Il 15 agosto 1863 fu varata la legge 1409, nota come Legge Pica, con lo scopo di reprimere il brigantaggio e qualsiasi forma di resistenza armata nelle province meridionali. La legge, presentata come “mezzo eccezionale e temporaneo di difesa”, fu più volte prorogata e rimase in vigore fino al 31 dicembre 1865.Con il regio decreto del 20 agosto 1865 furono elencate le province “infestate dal brigantaggio” su cui si sarebbe applicato il regime speciale. La competenza in materia fu trasferita dai tribunali civili a quelli militari.Secondo la nuova legge chiunque avesse fatto parte di un gruppo armato di almeno tre persone sarebbe stato deferito al tribunale militare, insieme ai complici, definiti “manutengoli”. Furono inoltre istituite delle giunte provinciali con il compito di stilare le liste con i nominativi dei briganti e dei sospetti.La legge puniva con la fucilazione o i lavori forzati a vita chiunque avesse opposto resistenza armata alla forza pubblica, senza fare alcuna distinzione tra criminalità comune e brigantaggio politico antiunitario.Introduceva nel diritto pubblico italiano la pena del domicilio coatto per gli oziosi, i vagabondi, i camorristi e i sospetti manutengoli e prevedeva l’istituzione di milizie volontarie per la caccia ai briganti, stabilendo anche premi in danaro per ogni persona catturata o uccisa. La legge aveva inoltre effetto retroattivo.Nelle successive modificazioni, essa fu estesa anche alla Sicilia - benché nell’isola non fosse presente il fenomeno del brigantaggio - con lo scopo di combattere la renitenza alla leva militare, che aveva raggiunto nell'isola dimensioni enormi. La coscrizione obbligatoria era sconosciuta in Sicilia, ma il governo, senza tener conto della diversa legislazione nei vari territori annessi, proprio nei mesi in cui nel Mezzogiorno esplodeva la protesta contadina, aveva bandito una leva di 36.000 uomini, provocando la fuga sulle montagne di migliaia di giovani.
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