Enrico Tazzoli (Canneto sull'Oglio, 19 aprile 1812 - Mantova, 7 dicembre 1852) è stato un patriota e sacerdote italiano, il più noto dei Martiri di Belfiore.
Nato a Canneto sull'Oglio da Pietro Tazzoli, giudice conciliatore e pretore e da Isabella Arrivabene, di nobile famiglia, nel 1821 fu iscritto nella seconda classe di grammatica del liceo di Goito, dove iniziò a manifestare la sua inclinazione alla vita sacerdotale. Successivamente entrò nel seminario di Verona dove fu ordinato sacerdote e, nel 1835, celebrò la sua prima messa. Nel 1844 pubblicò il “Libro del popolo” contro la disuguaglianza sociale. Professore di filosofia nel seminario vescovile, fu arrestato la prima volta il 12 novembre 1848 per aver pronunciato in chiesa una predica[1] contro i tiranni parlando delle potenze imperiali durante il "sacco di Mantova" del 1630, ma evidentemente alludendo agli "imperiali" austriaci di quell'anno. Tazzoli pur ovviamente non condividendo la visione religiosa di Mazzini, si convinse che il movimento della Giovine Italia era l'unico che avesse organizzazione e adesioni sufficienti ad assicurare concretezza d'azione. Molto impegnato nell'assistenza filantropica e nella educazione popolare, sposò i principi di un suo cristianesimo "illuminato", con lo spirito umanitario e "democratico" delle lotte risorgimentali, tanto da definire il suo supremo amor di patria la sua "seconda religione".Il 2 novembre 1850, in una abitazione al numero 10 dell'odierna via Chiassi a Mantova, diciotto mantovani parteciparono alla seduta che pose le basi di un comitato insurrezionale antiaustriaco. Tra questi don Enrico Tazzoli era il vero organizzatore e coordinatore del moto. Egli era, altresì, in accordo con Mazzini, esule a Londra, per lanciare le cartelle del prestito interprovinciale mazziniano. Rinvenute casualmente alcune di queste cartelle, la polizia austriaca, facendo anche uso della tortura, scoprì la congiura. Don Enrico Tazzoli fu arrestato il 27 gennaio 1852. Gli vennero sequestrati molti documenti, fra i quali un registro cifrato in cui aveva annotato incassi e spese, con i nomi degli affiliati che avevano versato denaro. Il 24 giugno, in carcere, don Tazzoli seppe che gli austriaci avevano decifrato la chiave di lettura del suo quaderno. Vennero arrestati iscritti di Mantova, Verona, Brescia e Venezia.Accortamente le autorità austriache ottennero un ordine speciale di Pio IX che, sconfessando il vescovo che l'aveva negata, ordinò la sconsacrazione di Enrico Tazzoli che avvenne il 24 novembre. Monsignor Giovanni Corti fu quindi costretto a procedere alla lettura della formula di condanna, al ritiro dei paramenti sacri tolti di dosso e alla raschiatura con un coltello della pelle delle dita che avevano sorretto l'ostia dell'eucarestia. Non essendoci a quel punto più conflitto con il diritto ecclesiastico, il 4 dicembre gli austriaci diedero ai dieci processati lettura della sentenza del Consiglio di guerra austriaco che già il 13 novembre aveva decretato la condanna a morte. L'emozione suscitata e il susseguente intervento delle autorità religiose lombarde indussero il Governatore generale Josef Radetzky a commutare alcune pene ad anni di carcere, ma lo stesso confermò la pena capitale per Tazzoli, Scarsellini, Poma, De Canal e Zambelli. Il 7 dicembre 1852 furono eseguite le condanne a morte per impiccaggione in località Belfiore, poco fuori le mura della città diMantova
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