Sul finire del 1859 un tenente della Cavalleria piemontese di stanza a Vigevano galoppava nella notte per raggiungere la sua amata nella villa avita di Fino Mornasco: si chiamava Luigi Caroli, detto Gigio e la sua fidanzata di un tempo, Giuseppina Raimondi, era ormai promessa sposa a Giuseppe Garibaldi. Il giovane soldato si vide perduto. Dopo lo sfortunato matrimonio celebrato nella villa di Fino, quando Giuseppina venne ripudiata dall’Eroe dei Due Mondi, la giovane scappò dalla casa paterna, forse alla Pazzea. Rintracciata dal padre Giorgio Raimondi, Giuseppina fu mandata a Villa Olmo, una delle dimore principesche della famiglia. Raggiunta dal tenente in questa dimora, le fonti storiche narrano del racconto fatto da Giuseppina al suo vecchio fidanzato del suo stato di donna incinta. Da lì, a metà del mese di febbraio, Giuseppina e Gigio si stabilirono in Svizzera, a Friburgo, dove rimasero fino al luglio del 1860.Infine si separarono definitivamente. Il tenentino tornò a fare il soldato, la giovane in Italia per partorire. Ma chi era questo Caroli? Nato nel 1834, era rampollo di una famiglia bergamasca che aveva fatto fortuna con il commercio delle gallette del baco da seta. Possedeva una villa a Stezzano, nella campagna bergamasca e un palazzo in città nel rione di Sant’Orsola. Possidente terriero, di educazione borghese, aveva 25 anni al momento dell’incontro con Giuseppina. Con alle spalle una discreta cultura; avendo viaggiato per l’Europa, parlava francese e tedesco. Si era distinto nella campagna del 1859 e moriva dalla voglia di raggiungere Garibaldi nella campagna del Sud: ma il generale, di accoglierlo tra le sue fila, proprio non ne volle sapere. Per tutta risposta Caroli, annoiato ormai dal ménage con la Raimondi partì alla volta di Berlino. Giuseppina, invece, raggiunse la villa di Gironico, dove alla fine di agosto diede alla luce un figlio già morto.
L’occasione del riscatto fu data al Caroli dalla guerra per l’indipendenza della Polonia, che era stata spartita tra Austria, Russia e Prussia. Fu rinchiuso in una baracca a Kadaya al confine con la Manciuria: ammalatosi gravemente, fu vegliato dal compagno di sventura Emilio Andreoli fino alla morte, che lo colse l’8 giugno del 1865, nel fiore dei trent’anni: e in quel luogo sopra un colle venne sepolto il giorno stesso.
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