venerdì 29 luglio 2011
L'età della Restaurazione
L’età della restaurazione, dal 1814 al 1848,fu contrassegnata anche in Italia da un clima generale di repressione di ogni dissenso politico. Attività cospirative clandestine portarono tuttavia ai moti rivoluzionari liberali nel 1820-21 di Napoli e del Piemonte e nel 1830 di Modena. Successivamente, iniziative rivoluzionarie mazziniane furono organizzate in Piemonte nel 1833 e 34, e nel Regno di Napoli nel 1844. Nessuna ebbe esito felice.
L'Europa nel 1814
La situazione politica generale, dopo il 1814, era molto difficile. Il Regno lombardo-veneto fu annesso all’impero asburgico, e gli Austriaci imposero un ferreo controllo poliziesco, teso ad impedire ogni forma di dissenso politico. Nel Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I abolì il codice napoleonico, ripristinò il foro ecclesiastico, riammise l’Ordine dei Gesuiti e restituì al clero il monopolio dell’istruzione. Nel Granducato di Toscana Ferdinando III di Lorena tornò alla tradizione dell’assolutismo illuminato della sua famiglia. Nello Stato pontificio Pio VII tornò subito all’ordine antico. Nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, pur mantenendo il codice napoleonico restituì tutti i poteri al clero, arrivando a ripristinare il foro ecclesiastico. Nel Ducato di Parma e Piacenza, Maria Luisa d’Austria governò con moderazione, evitando le persecuzioni e le censure tipiche di questa età. Nel Ducato di Modena e Reggio, Francesco IV fu un intransigente e fanatico reazionario, che si accostò alla Carboneria sfruttandola, senza però ottenere risultati positivi.
In questo quadro, lo spirito patriottico che si era manifestato durante il periodo napoleonico fualimentato dalle società segrete come quelle dei Filadelfi, degli Adelfi, della Carboneria, della Società dei Centri. I primi risultati di questa attività cospirativa, si ebbero in Italia nel luglio del 1820, nel Regno di Napoli, quando, sollecitati dai moti spagnoli, i generali Florestano e Gugliemo Pepe, su ispirazione carbonara, si ribellarono con una guarnigione al re per chiedere la Costituzione, che fu concessa. La ribellione fu repressa nel marzo dell’anno dopo grazie all’intervento degli eserciti della Santa Alleanza. In quello stesso mese, approfittando degli impegni militari austriaci nel Regno delle Due Sicilie fu organizzata una sollevazione anche nel Regno di Sardegna, per opera di Santorre di Santarosa, che fece ribellare alcuni reparti dell’esercito ad Alessandria, Vercelli e Torino. All’inizio Carlo Alberto, che regnava in assenza del legittimo sovrano Carlo Felice temporaneamente assente da Torino, concesse la Costituzione chiesta dai rivoltosi. Ritornato sul trono, Carlo Felice sconfessò l’azione del Principe e chiese l’intervento degli Austriaci, che repressero i moti.
Altri moti di matrice carbonara furono quelli del 1830 a Modena. Qui la carboneria locale aveva intrecciato rapporti amichevoli con il duca Francesco IV, che sembrava ambiziosamente interessato ad espandere il suo piccolo ducato in un regno italico. Fiduciosi dell'appoggio del duca, i congiurati diedero inizio alla rivolta, ma il duca tradì le aspettative e fece arrestare e giustiziare molti dei capi della rivolta, tra cui Ciro Menotti.
Dalla critica al fallimento dei moti ispirati dalla Carboneria, trasse ispirazione Mazzini per varare la nuova organizzazione della Giovine Italia, basata ssu precisi obiettivi politici: indipendenza, unità, libertà. Entusiastiche adesioni al programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani in Liguria, in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova organizzando nei primi anni Trenta una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti, carcere e condanne a morte.
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