domenica 20 dicembre 2009

Fernelli Domenico

FERNELLI Domenico (n. nel 1825 a Gonzaga, m. nel 1908 a Mantova). Di modesta condizione, mediatore di granaglie, ma di sentimenti patriottici fece parte attiva del Comitato rivoluzionario mantovano. Ripetutamente egli fu latore a Mantova e a Verona di cartelle del prestito Mazziniano, approfittando dei viaggi frequenti che a motivo della sua professione faceva fra le due città. Ma l' attività maggiore del F. fu quella di annodare relazioni: coi sergenti e soldati ungheresi, che, insofferenti del dominio austriaco, nutrivano sentimenti di ribellione, conformi alla propaganda rivoluzionaria, che s'irradiava da Budapest. Il delicato e rischiosissimo compito riusci, ed egli potè destramente adescare cinque magiari : Gyórfy e Walla sergenti, Kiraly, sottocaporale, e due altri soldati. I convegni avevano luogo in una chiesetta vicina a Piazza Bra di Verona dove i cospiratori, inginocchiati, fingendo di pregare, discutevano i mezzi migliori per guadagnare al partito rivoluzionario italiano le truppe ungheresi. Il F. mise i due sergenti nominati ed il Kiraly in relazione col Comitato rivoluzionario Veronese, il quale potè ottenere, così, informazioni militari riservatissime e perflno la pianta di un forte di Verona. Arrestato nel giugno 1852, in seguito alla decifrazione del registro del Comitato rivoluzionario mantovano del Tazzoli, resistette a tutti gli interrogatori dello Auditore Kraus, alle bastonate fino al novembre, anche dopo che i due sottufficiali ed il caporale ungherese da lui subornati erano stati arrestati. Un brutto giorno egli fu chiamato in esame dal Kraus e si trova di fronte i suoi « sedotti » che avevano confessato tutto. Kraus investe ironico il F. apostrofandolo col nomignolo di filosofo per la sua imperturbabilità. Questi erano adunque, signori filosofi, i mezzi morali di cui dicevate di voler servirvi come patriotta? Bella morale d'indurre dei soldati allo spergiuro ed al tradimento! F. vuoi replicare, ma i soldati gli fanno capire che la resistenza è inutile, che è vano fingere di non conoscersi... e a lui non restò che allargare le braccia e chinar il capo. Con sentenza del 3 marzo 1853 il F. era condannato alla pena di morte da eseguirsi con la forca perché convinto «di essere stato agente del Comitato rivoluzionario mantovano, di aver intrapresi più viaggi per ordine del medesimo, di aver affiliati i militari Gyòrfy e Walla alla congiura, di aver distribuito denari e proclami rivoluzionari al primo nominato dei detti militari, di aver effettuata la relazione della Società rivoluzionaria veronese col soldato Kiraly e di avere spiegato molta attività per la causa rivoluzionaria ». Il Feld Maresciallo Radetzky, cui la sentenza fu rassegnata, perchè, come Governatore generale del Regno Lombardo-Veneto, vi desse il suo benestare, convertl per il F. la pena di morte in 10 anni di carcere duro « puramente per somma grazia ». Tradotto in Boemia languì per parecchi anni nelle carceri di Josephstadt, con Finzi ed altri condannati dai processi di Mantova. A dimostrare i sentimenti italiani del F. il Luzio, che ebbe con lui dimestichezza, ricorda di aver visto un piccolo disegno a penna dal F. tracciato rappresentante un leone imprigionato, regalato al Pinzi in occasione d'un suo giorno onomastico con questa scritta: 1855, 19 marzo. Alla tua ed alla felicità dei tuoi cari, alla redenzione della patria nostra ed alla fruttevole libertà di tutti i popoli oppressi, fa oggi voti il tuo consorte di sventura ed amico Amnistiato dopo alcuni anni di carcere, insieme con altri condannati ritornò nella sua Mantova, dove visse miseramente e mori nel 1908 povero, rifiutando sdegnoso i tardi e banali onori, le poco dignitose elemosine che l'Italia ufficiale pensava di offrirgli nel 1903 pel primo cinquantenario dei Martiri.

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