domenica 20 dicembre 2009

Giannina Milli

Giannina Milli nacque il 24 maggio 1825 a Teramo, in Abruzzo. La madre, Regina Rossi, figlia di un libraio della città, le insegnò a leggere e a recitare sonetti, tanto che a soli cinque anni Giannina sapeva declamare versi ed improvvisare graziosi componimenti. Nel 1832, dopo che la famiglia si era trasferita temporaneamente a Chieti, Giannina si esibì per la prima volta su di un palcoscenico, insieme ad una compagnia itinerante di comici, recitando alcuni versi della Divina Commedia e della Gerusalemme Liberata. Il successo fu tale che Ferdinando II, in visita in quella provincia, desiderò conoscere la giovane poetessa, e successivamente la convocò a Napoli perché continuasse gli studi in un istituto di educazione femminile, il Convitto per le figlie dei militari. Nel 1842, diffusosi il colera a Napoli, Regina per sottrarre la figlia al pericolo dell’epidemia la ricondusse a Teramo; lì la fanciulla continuò i suoi studi letterari guidata da Stefano De Martines. Imparò così a comporre versi sempre più raffinati e soprattutto a perfezionare la sua capacità innata di improvvisatrice.Spronata dal suo maestro e da Giuseppe Regaldi, noto poeta improvvisatore, Giannina si esibì il 24 giugno 1847, nel teatro di Teramo, dinanzi ad un folto pubblico. Il giornale romano Fanfulla, che pubblicò una recensione dell’avvenimento, contribuì a diffondere la fama della poetessa, che tra il 1846 e il 1848 declamò versi anche in altre città della sua regione. Improvvisando su temi che le venivano proposti dal pubblico, componeva anche canti patriottici, in cui esaltava eroi, glorie e speranze del Risorgimento. Oreste Raggi scrive che essendo "il suo poetare troppo libero ella veniva accusata di repubblicanismo e minacciata di prigionia; onde dovette per due o tre mesi guardarsi, e una raccolta dei suoi versi pubblicata in Teramo, divenne libro pericoloso a chi lo possedeva….". La raccolta di quarantanove componimenti della Milli divenne, infatti, libro proibito; molti che lo avevano acquistato lo nascosero, mentre le copie ancora possedute dalla famiglia dell’autrice furono bruciate per timore di ritorsioni. Dopo gli eventi politici del 1848, che costrinsero la donna a ripiegare su studi solitari, "svanito il pericolo ella pensò ormai a lasciare le piccole città della provincia e a spiccare il volo più alto".
L’11 settembre 1850 la poetessa ottenne dalla Curia Capitolare Aprutina il "certificato di buona condotta religiosa e morale", indispensabile per poter viaggiare liberamente per l’Italia. Si recò prima a Portici, dove, nonostante la diffidenza iniziale del pubblico nei confronti di una poetessa proveniente dalla provincia, ottenne un successo straordinario; poi a Napoli, dove fu apprezzata da molti letterati e l’Accademia Pontaniana la elesse socia onoraria per acclamazione. "Venuta a Napoli con piede incerto e sconosciuta, brevemente levò grandissima fama di sé, vi rimase sei anni, vi diede ventisette esperimenti di poesia estemporanea e ne percorse tutta la provincia; passò il Faro, fu a Palermo, Messina e in altre città della Sicilia"
Durante il suo soggiorno napoletano completò la sua formazione letteraria: il 28 novembre 1851 ottenne dall’ Arcidiocesi di Napoli l’autorizzazione a "leggere e tenere libri proibiti perché ritenuti utili e vantaggiosi per i suoi studi di belle lettere e scientifici", e frequentò diversi salotti letterari cittadini, tra cui quello di Lucia de Thomasis e di Laura Beatrice Oliva Mancini, dove si riunivano i letterati più illustri e le poetesse sebezie, tra cui Giuseppina Guacci Nobile. Nel 1857 lasciò Napoli per recarsi a Roma, Ferrara, Firenze, Siena, dove "osava cantare di patria, di cittadine virtù, di militare valore, osava ricordare l’Italia là dove e quando d’Italia anche il solo nome era delitto pronunciare"
I suoi viaggi costituivano un momento di propaganda e partecipazione culturale e politica al movimento nazionale, come attesta, tra l’altro, il suo ricco epistolario. Nelle città in cui si recava la Milli dava prova delle sue abilità di improvvisatrice in "accademie" tenute non solo nei salotti privati, ma anche in teatri cittadini gremiti da un pubblico di estrazione popolare. In tal modo le "accademie" si rivelarono un valido strumento di propaganda politica. Per questo motivo furono sottoposte a un insieme di disposizioni da parte delle autorità. Lo Stato pontificio imponeva che nella sala non vi fosse alcuna decorazione o vestiario teatrale; i temi raccolti su cui i poeti dovevano improvvisare erano preventivamente assoggettati all’ispezione del Revisore, che impediva che si trattassero soggetti lontani dalla morale pubblica. (Tribunale criminale del vicariato di Roma, 15 aprile 1857). Durante le rappresentazioni la Milli era sottoposta a sorveglianze continue della polizia. Nel 1859, dopo aver improvvisato a Bologna alcuni versi in memoria di Galileo, in cui faceva riferimento alla situazione politica contemporanea, ricevette l’ordine di lasciare la città, nonostante che la Principessa Simonetti e Donna Maria Ercolani avessero insistito presso il Cardinal Legato perché Giannina potesse restare in città. Nonostante l’opposizione del governo pontificio, Bologna coniò, insieme a città come Perugia, Lucca, e la natia Teramo, medaglie in onore della poetessa. Anche le donne di Milano, dove Giannina si era recata dopo la liberazione della città, "orgogliose di tanta gloria che ha dalla Milli il loro sesso"(Raggi 1876), vollero coniare una medaglia d’oro con la sua immagine. Giannina aveva commosso il pubblico milanese con il Pensiero alla Patria nell’ora del tramonto, rivolto alla città di Napoli, che non rivedeva da quattro anni e di cui "l’angosciava soprammodo la tirannide borbonica" (Raggi 1876). La Milli aveva dedicato questo componimento a Pasquale Stanislao Mancini e alla moglie Laura Beatrice Oliva, già da tempo sua intima amica, cui nel giugno 1860 Giannina dedicò una poesia in cui lamentava la sua sofferenza, ma esprimeva la speranza di rivedere presto Napoli con l’amica:

"tu col tuo carme infiammerai le menti;

io riscosso il torpor che oggi mi prostra

scioglierò un inno ai generosi spenti

in reo martirio per la terra nostra."
Come Laura, anche Giannina dopo pochi mesi, proclamata l’unità d’Italia, tornò a Napoli, dove ricevette da Francesco De Sanctis, allora direttore della Pubblica Istruzione "una pensione in testimonio di onore…ed è giusta cosa che un libero governo apprezzi la virtù quale essa sia e la rimuneri, perché non solo con le armi, ma con la sapienza e con l’esercizio di ogni virtù cittadina, si onora, si assetta e si fa grande e rispettato un popolo" Dopo l’Unità, ripresi i viaggi, Giannina continuò a manifestare il suo impegno civile; a Firenze improvvisò, in teatro, versi in onore di Cavour e di Garibaldi. E, sempre a Firenze, il 14 maggio 1865, nacque l’Istituzione Milli che, finanziata dal testamento di Giannina, avrebbe premiato, dopo la sua morte, fanciulle meritevoli e bisognose. Tra le vincitrici del premio vi fu Ada Negri con il racconto Fatalità. All’istituzione parteciparono, tra gli altri, Niccolò Tommaseo e Luigi Settembrini.
Nel 1865, mentre Giannina meditava di ritirarsi dalla vita pubblica, fu nominata, dal ministro della Pubblica Istruzione, Ispettrice delle scuole normali e delle elementari in Terra di Lavoro, degli Istituti pii e delle scuole private di Napoli, e infine delle province pugliesi. Nel 1872, dopo l’annessione di Roma, fu chiamata dal ministro Scialoia a dirigere la Scuola Normale superiore femminile da poco costituita, in cui successivamente insegnò storia e morale. L’attività di ispettrice prima e di direttrice poi della Milli rafforzò la sua amicizia con la scrittrice Luisa Amalia Paladini, nominata nel 1872 direttrice del convitto Vittorio Emanuele II di Lecce; amicizia testimoniata da alcune lettere scritte tra il 1860 e il 1872. L’impegno della Milli come organizzatrice didattica e insegnante impegnata nel dibattito pedagogico è testimoniato dal suo carteggio e dalla partecipazione a numerosi congressi.
Nel 1876 Giannina sposò Ferdinando Cassone, ispettore scolastico, e lasciò il suo incarico di direttrice per seguire il marito nei suoi spostamenti, quando questi divenne Provveditore agli Studi di Caserta di Bari e poi di Avellino. Dopo pochi anni di felicità, Cassone si ammalò di una lunga malattia, nella quale la moglie lo assistette assiduamente.
Giannina Milli morì a Firenze l’8 ottobre 1888, stroncata dal dolore di aver perduto, in poco tempo, la madre ed il marito. Paolo Boselli, allora ministro della Pubblica Istruzione, scrisse al Municipio di Firenze : "la poesia dell’anima italiana brillava nell’estro di Giannina Milli per il trionfo degli ideali patriottici. Non si può vedere senza mestizia spegnersi questa luce, che nei giorni delle prove ha confortato gli animi trepidanti".

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