Nellʼanno del 150° dell’Unità d’Italia leggere libri che narrano delle imprese dei nostri eroi risorgimentali è sicuramente cosa buona e giusta (anche perché una parte, una gran parte, dei nostri compatrioti non conosce una virgola della storia risorgimentale italiana) ma bisogna anche stare attenti a cosa si legge. In Il libretto rosso di Garibaldi gli autori, Pier Paolo e Massimiliano Di Mino, vanno ben al di là della semplice biografia di Giuseppe Garibaldi, per darne una visione abbastanza inedita. Nel loro testo, gli autori hanno raccolto una serie di pensieri, discorsi, proclami e scritti politici, estratti di lettere, che l’Eroe dei due mondi scrisse e indirizzò a molte diverse personalità della politica internazionale dell’epoca, ma anche dellʼeconomia, del giornalismo, del mondo del lavoro. Da questo testo non viene fuori la classica visione edulcorata del Garibaldi eroe del Risorgimento e padre della patria, ma conosciamo un Garibaldi diverso, più di parte: il Garibaldi fervente socialista. Il saggio racconta della formazione politica dellʼeroe di Caprera, vicino alle posizioni di Émile Barrault, seguace di Saint-Simon, padre del socialismo utopistico. Scopriamo così un Garibaldi sostenitore di un socialismo patriottico, che allo stesso tempo portava con sé una modernissima idea di Europa libera e democratica. Ovunque ci fosse un popolo oppresso o in lotta per la propria libertà, Garibaldi non faceva mai mancare il suo apporto e il suo sostegno, sia con la sua presenza, quando gli era possibile, sia con le sue parole. Alcune di queste parole sono contenute nel saggio, testimoniandoci la modernità e la grande attualità della visione politica e sociale dell’eroe nizzardo. Un chiaro esempio lo ritroviamo nella lettera diretta alle potenze europee del tempo, in cui Garibaldi prefigura chiaramente unʼEuropa unita fondata su pace e fratellanza. Le parole più dure Garibaldi le riserva alla Chiesa e al clero ma ciò non deve farci pensare ad un Garibaldi ateo. La sua visione religiosa univa il Dio laicamente inteso come “Grande Architetto” (idea propria della Massoneria) con la Ragione di aristotelica memoria. Per Garibaldi, la religione è un fatto privato che deve rimanere tale, soprattutto perché il sentimento religioso non può essere posto sotto il controllo di un sacerdote intermediario. Appare chiaro quindi il costante appello alla libertà di coscienza e allʼautonomia spirituale di ogni individuo. Molto celebre, ma allo stesso tempo estrema, lʼaffermazione di Garibaldi rivolta ai preti:
Se esistesse una società del demonio, che combattesse despoti e preti, certamente mi arruolerei nelle sue file.
Nel quinto capitolo conosciamo il Garibaldi “operaio”, che vediamo sempre al fianco degli operai nelle prime lotte di rivendicazione sindacale e ciò che sorprende è la grande quantità di associazioni, sindacati, circoli, società operaie che riconoscevano a Garibaldi il titolo, quasi sempre onorifico, di loro presidente. Appare inoltre sorprendentemente moderna la visione garibaldina del lavoro come strumento di liberazione dei popoli e come spina dorsale della nuova Italia unita, concetto che sarà ripreso poi anche nella nostra Costituzione dopo le rovine della guerra, a testimonianza della grande modernità di Garibaldi. Leggere un testo come questo aiuta a conoscere meglio la figura di uno dei nostri più grandi padri della patria, per avere uno sguardo più profondo sul suo pensiero politico, sul suo sogno di una Italia e di un’Europa libere e democratiche e per capire quanto sia ancora attuale questo messaggio. L’unico neo sta forse nellʼaver posto i diversi pensieri e discorsi in ordine sparso, mentre magari sarebbe stato più interessante proporli in ordine cronologico, ma questa è una scelta degli autori che non mi sento di criticare fino in fondo.
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