sabato 25 giugno 2011

Mazzini: Un Grande

Mazzini aveva un senso religioso dell’esistenza, era un credente, anche se la sua originale religiosità era più vicina al Protestantesimo che non al Cattolicesimo; per questo, a differenza di altri personaggi dell’Ottocento, egli non appartiene al bagaglio della cultura anticlericale, aveva una sorella suora che trattò sempre con profondo rispetto e mai, neppure nei più cupi momenti della sua esistenza, povero in canna, esiliato e braccato dalle polizie di mezza Europa, venne meno alla fede in Dio, anzi… Per quanto riguarda la politica, allora c’era l’Italia da unire, questo era il primo imperativo, cui dedicò l’intera vita e fu sempre coerente con le proprie idee: egli era un sostenitore della democrazia pura e nella sua breve esperienza di Capo di Stato (fu Triumviro della Repubblica Romana), permise ai nemici della Repubblica in Roma, i nostalgici del potere temporale dei Papi, di esprimere liberamente le proprie idee, a voce e per iscritto, e questo mentre la città era assediata dai francesi ed il territorio della Repubblica veniva invaso da vari eserciti tra cui, purtroppo, anche uno italiano, quello del Regno delle Due Sicilie.

Mazzini propugnava anche l’unità europea: promosse movimenti patriottici in altri paesi (Germania, Polonia) e sognava un’Europa unita su basi morali e spirituali assai più solide di quelle su cui oggi si fonda l’Unione Europea.Ma oggi voglio soffermarmi sugli ideali sociali di Mazzini. Egli era contrario sia al liberismo sfrenato sia al collettivismo. Credeva nel dovere del lavoro (oggi si parla di diritto al lavoro, Mazzini si poneva in un’altra prospettiva, in questo ed in tutti gli aspetti dell’esistenza egli poneva l’accento sul dovere, prima che sul diritto), unico fondamento della proprietà. Il lavoro non era inteso solo come lavoro manuale, ma anche come lavoro intellettuale e dirigenziale. Il capitalista doveva far fruttare il proprio capitale impiegandolo in imprese economiche che portassero vantaggi a tutti, non creando rendite parassitarie. Mazzini vedeva la società come una grande famiglia, quindi era contrario alla lotta di classe e per risolvere la questione sociale auspicava l’associazione dei lavoratori-produttori.
E la cooperazione non è altro che un modo di essere concreto di questo principio di associazione auspicato da Mazzini. Mazzini visse a lungo in esilio in Inghilterra, che è considerata la patria della cooperazione poiché là, a Rochdale, venne fondata nel 1844 la prima cooperativa. Ebbene, in Inghilterra Mazzini partecipò attivamente al dibattito sulla cooperazione con articoli e discussioni in riviste politiche britanniche, dandogli nuovo impulso e vigore (non dimentichiamo che la cooperativa di Rochdale era solo di consumo, un aspetto un po’ limitativo di questo importante fenomeno sociale). Egli fu grande amico, ne frequentava abitualmente la casa, di George Jacob Holyoake, il grande teorico del cooperativismo britannico, e non solo britannico.
Il primo convegno cooperativo internazionale si svolse a Londra nel 1869 e ad esso parteciparono tre italiani, tutti e tre in rappresentanza del movimento mazziniano, il toscano Giuseppe Dolfi, presidente della Fratellanza Artigiana, l’avvocato genovese Cesare Cabella, che un anno dopo diverrà Senatore del Regno, ed il banchiere lombardo Francesco Viganò, anche lui un pioniere della cooperazione ed autore di un libro, “La Fratellanza Umana” che, consentitemi di dirlo, rappresenta la controparte spirituale e morale del movimento cooperativo il quale, a ben vedere, sia detto senza retorica, trae origine dall’amore per il prossimo.
Nel 1864 Mazzini scriveva al presidente di una Cooperativa britannica, J. Dixon: “E’ mia profonda convinzione che noi ci avviciniamo a un’epoca di umanità, di storia e di vita in cui il principio dominante in tutti i rami dell’attività morale, politica e sociale sarà questo: ogni uomo sia giudicato, amato, stimato e compensato secondo il suo lavoro. Di tutti questi principi, voi, lavoratori associati di tutta Europa, siete i precursori nella sfera economica”. Un anno dopo ad un’altra società cooperativa scriveva queste altre significative parole: “Io ho osservato seriamente e ansiosamente lo spandersi delle idee cooperative come il principio di un’immensa rivoluzione che farà più per la fratellanza degli uomini di qualsiasi altra influenza esercitata durante i passati diciotto secoli purché sia evitato il pericolo dell’egoismo smoderato, col risolvere il problema morale, intellettuale ed economico”.
Amore ed educazione sono per Mazzini, quindi, i fondamenti da cui si deve partire per risolvere la questione sociale, ma anche quella nazionale, come ben sa chi ha studiato il pensiero politico e patriottico dell’ Apostolo.E purtroppo è proprio l’educazione del cittadino che oggi manca, lo si può osservare da molti particolari, anche nella vita di tutti i giorni. Dobbiamo riflettere su queste cose, a 150 anni da quando non siamo più “un volgo disperso che nome non ha”, secondo il verso del Manzoni. E se ci rifletteremo, capiremo che ci sono state persone, pur vissute nell’Ottocento, che hanno saputo vedere molto lontano e che sono in grado di insegnarci tante cose buone ancora oggi.
Una di queste persone fu Mazzini e mi sembra davvero un segno positivo e di grande sensibilità che la LegaCoopBund di Bolzano lo abbia voluto pubblicamente onorare dando ufficialmente il via alle manifestazioni per il 150° dell’unità nazionale nella nostra città.

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