All’alba dell’11 maggio i due vapori passano fra l’isola di Favignana e Marittimo. Grazie alle informazioni ricevute da un pescatore locale sull’assenza della marina borbonica che si era spostata a sud-est in direzione di Sciacca, virano verso il porto di Marsala. Qui le navi garibaldine approdano aiutate dalla presenza di navi inglesi che impediranno ai borbonici, giunti nel frattempo, di aprire il fuoco contro i garibaldini.
Tre giorni dopo, il 14 maggio, a Salemi Garibaldi incontra una popolazione entusiasta e dichiara di assumere la dittatura democratica della Sicilia in nome di re Vittorio Emanuele II. Nel frattempo il generale borbonico Francesco Landi lo aspetta appena fuori la città con 2800 uomini, 4 cannoni e reparti di cavalleria per fermare gli invasori. I Mille, affiancati dai “picciotti” hanno un primo scontro nella battaglia di Calatafimi il 15 maggio. In un primo momento sembrava che le forze garibaldine fossero destinate alla sconfitta, tanto che Nino Bixio suggerì a Garibaldi la ritirata. Il generale, pare, rispose con le celebri parole riportate da Giuseppe Cesare Abba: “Qui o si fa l’Italia o si muore”.
I morti sono numerosi da una parte e dall’altra ma le truppe borboniche si ritirano verso Calatafimi. Garibaldi dirà: «La vittoria di Calatafimi fu d’un risultato immenso per l’effetto morale, incoraggiando le popolazioni e demoralizzando l’esercito nemico».
La battaglia di Calatafimi
Da quel momento il destino dell’Italia è segnato. I garibaldini, aiutati anche dall’insurrezione popolare di Palermo, riescono a conquistare anche la città. Siamo al 30 maggio del 1860 e i volontari al seguito di Garibaldi riescono facilmente nell’impresa grazie al fatto che le truppe borboniche, attestate alle porte di Palermo, pensavano di essere in periodo di tregua.
Seguirono scontri cruenti, in cui furono feriti uomini valorosi come Benedetto Cairoli e Nino Bixio. Ma alla fine i garibaldini presero il comando della zona e rimasero lì, riorganizzandosi, per circa due mesi. Fu in questo momento che venne costituito l’embrione di quello che verrà chiamato l’esercito meridionale.
Il 20 luglio fu poi la volta della battaglia di Milazzo e poi della conquista di Messina. Possiamo dire che alla fine di luglio Garibaldi aveva campo libero verso il continente e iniziò, infatti, a preparare il passaggio verso la Calabria. I Borbone lo aspettavano a Reggio ad armi spiegate ma Garibaldi li prese in contropiede, facendo un tragitto più lungo e sbarcando a Melit Porto Salvo con al seguito circa ventimila volontari. Siamo al 19 agosto.L’esercito borbonico era ormai inerme e demotivato e per i garibaldini non fu difficile sconfiggerlo in pochi giorni. A inizio settembre i volontari iniziarono a risalire la penisola e il re Francesco II decise di abbandonare Napoli (capitale del regno delle due Sicilie) attestando l’esercito tra Gaeta e Capua. Il 7 settembre Garibaldi entrò quindi trionfante a Napoli, accolto come un liberatore.
Tutto il restante mese di settembre fu sfruttato dai garibaldini per sconfiggere anche quell’ultimo avamposto di esercito borbonico attestato nei pressi del fiume Volturno. La battaglia cruciale, chiamata appunto battaglia dei Volturno, avvenne alla fine di settembre. Garibaldi e i suoi volontari riuscirono a sconfiggere il battaglione borbonico composto da ben 50 mila soldati.
A questo punto ai garibaldini si andarono ad aggiungere anche gli uomini dei corpo di spedizione sardo, ridiscesi dall’Italia centrale dove avevano sconfitto l’esercito papalino nella battaglia di Castelfidardo, annettendo poi con dei “plebisciti” al Regno di Sardegna le Marche e l’Umbria.
Il 21 ottobre si tennero poi i primi “plebisciti” ovvero i referendum con cui la popolazione venne chiamata a decidere l’annessione del Regno delle due Sicilie in quello di Sardegna. La vittoria dell’annessione fu schiacciante.Dopo l’unificazione tra i due regni avvenne, il 26 ottobre 1860, lo storico incontro a Teano tra Giuseppe Garibaldi e il futuro re d’Italia Vittorio Emanuele II. Questa data segna la fine, gloriosa, dell’impresa dei Mille. Il re scendeva dall’Italia centrale, dove aveva sconfitto l’esercito papalino. Garibaldi si dirigeva verso Roma, dopo aver conquistato il Regno delle due Sicilie. L’incontro, che si dice non sia avvenuto a Teano bensì presso il ponte di Caianello, nella frazione di Borgonuovo, segnò l’adesione di Garibaldi alla politica dei Savoia e contemporaneamente la fine delle speranze che si potesse fondare una repubblica meridionale di stampo mazziniano.
Il re ottenne l’annessione del regno del sud, Garibaldi ottenne che i volontari garibaldini entrassero, dopo una selezione, nell’esercito regolare sardo, con il medesimo grado rivestito nella spedizione. A ottobre, dunque, si ritirò a Caprera.
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