olio su tela - Galleria d'Arte Moderna - FirenzeLa decisione del governo di Torino di riformare in modo unilaterale la legislazione ecclesiastica, in contrasto con i concordati ancora vigenti, fu giudicata un atto ostile da monsignor Antonucci, nunzio pontificio, che partì da Torino per Roma. Le relazioni fra il governo piemontese e la Santa Sede, benché non interrotte,divennero quel momento molto tese.Monumento alle Leggi Siccardi in piazza Savoia a Torino. Sui lati sono incisi i nomi dei comuni che sovvenzionarono la costruzione del monumento - 1853. L'ingresso di una chiesa Una delle tre leggi Siccardi aboliva il diritto d'asilo, secondo cui la Chiesa poteva dare rifugio a persone incriminate dalle leggi dello Stato <span class="Apple-tab-span" style="white-space: pre;"> </span></div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-38563277794672753042017-02-01T22:34:00.002+01:002017-02-01T22:34:15.188+01:00Palazzo Morando<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgpJruPV0Gs3Xhngwj-At_9cSGH5jGH8OsuB8v0mS7nEUwNnAdOZAL-jy5pI3C_JQBh_2WPGIgOK52FtP6v3j9RRKDde14vvdcradY7okfVlJuwMsSEyIxTdCKMtAd0VsPZ_vqUbSc6K-5/s1600/palazzo-morando.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjgpJruPV0Gs3Xhngwj-At_9cSGH5jGH8OsuB8v0mS7nEUwNnAdOZAL-jy5pI3C_JQBh_2WPGIgOK52FtP6v3j9RRKDde14vvdcradY7okfVlJuwMsSEyIxTdCKMtAd0VsPZ_vqUbSc6K-5/s320/palazzo-morando.jpg" width="320" /></a></div>
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Due distinti percorsi espositivi caratterizzano le sale del settecentesco Palazzo Morando Attendolo Bolognini di via Sant'Andrea, 6.Al primo piano è attualmente ospitata la Pinacoteca: una collezione di dipinti, sculture, stampe che ha avuto origine nel 1934 dall'acquisizione da parte del Comune della collezione di Luigi Beretta e testimonia l'evoluzione urbanistica e sociale di Milano tra la seconda metà del XVII e i primi anni del XIX secolo; negli ambienti attigui sono state riallestite le sale di rappresentanza della casa nobiliare, un percorso suggestivo che documenta in modo esemplare il gusto settecentesco per l'arredo domestico, attraverso un nucleo di decorazioni, mobili e oggettistica recentemente ricomposto nella sua fisionomia originaria con una capillare attività di recupero di un patrimonio nel tempo disperso in diversi depositi esterni al palazzo.Nel gennaio del 2010 ha visto la luce il nuovo allestimento di Palazzo Morando finalizzato a dare nuova visibilità allo straordinario patrimonio artistico del Museo di Milano e al patrimonio storico delle Raccolte d'Arti Applicate che costituiscono un nucleo portante delle collezioni storiche e artistiche comunali. Gli interventi eseguiti hanno infatti valorizzato, oltre che il patrimonio tessile delle Raccolte Storiche anche le collezioni di abiti, accessori e uniformi conservati nei depositi delle Raccolte d'Arti Applicate del Castello Sforzesco che in questi ambienti hanno trovato la loro idonea sistemazione.Dal 1995, la volontà di documentare gli aspetti salienti e i protagonisti della vita culturale milanese tra il XVIII e il XIX secolo, integrando così il valore documentario delle collezioni, ha guidato l'organizzazione di alcune rassegne fondamentali, da "Pietro Verri e la Milano dei Lumi", dedicata ai fratelli Verri, a "Oh giornate del nostro riscatto. Milano dalla Restaurazione alle Cinque Giornate", fino a "La Milano del Giovin Signore. Le Arti nel Settecento di Parini" e "I volti di Carlo Cattaneo 18o1-1869. Un grande italiano del Risorgimento".</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-3957851411670482952017-01-20T23:44:00.002+01:002017-01-20T23:44:29.793+01:00La memoria e le interpretazioni del Risorgimento » Fine XIX-inizio XX secolo <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuXcOjR9X6yPd8R3W9LnXT7Wft6T5H5mYelJ1_Pz1sgeRCoexbRHLLVPfJgitgWvz-nzqyYX0yXLeOKkdrzKPI6tJLJYr6ziff3sSbU4BE67nBOPfNFLirMzmxW6d4MDHcO2H-WZq0pQmJ/s1600/n_2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiuXcOjR9X6yPd8R3W9LnXT7Wft6T5H5mYelJ1_Pz1sgeRCoexbRHLLVPfJgitgWvz-nzqyYX0yXLeOKkdrzKPI6tJLJYr6ziff3sSbU4BE67nBOPfNFLirMzmxW6d4MDHcO2H-WZq0pQmJ/s320/n_2.jpg" width="320" /></a></div>
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<li style="text-align: justify;">Già dai primi anni successivi all'unificazione il ricordo degli avvenimenti che avevano portato alla nascita dello Stato nazionale fu caratterizzato da polemiche, conflitti, rotture. C'era un'Italia monarchica e ufficiale che considerava casa Savoia come protagonista principale e quasi unica del Risorgimento, tanto da lasciare in ombra perfino il ruolo di Cavour, che pure era stato assolutamente decisivo; c'erano gli eredi della sinistra risorgimentale che invece criticavano in blocco l'unificazione perché – sostenevano – aveva coinciso in sostanza con la «conquista piemontese» del resto d'Italia ed identificavano perciò il vero Risorgimento, l'unico che meritasse d'essere celebrato, nell'azione di Garibaldi e deidemocratici.C'erano infine quanti, su posizioni cattoliche intransigenti, condannavano il Risorgimento perché aveva sottratto al papa i suoi territori rendendolo sostanzialmente prigioniero del nuovo Stato italiano.I primi studi storici sul Risorgimento risentivano in modo evidente di queste divisioni e spesso riproponevano le posizioni che erano state proprie delle varie correnti politiche nei decenni precedenti il 1860. Così, per citare due testi significativi di questa prima stagione di studi, il monarchico Nicomede Bianchi improntava la sua Storia della monarchia piemontese dal 1773 al 1861 (1877-1885) a una acritica esaltazione della monarchia sabauda; mentre la Storia d'Italia dal 1814 al 1863 (1863-64) del democratico Luigi Anelli considerava negativamente il ruolo svolto dal Piemonte nell'ultima fase dell'unificazione.</li>
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Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-82641542163352795952016-12-25T13:33:00.001+01:002016-12-25T13:33:41.550+01:00LA LUNGA STRADA ITALIANA VERSO IL 1861<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUa3MYVN6RZNqQ4TBba0cfamngLxASMKHHTarP40YocYFrYWWpnsTpGUVFfE0SR0PF_q4XC10lDfFqxsNvGr-zcYg5ucT5nxPj3ySWt_5PlFdSda3JW1zwds4-FQtpJy7eRZFCdK_H_IgH/s1600/garibaldi_2.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUa3MYVN6RZNqQ4TBba0cfamngLxASMKHHTarP40YocYFrYWWpnsTpGUVFfE0SR0PF_q4XC10lDfFqxsNvGr-zcYg5ucT5nxPj3ySWt_5PlFdSda3JW1zwds4-FQtpJy7eRZFCdK_H_IgH/s1600/garibaldi_2.jpeg" /></a></div>
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<li style="text-align: justify;">Il Risorgimento è il periodo della storia d'Italia in cui la nostra nazione italiana conseguì l'unità nazionale, riunendo in un solo nuovo Stato - il Regno d'Italia - tutti i precedenti Stati preunitari.Nel cosiddetto biennio delle riforme (1846-1848), dopo il fallimento dei moti rivoluzionari mazziniani,nascono i progetti politici di liberali come Massimo d'Azeglio e Vincenzo Gioberti. Gli anni 1847-1848, definiti la "Primavera dei popoli", videro lo sviluppo di vari movimenti rivoluzionari. In Italia fu decisiva la decisione del Regno di Sardegna di farsi promotore dell'unità italiana.Nominato presidente del Consiglio dei ministri nel 1852, Cavour poté mettere mano alla realizzazione del suo progetto politico per l'indipendenza italiana. Egli sosteneva che solo il Piemonte poteva realizzarla, perché non era sottomesso all' Austria (come invece erano i Borboni di Napoli, il granduca di Toscana, i duchi di Modena e di Parma); solo il Piemonte, inoltre, poteva garantire alle monarchie europee che l'Italia non si sarebbe spinta troppo in là, verso ideologie democratiche e radicali.</li>
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Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-56145887208219229822016-12-13T19:02:00.000+01:002016-12-13T19:02:15.666+01:00I movimenti politici » Il socialismo risorgimentale <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr191wvDfUrpzA6My-fVazEzv0ojftsfm55pyyunx5_ySxvyK-_bJqDYxg0G3PJOUk8v9rXfLU1988uYynRnEc76GszHyyCVJKy5NXarXS-CyOuohIyrKhEAKXBpbUruRe-8895hPkGy0w/s1600/z_giuseppeferrari.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgr191wvDfUrpzA6My-fVazEzv0ojftsfm55pyyunx5_ySxvyK-_bJqDYxg0G3PJOUk8v9rXfLU1988uYynRnEc76GszHyyCVJKy5NXarXS-CyOuohIyrKhEAKXBpbUruRe-8895hPkGy0w/s320/z_giuseppeferrari.jpg" width="221" /></a></div>
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Il socialismo risorgimentale, di cui Giuseppe Ferrari e Carlo Pisacane possono essere considerati i principali esponenti, non rappresentò una vera e propria corrente politica, ma piuttosto un insieme di posizioni e di contributi teorici maturati all'interno della democrazia italiana, in seguito alla fallita rivoluzione del 1848. La sconfitta del 1848 produsse infatti una riflessione critica all'interno dello schieramento democratico, che si divise sulla valutazione da dare della sconfitta. Le divisioni riguardavano, in realtà, non soltanto i motivi che l'avevano determinata, ma il problema stesso della «rivoluzione italiana» e della strategia da seguire nell'immediato futuro.Mentre Mazzini riteneva che la linea e il programma d'azione non dovessero essere modificati, vi era chi, in disaccordo con lui, avrebbe voluto collegare la rivoluzione politica a una rivoluzione sociale, come condizione indispensabile per la vittoria. I contributi più ampi e articolati provennero da Giuseppe Ferrari e da Carlo Pisacane i quali, attraverso i loro scritti, ripensarono il problema della «rivoluzione italiana», prospettandone, appunto, la soluzione in chiave socialista.Della democrazia mazziniana Ferrari criticava soprattutto la priorità che la questione dell'indipendenza aveva avuto su quella della libertà. Al contrario, secondo Ferrari, la rivoluzione doveva mirare anzitutto alla libertà. Nei suoi scritti (La Federazione repubblicana e Filosofia della rivoluzione, pubblicati entrambi nel 1851) sosteneva come fosse necessario, per l'Italia, tentare contemporaneamente due rivoluzioni, l'una sul terreno politico e l'altra su quello sociale.La prima avrebbe dovuto liberare il popolo dal dominio straniero e dalle forze della conservazione (che Ferrari individuava nel papato e nelle monarchie); la seconda avrebbe dovuto realizzare un sistema di limitazione della proprietà privata, attraverso l'abolizione dell'eredità perché fonte di ineguaglianza.Per il raggiungimento di tali obiettivi auspicava l'alleanza con la Francia rivoluzionaria e teorizzava la nascita di un partito sociale italiano in grado di sottrarre l'iniziativa politica al mazzinianesimo e di coinvolgere nella lotta le masse popolari.Posizioni analoghe esprimeva Carlo Pisacane nel saggio sulla Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-1849, pubblicato anch'esso nel 1851. Per Pisacane il socialismo non costituiva una generica aspirazione, ma il contenuto che avrebbe dovuto assumere la rivoluzione italiana, nonché la mèta verso cui tendeva il progresso europeo. Anche Pisacane, come Ferrari, muoveva da un atteggiamento critico nei confronti di Mazzini, del quale non condivideva la visione puramente politica della rivoluzione, non in grado di mobilitare le classi popolari.A tal fine auspicava la costituzione di un partito socialista rivoluzionario che avrebbe dovuto realizzare, con l'appoggio delle masse, soprattutto contadine, una rivoluzione di tipo socialista, con lo scopo principale della ridistribuzione delle terre agli stessi contadini.A tali proposte non seguì da parte di Pisacane alcuna concreta iniziativa politica. Nonostante le riserve sul piano teorico, continuò anzi a collaborare con Mazzini, fino alla spedizione di Sapri (1857) in cui trovò la morte.Le idee di Ferrari e di Pisacane costituirono comunque una premessa importante, sulla quale anni dopo il nascente movimento internazionalista, anarchico e poi socialista avrebbe innestato la sua propaganda e la sua diffusione tra le masse italiane.</div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1124490382615511152.post-5788627765427562892016-11-28T12:22:00.003+01:002016-11-28T12:22:15.919+01:00 Palazzo Moriggia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwualCFZue0A8eZiRxbImrkOBLzxXeE_Zc8jABvlukHtfkUOnyjNPc2iN1xJQ4UXYFcp0lpDuONk_MvCaWUV7v0f7Vzy4T_h7RPSUslgmM6DLnYui1xbCKF5G_xHuLjYNK0DAFGmpPZ1my/s1600/IMG_1195.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhwualCFZue0A8eZiRxbImrkOBLzxXeE_Zc8jABvlukHtfkUOnyjNPc2iN1xJQ4UXYFcp0lpDuONk_MvCaWUV7v0f7Vzy4T_h7RPSUslgmM6DLnYui1xbCKF5G_xHuLjYNK0DAFGmpPZ1my/s320/IMG_1195.jpg" width="320" /></a></div>
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Nato nel 1885, dal 1951 il museo ha sede nel settecentesco palazzo Moriggia, progettato nel 1775 da Giuseppe Piermarini a ridosso del vasto complesso di Brera. Già sede, in epoca napoleonica, del Ministero degli Esteri e, in seguito, del Ministero della Guerra, il palazzo, passato nel 1900 alla famiglia De Marchi, fu donato al Comune di Milano dalla moglie del celebre naturalista Marco De Marchi e in quell'occasione destinato a sede musealeAttraverso un articolato insieme di materiali composti da stampe, dipinti, sculture, disegni, armi e cimeli, le collezioni illustrano il periodo della storia italiana compreso tra la prima campagna di Napoleone Bonaparte in Italia (1796) e l'annessione di Roma al Regno d'Italia (1870). Il percorso espositivo è ordinato cronologicamente e si snoda attraverso quindici sale tematiche a cui si aggiungono due sale destinate alle esposizioni temporanee. L'ultimo allestimento risale al 1998 quando, mantenendo intatta la sequenza cronologica, furono ripensate le strutture espositive permanenti, destinate ai nuclei salienti delle collezioni, e in particolare i cimeli dell'incoronazione di Napoleone in Italia (il manto verde e argento e le preziose insegne regali), lo stendardo della Legione Lombarda Cacciatori a cavallo, il primo Tricolore italiano, per fare solo qualche esempio. In questa occasione sono stati riprogettati il sistema di illuminazione e il corredo didascalico, e recuperato il retrostante «Giardinetto romantico». </div>
Carmelo Cicerohttp://www.blogger.com/profile/10845312948329215431noreply@blogger.com0