lunedì 21 dicembre 2009

Vittorio Emanuele II°



Vittorio Emanuele era il primogenito di Carlo Alberto di Savoia-Carignano e di Maria Teresa d'Asburgo Lorena. Nacque a Torino nel palazzo della famiglia paterna e appena nato seguì il padre a Firenze, dove soggiornò per alcuni anni.
Partecipò alla Prima guerra d'Indipendenza agli ordini del padre e in seguito alla sconfitta di Novara (23 marzo 1849), quando Carlo Alberto abdicò, si ritrovò sulle spalle la responsabilità del regno.
In questa occasione si dimostrò risoluto con il maresciallo Radetzky, evitando al Piemonte un'umiliazione più pesante.
Umiliazione e distruzione che invece Vittorio Emanuele non esitò ad infliggere a Genova, che s'era ribellata al Regno Sabaudo, e che fu per questo assediata, pesantemente bombardata (incluso l'ospedale) ed infine abbandonata al saccheggio dei bersaglieri del generale Alfonso La Marmora, appena sconfitti dagli austriaci ed inviati dal giovane re a riprendere il controllo della città. Vittorio Emanuele, compiaciuto, scrisse in francese una lettera d'elogio al La Marmora (aprile 1849), definendo il popolo genovese in lotta per riconquistare la propria antica indipendenza - perduta dopo secoli ad opera delle truppe Francesi 1797 - "vile e infetta razza di canaglie" (vile et infecte race de canailles).
Fu principe di Piemonte, duca di Savoia e re di Sardegna dal 1849 al 1861 e re d'Italia dal 1861 al 1878. Durante gli anni che lo separano dalla proclamazione a re d'Italia fu affiancato da validi ministri quali Massimo D'Azeglio e Camillo Benso conte di Cavour che modernizzarono il regno (sino ad allora tra i più arretrati dell'Italia preunitaria) e portarono la questione italiana agli occhi delle grandi potenze liberali partecipando nel 1854 alla guerra di Crimea contro la Russia a fianco di Francia e Inghilterra.
In questo modo il piccolo regno di Sardegna ottenne visibilità sul piano internazionale al congresso di pace che si svolse a Parigi.
Queste manovre politiche portarono agli accordi di Plombières del 1858 con i quali la Francia si impegnava ad intervenire militarmente in Italia qualora il Regno di Sardegna fosse stato attaccato per liberare il Lombardo-Veneto.
In seguito ad alcuni espedienti messi in atto da Cavour nel 1859 (Accordi di Plombières, 1858) scoppiò la Seconda guerra d'Indipendenza condotta a fianco dei francesi di Napoleone III e che portò alle vittorie di Magenta, Solferino e San Martino.
In seguito all'armistizio di Villafranca voluto da Napoleone III i dissapori tra il re e Cavour spinsero questi alle dimissioni.
Nel frattempo il re non ostacolava la spedizione dei Mille (1860) di Giuseppe Garibaldi ma fu costretto a partire con l'esercito piemontese per fermarlo nel momento in cui il generale dimostrò l'intenzione di attaccare Roma, posta sotto la protezione della Francia di Napoleone III, la quale attraverso Vittorio Emanuele (che era essenzialmente francofono) vedeva finalmente coronato il proprio disegno, lungamente perseguito, di controllo del resto d'Italia e del Mediterraneo occidentale in concorrenza con le analoghe mire britanniche.
I due si incontrarono presso Teano. In seguito a referendum in tutte le zone insorte del nord Italia Vittorio Emanuele fu proclamato primo re d'Italia per Grazia di Dio e volontà della Nazione il 17 marzo 1861 dal nuovo Parlamento italiano a Torino che diventava la prima capitale d'Italia. La nuova nazione, che usciva dagli anni del Risorgimento, raggiungeva la sua unità, almeno sul piano formale.
Vittorio Emanuele II guidò nel 1866 la terza guerra d'indipendenza combattendo al fianco della Prussia contro l'Austria, conclusasi con l'annessione del Veneto all'Italia; dopo aver tentato invano di risolvere pacificamente la crisi con Roma, quando il presidio francese abbandonò Roma a seguito della disastrosa sconfitta della Francia nella guerra Franco-Prussiana, appoggiò, sia pure in maniera riluttante, l'azione dei bersaglieri nell'assalto di Porta Pia (20 settembre 1870).
Entra in Roma solennemente il 2 luglio 1871.
Dopo la fine dello Stato Pontificio si trasferì da Firenze, divenuta capitale nel 1864, a Roma, divenuta nuova capitale, insediandosi al Palazzo del Quirinale.
Il compimento dell'unificazione italiana gli procura l'appellativo di Padre della Patria.

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