Gennaro Marulli
Napoli 16/3/1808 - Napoli 25/12/1880
Colonnello Comandante
Apparteneva ad una famiglia legatissima alla dinastia borbonica, suo padre Troiano Marulli soffrì per anni il carcere sotto Murat, perché non volle mai piegarsi a riconoscere quel sovrano.Gennaro Marulli nel 1829 era già I tenente ai cacciatori della guardia.
Nel 1845 fu promosso capitano e l'anno successivo dette alle stampe un pregevolissimo volume storico dal titolo "Ragguagli storici sul Regno delle Due Sicilie dall'epoca della francese rivolta fino al 1815".
Duemila pagine che il nostro capitano raccontò con notevole imparzialità gli accadimenti militari.
Nel 1848 partecipò direttamente agli scontri che il 15 maggio accaddero nella capitale, dando prova di valoroso militare.Appassionato cultore di storia militare collaborò con i fratelli Ulloa all'antologia militare.Sono tutte di Marulli le didascalie che accompagnarono il lavoro di Zezon sui figurini militari.
Nel 1856 ebbe la promozione a maggiore.
Nel 1859 salito al trono Francesco II, che aveva per il Marulli una profonda stima, gli affidò il comando del 9° reggimento di fanteria "Puglia" di stanza a Palermo.Il 1 maggio 1860 fu promosso colonnello.Il 27 maggio Garibaldi assalì la città e toccò al Marulli ed ai suoi uomini reggere il primo urto e difendere Porta Maqueda. Guidati da questo valoroso militare i soldati borbonici fecero miracoli, fino a quando un proiettile non lo mise fuori gioco.Il re conferì al colonnello borbonico la croce ufficiale di S. Giorgio con una pensione di 100 ducati.Trasportato a Napoli per le cure, sebbene dolorante, volle rientrare ancora convalescente in servizio.
A Capua, il 6 settembre, Marulli era al suo posto.Ritucci gli affidò la brigata composta da due reggimenti granatieri sotto il comando del generale Tabacchi.All'attacco di S. Maria, per l'errore di D'Orgemont, che attaccò il nemico dal lato sinistro anziché dal destro e per la difficoltà dei corpi della guardia di avanzare in ordine aperto, la brigata dopo aspri combattimenti, falciata dalla mitraglia sarda, indietreggiò, nonostante il colonnello, con il suo braccio fasciato, incitasse in ogni modo alla resistenza i suoi dipendenti.All'inizio dell'assedio di Gaeta, fu nominato vice governatore, compito gravoso che assolse con fedeltà ed abnegazione.Dopo la resa si ritirò a vita privata in famiglia, ma pagò la sua fedeltà subendo un agguato da alcuni sconosciuti che lo picchiarono a morte mentre rincasava in pieno giorno.Creduto morto fu risparmiato ed ebbe la forza lentamente riprendersi.
Non volle piegarsi agli invasori.
Nel 1874 perse il suo amatissimo primogenito Teodoro Troiano, morto combattendo per i legittimisti carlisti a Igualda.
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