lunedì 21 dicembre 2009

Benedetto Musolino


BENEDETTO MUSOLINO PATRIOTA CALABRESE DIMENTICATO

"Ad attendere lo sbarco dei garibaldini a Melito Porto Salvo, il 18 agosto 1860, c'era il colonnello Benedetto Musolino, di Pizzo Calabro, cittadina turistica del vibonese, con un drappello di circa 200 uomini, uomini, che lo stesso Garibaldi aveva precedentemente inviato per facilitare le operazioni dopo aver disorientato le truppe borboniche di stazza a Reggio Calabria" . A sostenerlo il professore Saverio Di Bella, docente di storia moderna all'Universita' di Messina che assieme allo storico Paolo Alatri ha organizzato e diffuso le opere del patriota calabrese che erano rimaste inedite. Saverio Di Bella, che ha appena pubblicato con un'ampia prefazione gli "Scritti politici e militari su Garibaldi" editi dalla "Zaleus", ha lamentato come Benedetto Musolino, strettissimo amico di Garibaldi ed in continua polemica con Mazzini, continua ad essere ignorato dalla storia nonostante importantii storici come Giuseppe Berti, negli anni '60/'70, siano stati a Pizzo Calabro per approfondire la vita e le opere del patriota e studioso. Ed a tale proposito Di Bella ricorda che dopo l'Unita' d'Italia Benedetto Musolino venne eletto deputato al Parlamento e cheo, in tale ruolo, sostenne, tra l'altro, che gli Ebrei, per prima cosa, avrebbero dovuto recuperare la loro lingua per potersi riconoscere come popolo.

Ma Chi era Benedetto Musolino?

Benedetto Musolino (Pizzo, 8 febbraio 1809 – Pizzo, 15 novembre 1885) è stato un patriota e politico italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XIV legislatura. Nato e cresciuto in una famiglia di idee liberali ed antiborboniche, incominciò ben presto a manifestare la sua impazienza politica prima al liceo-ginnasio di Monteleone (oggi Vibo Valentia) e poi a Napoli ove studiò giurisprudenza. A Napoli conobbe uomini di cultura e intellettuali dalle idee politiche avanzate e progressiste. Benedetto intraprese un viaggio a Costantinopoli ospite del Visir e fu a lungo suo consigliere; ma deluso, per non essere stato ascoltato in molti suggerimenti di carattere economico-amministrativo, rientrò a Napoli con l'intenzione di organizzare una setta di cospiratori contro la tirannide borbonica. Nel 1832 fonda, nel Regno delle due Sicilie, la Setta detta dei Figlioli della Giovine Italia, di cui egli scrisse il Catechismo e diresse il governo durante sette anni. Sebbene era quasi identica a quella di Giuseppe Mazzini, pur inseguendo gli stessi ideali, era diversa sia nell'organizzazione che nella condotta. L'8 maggio 1839, in seguito al tradimento di due affiliati venne arrestato e con lui presero la via del carcere il fratello Pasquale, Luigi Settembrini, Raffaele Anastasio, Saverio Bianchi. Nell'ottobre del 1848, dopo tre anni e mezzo di carcere, furono liberati e imposto ad ognuno di raggiungere il proprio paese. Benedetto a Pizzo veniva sottoposto a stretta sorveglianza; gli era vietato allontanarsi oltre l'abitato anche di giorno, di rimanere fuori di casa dopo il tramonto, di frequentare locali pubblici. Ma anche in un simile stato di violenza, segretamente, cospirò assieme al nipote Giovanni Nicotera, a Felice Sacchi ed Eugenio De Riso coi quali si prodigò per preparare la rivoluzione del 1848. La Rivoluzione lo riabilitò nei giusti diritti politici e civili. Fu eletto per la circoscrizione di Benedetto Musolino, in qualità di deputato, fu uno dei 64 segnatari della menzionata solenne Protesta del 15 maggio contro lo spergiuro Re Ferdinando II di Borbone, che sciolse poi il Parlamento colla forza brutale. Repressa nel sangue la protesta di Napoli, Musolino passò in Calabria e si diede ad organizzare, in qualità di esperto per la guerra, la difesa del Governo Provvisorio creato a Cosenza. La reazione borbonica fu spietata; gli insorti non furono risparmiati. Palazzo Musolino fu saccheggiato ed incendiato; passati per le armi il vecchio genitore di Benedetto, fucilato il fratello primogenito Saverio scoperto in un sotterraneo; la madre, un altro fratello e la cognata morti pochi mesi dopo di crepacuore; tutte le altre proprietà urbane e rurali messe a ruba e devastate. Dopo due mesi di lotta, essendo stata compromessa l'insurrezione calabrese, Benedetto Musolino prese la via dell'esilio. E nel luglio 1848, col fratello Pasquale e il nipote Giovanni Nicotera, volontari al campo, cogli altri membri del Governo Provvisorio e con altri principali compromessi imbarcatosi alla spiaggia di Botricello in una piccola barca peschereccia, veleggiò, alla volta di Corfù, dove arrivò felicemente. Condannato alla pena di morte iniziò la sua vita di patriota, prendendo parte attiva col grado di maggiore e colonnello, alla rivoluzione romana del 1849; per sfuggire alle diverse polizie segrete che gli davano la caccia dovette rifugiarsi in Piemonte, in Inghilterra e in Francia ove visse in miseria e per potersi guadagnare da vivere dava lezioni private d'italiano. Saputo in Francia della spedizione dei Mille, senza indugiare si portò a Palermo ed il 5 luglio 1860 si presentò a Garibaldi il quale lo conosceva già e lo arruolò subito col grado di colonnello brigadiere. Combatté a Reggio Calabria, Piale di Villa S.Giovanni, Soveria Mannelli, Capua meritandosi la stima dei calabresi; una volta unita l'Italia, fu eletto deputato al Parlamento Nazionale. "Già deputato delle Province Meridionali, del 1848, al Parlamento di Napoli; coprì ininterrottamente tutte le legislature, che si ebbero dal 1861 al 1881. Fu deputato neI Parlamento di Torino, Firenze ed infine a Roma, finalmente capitale del nuovo regno. Il 12 giugno 1881, venne nominato senatore del regno ma nel settembre 1883, per causa di salute, dovette ritirarsi a Pizzo ove trascorse, dopo una vita tanto interessante e movimentata, gli ultimi anni assieme ai suoi nel rispetto dei concittadini.






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