La guerra franco-prussiana, scoppiata il 19 luglio 1870, aprì
improvvisamente nuove prospettive per la soluzione della questione romana.
Benché Vittorio Emanuele II fosse convinto della necessità di intervenire a
fianco Napoleone III, il ministro degli esteri Visconti Venosta riuscì a far
prevalere nel governo le ragioni della neutralità.Nel contempo poté però fare apparire la proposta di Napoleone III,
avanzata dall'imperatore il 10 luglio e relativa al ritiro dei contingenti
francesi da Roma e Civitavecchia, non come una ricompensa derivante
dall'eventuale decisione italiana di aderire ad una progettata alleanza
italo-franco-austriaca in funzione antiprussiana, ma come una scelta compiuta
autonomamente dalla Francia per rendere di nuovo operante la Convenzione di
settembre, rispettata solo da parte italiana dopo i fatti di Mentana del
1867.
L'abilità di Visconti Venosta, pronto a ribadire pubblicamente la
volontà dell'Italia di adempiere alla Convenzione, e le difficoltà incontrate
dalla Francia sui campi di battaglia facilitarono così l'evacuazione dello
Stato pontificio, terminata in agosto.Per sorvegliare la frontiera ed essere pronto all'intervento, nel caso
si verificassero colpi di mano o insurrezioni fomentate dalla Sinistra, il
governo italiano decise inizialmente di costituire un corpo di osservazione
dell'Italia centrale il cui comando fu affidato al generale Cadorna.Proprio quando Visconti Venosta aveva però cominciato a preparare
timidamente la diplomazia all'ipotesi di una eventuale occupazione dello Stato
pontificio da parte italiana, le notizie relative alla sconfitta di Sedan e al
crollo del Secondo Impero, giunte a Firenze tra il 3 e il 5 settembre, fecero
precipitare gli avvenimenti: il Consiglio dei ministri decise infatti
all'unanimità di occupare Roma, previo un ultimo tentativo di accordo, per
evitare il ricorso alla forza, con Pio IX. Di fronte al rifiuto opposto dal papa al conte Ponza di San Martino, che
aveva tentato di indurlo ad accettare l'invasione ad avviare trattative con
l'Italia, il 12 settembre il generale Cadorna entrò nel territorio pontificio e
avanzò senza incontrare resistenza fino alle porte di Roma, dove giunse il 17.Dopo un ennesimo tentativo di mediazione compiuto dal ministro prussiano
presso la Santa Sede, conte Arnim, la mattina del 20 l'artiglieria italiana
cominciò il fuoco contro le mura della capitale pontificia.Aperta una breccia presso Porta Pia, alle ore 10 fanteria e bersaglieri
poterono entrate nella città, mentre l'esercito papale alzava bandiera bianca.Alle 14 il generale Cadorna e il generale Kanzler, comandante delle
forze pontificie, firmarono la capitolazione.
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