L'Associazione Sindacale svolge le seguenti attività:
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venerdì 22 gennaio 2010
mercoledì 20 gennaio 2010
Il Patrono di Barcellona Pozzo di Gotto
La vita di San Sebastiano
il cui nome deriva dal greco significa“venerabile”, appellativo che gli stessi greci avevano dato all’imperatore Augusto per significare un senso di grandezza e di rispetto. Nacque a Narbona, città della Francia meridionale, verso la seconda metà del ‘200 d.C., da illustre famiglia. Rimasto orfano del padre ancora fanciullo, fu condotto dalla madre a Milano dove trascorse i primi anni dell’infanzia e dell’adolescenza. La madre educò questo suo unico figlio alla scuola della generosità e del coraggio, preparandolo al grande ed ultimo sacrificio: l’imitazione di Gesù Crocifisso. Giovane, dall’animo forte, dal carattere energico, rispose alla voce della grazia che ne fece un difensore della Chiesa, pieno di entusiasmo corse là dove c’era più bisogno di lui. Parte per Roma, ove la persecuzione contro i cristiani era diventata violenta e feroce. Questa fu la causa determinante del viaggio di San Sebastiano verso la capitale, per assistere i cristiani, proteggerli e soprattutto impedire le abiure. Sebastiano temeva che i cristiani, atterriti dai tormenti e dalle persecuzioni, per sfuggire alla morte, rinnegassero quel Cristo e quella fede che con tanto slancio avevano abbracciata. Ma prima di toccare la tappa gloriosa e finale del suo mortale cammino, Sebastiano per un tempo abbastanza lungo guidò la conquista missionaria dei cristiani e si arruolò nell’esercito imperiale per poter esercitare più facilmente, sotto l’emblema della milizia, il suo fecondo apostolato di fede. Per la sua cultura, per la sua gentilezza d’animo, per la sua bontà, Sebastiano seppur ancora giovane raggiunse i massimi gradi della gerarchia militare, permettendogli di occupare il posto di comandante della Prima Corte della Guardia Pretoriana, sotto l’impero di Diocleziano e Massimiano che lo stimarono, lo amarono senza nutrire alcun sospetto sulla sua appartenenza alla fede cristiana. Nell’anno 287 d.C. la persecuzione di Diocleziano infierì sempre più contro la Chiesa, che fu costretta a ritirarsi nel silenzio delle catacombe, mentre i suoi figli innocenti venivano portati nell’Arena del Colosseo per essere lacerati dalle fiere o per essere arsi vivi. Durante questo eccidio, indegno di un popolo civile, Sebastiano non riuscì a tacere e a nascondere la sua fede in Cristo Signore e cominciò ad operare. Un vile cortigiano, Torquato, accusò e denunziò Sebastiano come cristiano all’imperatore Diocleziano. L’imperatore non trenette a quelle parole e chiamò Sebastiano per testimoniare. Sebastiano nemico dell’ipocrisia, da vero soldato di Gesù Cristo, confessò la sua fede. Per questa nobile e franca dichiarazione, Diocleziano inveisce, lo accusa di tradimento e di ingratitudine: Sebastiano, quindi, malgrado le sue virtù morali e civili, solo perché cristiano, venne condannato a morte. Condotto nel boschetto sacro ad Adone, sul Palatino e legato ad un tronco d’albero, Sebastiano diviene bersaglio di frecce. L’iconografia cristiana, la letteratura, e la tradizione popolare di ogni tempo rappresentano San Sebastiano giovanissimo e trafitto da poche frecce: nelle braccia, nel petto, alle gambe come se gli esecutori, i suoi stessi soldati che lo amavano, avessero tentato di risparmiarlo, mentre gli “Atti” della sua passione confermano che fu trafitto da tanti dardi da poter essere paragonato ad un riccio. Abbandonato sul campo, perché considerato morto, fu ritrovato notte tempo dai compagni di fede. Era notte avanzata quando la pietosa Irene giunse al luogo del martirio per portare via il corpo e dargli onorata sepoltura nelle catacombe: ma quale non fu il suo stupore nel constatare che il martire non era morto. !!! Lo fece quindi portare da alcuni servi nel palazzo imperiale dove ella abitava e qui aiutata dal prete Policarpo, curò le terribili ferite così che Sebastiano in pochissimo tempo tornò a rifiorire. Tuttavia, Sebastiano aveva ormai votato la propria vita a Dio e così un giorno presentatosi a Diocleziano gli gridò: “Diocleziano, sono un uomo uscito dalla tomba per avvertirti che si avvicina il tempo della vendetta ! Tu hai bagnato questa città col sangue dei servi di Dio e la sua collera poserà grave su di te: morrai di morte violenta e Dio darà alla sua Chiesa un imperatore secondo il suo cuore. Pentiti mentre è tempo e domanda perdono a Dio.” Un profondo silenzio, rotto soltanto dalla proclamazione della condanna a morte, seguì queste parole. Come si usava solo per gli schiavi, Sebastiano fu fustigato e annegato
Era il 20 gennaio dell’anno 304 d.C.
Il suo corpo fu gettato nella cloaca che passa sotto la via dei Trionfi, presso l’arco di Costantino. Gli “Atti” narrano che il Santo apparve alla matrona romana Lucina, alla quale chiese di essere sepolto nel sacro recinto presso le spoglie degli apostoli Pietro e Paolo, dopo averle indicato il luogo dove il suo corpo era rimasto impigliato.Lucina ritrovò, con l’aiuto dei cristiani, il corpo di San Sebastiano e lo seppellì con tutti gli onori nel Cimitero ad Catacumbas, meta di venerazione in ogni tempo. Nel IV secolo fu costruita una basilica chiamata “Ecclesia Apostolorum” e tale titolo rimase fino al IX secolo, quando prevalse la denominazione di Basilica di San Sebastiano (sull’Appia Antica a Roma). Le sacre Reliquie sono conservate sull’altare della cripta. La fama di San Sebastiano si propagò rapidamente nell’antichità, nel medioevo, sino al XVI secolo anche come taumaturgo e protettore contro la peste. Papa Caio lo elesse Difensore della Chiesa; di molte corporazioni, come gli arcieri, è il protettore. La gioventù di Azione Cattolica lo ha prescelto come modello di vita. Attualmente è patrono dei Vigili Urbani d’Italia e compatrono di Roma. In questi tempi di dissacrazione e negazione dei valori spirituali e religiosi, umani e sociali, la figura di San Sebastiano è sempre più viva e attuale e la sua intercessione è implorata per aiutare i giovani disorientati e fuorviati, a salvarsi dal peccato.
sabato 2 gennaio 2010
Preghiere
Alla Madonna di Tindari
Bedda Matri du Tunnaru
Bedda Matri du Tunnaru
Siti bedda vicinu e luntanu,
iu vi mannu stu salutu
bedda Matri, datimi aiutu.
Datimi aiutu, cunsigghiu e riparu,
bedda Matri di lu Tunnaru.
E se grazi i vulemu
a Maria arricurremu.
e cu cori ludata sia,
di lu Tinnuru Maria.
Se Maria n’avissi u mantu,
forumu persi tutti quantu,
e cu cori ludata sia,
di lu Tinnuru Maria.
Bedda Matri du Tunnaru
Bedda Matri du Tunnaru
Siti bedda vicinu e luntanu,
iu vi mannu stu salutu
bedda Matri, datimi aiutu.
Datimi aiutu, cunsigghiu e riparu,
bedda Matri di lu Tunnaru.
E se grazi i vulemu
a Maria arricurremu.
e cu cori ludata sia,
di lu Tinnuru Maria.
Se Maria n’avissi u mantu,
forumu persi tutti quantu,
e cu cori ludata sia,
di lu Tinnuru Maria.
venerdì 1 gennaio 2010
Storia di Barcellona Pozzo di Gotto
In origine Barcellona Pozzo di Gotto era composta da due semplici Casali: quello sulla sponda destra del Longano, che prendeva nome da un pozzo esistente nei pressi della chiesa di San Vito e da un certo Nicolò Goto, messinese, stabilitosi in quel sito verso il 1463; quello sulla riva sinistra della medesima fiumara, che traeva nome da una certa Graziosa Barsalona. A quei tempi, Pozzo di Gotto, apparteneva al territorio di Milazzo; mentre la contrada in cui sorgeva Barcellona, apparteneva al territorio di Castroreale.
Nel 1639, Pozzo di Gotto, ottenne l'autonomia, Barcellona invece, dovette attendere ancora per quasi due secoli, per ottenere l'Autonomia (15 Maggio 1815).
Il 1° Maggio 1836, per decreto reale del 5 Gennaio 1835, i due Comuni si unirono, sotto la denominazione di Barcellona Pozzo di Gotto.
Non mancano, a Barcellona, antichissime contrade nobilitate dalla presenza di importanti civiltà, come la greca, l'araba, la normanna. La più ragguardevole di queste contrade, è Gala, sia perchè fu uno dei centri più antichi di cultura della Sicilia, sia perchè sede di un vecchio Monastero, sia perchè, secondo un'antica tradizione popolare, fu la patria di Santa Venera.
Ma oltre alla contrada Gala, Barcellona vanta la contrada Santa Venera, per la presenza di una Grotta, dove, secondo un'antica tradizione, si sarebbe rifugiata Santa Venera, una giovinetta nativa di Gala, appartenente a famiglia pagana, di nobilissima origine.
Secondo quanto riferisce l'illustre storico Michele Amari, molti nobili feudatari siciliani, sperando di conservare i loro privilegi, passarono alla fede dei conquistatori. Probabilmente la famiglia Venera fu una delle tante che abiurarono il cristianesimo; tuttavia qualcuno della famiglia conservò tenacemente la fede degli antichi padri, e la comunicò alla fanciulla, che si dichiarò "Ancella di Cristo". I fratelli dispiaciuti, si adoperarono per farla rinsavire e, non essendoci riusciti, passarono a vie di fatto. Venera fuggì di casa, rifugiandosi nella Grotta che conosciamo, dove visse diversi anni ignorata dalla famiglia. Finalmente scoperta, subì il martirio per mano dei feroci fratelli. Sulla Grotta venne eretto un tempietto in onore della Santa, dove i Monaci Basiliani, che furono coloro che diffusero nella contrada il culto della Martire, celebravano la Messa in rito greco - bizantino Barcellona Pozzo di Gotto ha dato i natali a Placido Mandanici, uno dei più apprezzati musicisti del melodramma italiano del primo ottocento. Le sue opere, specialmente "Il Bontempone di Porta Ticinese", "Il Segreto" e "Maria degli Albizzi", furono rappresentate nei maggiori teatri italiani, fra cui il "San Carlo" di Napoli, e il teatro "Alla Scala" di Milano.
Oggi Barcellona Pozzo di Gotto è popolata da circa 45.000 abitanti.
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