domenica 27 marzo 2011

La figura di Giuseppe Garibaldi


Giuseppe Garibaldi, con Dante, Cristoforo Colombo, Leonardo da Vinci, è uno dei pochi italiani conosciuti e ammirati in tutto il mondo, l’unico dei tempi moderni, il solo a essere amato, oltre che ammirato. La sua vita, ricca di eccezionali imprese compiute in America e in Europa, è un romanzo di avventure, abbellito dal fascino dell’esotico; l’abilità con cui tiene testa ad avversari più forti lo accomuna agli eroi dei poemi epici, sbriglia la fantasia dei narratori, attira ammirazione e simpatia.

Coraggio e ostinazione, audacia e fortuna, s’intrecciano mentre, per dieci anni, pirata centauro, veleggia sui grandi fiumi e cavalca negli spazi sterminati di Brasile, Uruguay, Argentina, e quando combatte in Italia, sempre inferiore di uomini e di mezzi, sette campagne dal 1848 al 1867 contro austriaci, francesi, napoletani, e l’ottava in Francia nel 1870 contro i prussiani. Sorprende il nemico con inventiva e astuzia: in Brasile trasporta le navi dalla laguna al mare per via di terra, in Italia nel 1849 sfugge alla caccia di tre eserciti, nel 1860 beffa i borbonici, fingendo di ritirarsi mentre piomba su Palermo.
La fama delle imprese che lo vedono protagonista per mare e per terra vola nel mondo. Si occupano di lui governi e parlamenti, a Rio de Janeiro, a Montevideo, a Buenos Aires, a Parigi, a Londra, a Vienna, a Torino, a Roma, a Napoli. Se ne parla in Europa e in America. Combattono al suo fianco in America brasiliani, uruguayani, emigrati italiani e fuorusciti argentini, in Europa italiani di tutte le regioni e di tutte le condizioni, democratici francesi, inglesi, americani, tedeschi, esuli polacchi, ungheresi, russi, slavi. Già noto nel Sud America, il suo nome dal 1845 si affaccia prepotentemente sui quotidiani europei; riviste a diffusione internazionale ne pubblicano i ritratti, ne illustrano le imprese con i servizi giornalistici di disegnatori e fotografi che lo seguono sui campi di battaglia; ritratti e rappresentazioni di episodi che lo riguardano sono diffusi con litografie a basso prezzo, in ogni angolo dell’Europa e delle Americhe. Si moltiplicano biografie, spesso romanzate, in italiano, in inglese, in francese, in tedesco, in tutte le lingue. L’enorme popolarità che ha tra i contemporanei non si spiega soltanto con l’eccezionalità delle imprese compiute. Ciò che colpisce la fantasia è lo straordinario disinteresse, la fermezza con cui rifiuta ricompense e onori, la semplicità della sua vita, che sconfina nella povertà, la modestia con cui ritorna nell’ombra appena ritiene terminata la sua opera, la disponibilità con cui mette la sua vita al servizio dei ribelli del Rio Grande, dei difensori di Montevideo, dei repubblicani francesi, lontano da egoistici interessi nazionalistici. Sul fascino di una personalità, in cui convivono stranamente temerario sprezzo del pericolo in guerra e gentilezza di modi nella vita quotidiana, s’interrogano uomini politici, letterati, giornalisti. Lo idolatrano le donne, nobili e popolane, ricche e povere.
Si forma presto il mito del combattente per la libertà e l’indipendenza di tutti i popoli che lo accompagnerà per tutta la vita. “Uomo di fama mondiale”, lo saluta nel 1850 “The New York Daily Tribune”; il russo Herzen lo esalta nel 1854 come “un eroe classico, un personaggio dell’Eneide (…) attorno al quale, se fosse vissuto in altra epoca, si sarebbe formata una leggenda”, e dieci anni dopo come “l’unica grande personalità popolare del nostro secolo elaboratasi dal 1848”; “Uomo della libertà, uomo dell’umanità”, lo definisce nel 1860 il francese Victor Hugo; tre anni dopo è considerato “l’uomo più grande del secolo” dal presidente argentino Bartolomeo Mitre; nel 1867 è chiamato dallo svizzero James Fazy “l’uomo più valoroso e più disinteressato del suo secolo”; nel 1870 l’inglese Philip Gilbert Hamerton sembra “il più romantico eroe del nostro secolo, l’uomo più famoso del pianeta, il capo più sicuro di vivere nel cuore delle future generazioni”; alla sua morte tedesca “ Deutsche Zeitung” invoca un nuovo Omero “per cantare degnamente l’Odissea di questa vita”.Garibaldi appare l’eroe per antonomasia, ne attendono la spada liberatrice i contadini russi e i magnati ungheresi. Nel 1860 la fama dell’incredibile conquista di un regno si diffonde attraverso canali misteriosi tra operai e contadini di mezza Europa.
E’ questo il Garibaldi tuttora vivo. Anche se ha compiuto la sua più grande impresa in Italia e per l’Italia, egli ha rivolto l’animo alla liberazione di tutti i popoli oppressi e alla redenzione degli umili in un sogno di giustizia sociale, concepito in giovinezza con l’adesione a princìpi di umanitarismo e cosmopolitismo. Benché si senta nato per combattere (la guerra es la verdadera vida del hombre, è un motto a lui caro) considera la guerra una necessità dolorosa, determinata dall’ingiustizia.
Secondo gli organizzatori del Congresso internazionale per la pace di Ginevra il suo nome “vuol dire eroismo e umanità, patriottismo, fraternità dei popoli, pace e libertà”. In effetti la sua voce si leva spesso in favore della pace e della collaborazione tra i popoli. Nell’ottobre 1860, dopo la vittoria sul Volturno, rivolge un appello alle potenze europee perché formino un solo Stato, e successivamente propone un congresso mondiale per giudicare le controversie tra le nazioni, e incoraggia ogni iniziativa che abbia aspirazioni di pace. Nello spirito della fratellanza degli uomini nel 1871 esprime simpatia per il nascente socialismo, vedendo in esso soprattutto “un sentimento di giustizia e di dignità umana”.Garibaldi è vissuto in un’epoca contrassegnata da una grande fioritura di sistemi politici ispirati dalla ricerca della giustizia sociale, dal sansimonismo e dal mazzinianesimo al socialismo anarchico di Proudhon e Bakunin e a quello scientifico di Marx. Si è avvicinato ad alcuni, in particolare ai primi due, senza identificarsi con nessuno. Ciò è stato considerato segno di superficialità e di mediocrità intellettuale da parte dei contemporanei e dei primi biografi. Nel XXI secolo, dopo il tramonto delle ideologie che hanno dominato la storia del novecento, possiamo avere maggiore comprensione per il desiderio di indipendenza mentale di un idealista senza ideologie.
Avverso a etichette e preclusioni, è stato uomo della libertà, cittadino del mondo. Questo sogno ha dato un significato universale alla sua avventura umana, che ha affascinato romanzieri e poeti, da Alexandre Dumas a Giosue Carducci, e affascina ancora quanti credono nella forza animatrice dell’ideale.

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