giovedì 3 marzo 2016
Giuseppe Mazzoni (1808 – 1880)
Nacque a Prato da nobile famiglia e si laureò in giurisprudenza all'università di Pisa. Fu avvocato, uomo politico, filantropo e Gran Maestro della Massoneria italiana. Fino da giovane abbracciò gli ideali democratici e mazziniani. Chiamato a far parte nel 1835 della pratese Accademia degli Infecondi, assunse poi iniziative politiche sempre più importanti. Ispirato dagli ideali risorgimentali, si fece promotore con l'amico Pier Cironi della sezione pratese della Associazione Nazionale. Insieme ad Atto Vannucci, fondò il giornale L’Alba ed animò il “Circolo del popolo”, punto di raccolta di spiriti democratici. Eletto deputato al Consiglio Generale nel 1848, fu chiamato da Giuseppe Montanelli a ricoprire la carica di ministro di Grazia e Giustizia e degli Affari Ecclesiastici nel governo democratico costituito in ottobre. L'anno successivo, insieme a Montanelli e Guerrazzi, fu acclamato triumviro, per reggere le sorti della Toscana dopo la fuga del Granduca. Con la restaurazione granducale, fu costretto all'esilio, prima a Marsiglia, quindi a Parigi ed infine a Madrid. Nei dieci anni trascorsi all’estero si legò a personaggi della Massoneria e, al suo ritorno in patria, fondò la loggia pratese Intelligenza e lavoro, dopo essere stato cooptato Gran Maestro. Ebbe contatti col rivoluzionario anarchico russo Bakunin, cercando un'azione sociale comune tra il movimento anarchico e la massoneria. Eletto deputato nell'Assemblea Nazionale, assunse una linea politica antipiemontese, ispirata dalla delusione verso il moderatismo dello Stato unitario, cui contrapponeva una visione federalista. Fu il fondatore di un Movimento Federalista, ispirato all'omonimo gruppo creato anni prima in Lombardia da Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari e di cui facevano parte studenti, artisti, garibaldini, ex-mazziniani. Vi aderì anche Alberto Mario, allievo di Cattaneo. Deluso dalla politica, dedicò gli ultimi anni della sua vita ai destini operai e agli ideali massonici. Per la coerenza e l'intransigenza delle sue posizioni fu soprannominato il “Catone toscano
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