lunedì 21 dicembre 2009

Luciano Manara




Nato ad Antegnate (Bergamo) nel 1825 da famiglia milanese, morì nella difesa di Roma ucciso da una palla francese nel 1849. Amico di Carlo Cattaneo, partecipò valorosamente alle Cinque Giornate di Milano (tra l'altro capeggiando l'operazione che portò alla conquista di Porta Tosa) e alla Prima Guerra d'Indipendenza con un gruppo di volontari da lui stesso organizzato. Al ritorno degli Austriaci si rifugiò in Piemonte dove fu messo a capo di un corpo di bersaglieri con cui combatté sul Po e a La Cava (odierna Cava Manara in provincia di Pavia). Partecipò alla difesa della Repubblica Romana e fu nominato capo di Stato Maggiore da Garibaldi. Morì nello scontro di Villa Spada il 30 giugno.
Il corpo rimase per qualche tempo a Roma. La madre non riuscì ad ottenere da Vienna il permesso per riportarlo a Milano. Con le spoglie di Emilio Morosini e di Enrico Dandolo (caduto a Villa Corsini), via mare venne portato a Venezia, dove venne sepolto temporaneamente nella tomba di famiglia dei Morosini (altre fonti parlano di un trasporto clandestino a Lugano via Genova, con inumazione provvisoria nella cappella Dandolo). Dopo continue insistenze e suppliche, nel 1853 l'imperatore d'Austria concesse il permesso di riportare il corpo dell'eroe a Barzanò (dove la famiglia aveva una villa) in forma "strettamente privata".
Nel 1864 ai Manara venne concesso di erigere la tomba di famiglia. La costruzione in pietra grigia e bianca è edificata in stile romanico classico all'interno di un piccolo parco di cipressi ormai secolari. Nella cappella, altre al monumento al giovane patriota, trovano posto sui due lati alla base del muro, dieci lapidi in marmo bianco uguali tra loro, alcune portano i nomi delle sorelle di Luciano, Virginia in Manati e Deidamia, altre della moglie Carmelita Fè e dei tre figli dell'eroe. L'epigrafe sul monumento recita: "Luciano Manara, duce di inclita legione di prodi, dava il sangue per la patria rivendicando contro lo scherno straniero l'onore delle armi italiane. La madre degna d'invidia e di pietà le care ossa depose in questo monumento su cui sta scritto un nome, vanto e gloria d'Italia. Morì pugnando a Roma il 30 giugno 1849 col sorriso degli eroi sulle labbra, esempio ai posteri imperituro".

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