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martedì 31 gennaio 2012
I fermenti rivoluzionari del Risorgimento italiano
Con il termine di Risorgimento Italiano si definisce quella lunga serie d'avvenimenti culturali, politici e militari, che portarono l'Italia a conquistare l'indipendenza e l'unità nazionale.I primi fuochi insurrezionali, si manifestarono sottoforma di moti, di popolo, manifestazioni contro l'esosità dei governi, ma con scarso risultato.Furono quindi fondate due società segrete: la Carboneria e la Giovine Italia di ispirazione liberale.La prima, acquisì questo nome perché, per comunicare tra loro, i membri, parlavano il dialetto dei carbonari.La seconda, invece, fu fondata da Mazzini, che voleva, unificare non solo l'Italia ma anche l'Europa, cosa che sta avvenendo, in parte, solo ora.
Salasco, Carlo Canera
Salasco, Carlo Canera di. - Generale piemontese (Torino 1796 - Vercelli 1866). Dal 1838 appartenente allo stato maggiore generale, il 29 marzo 1848, nel corso della prima guerra di indipendenza, assunse la carica di capo di Stato Maggiore dell'armata operante. Dopo le giornate di Milano, che posero fine alla campagna, il 9 ag. firmò con il gen. J. von Hess, capo di Stato Maggiore del gruppo di armate operanti in Italia, l'armistizio che porta il suo nome (armistizio S.), che concluse la prima fase della guerra. Una successiva commissione di inchiesta si pronunciò contro il suo operato nella preparazione della guerra e nella condotta delle operazioni.
lunedì 30 gennaio 2012
Martini Salasco Maria
Piemontese, figlia del conte generale Salasco, Maria prese parte, giovanissima, alle cinque giornate di Milano. In seguito sposò il conte Martini Giovio della Torre di Crema. In seguito alla separazione coniugale, il padre la chiuse in un convento, dal quale Maria fuggì per rifugiarsi in Inghilterra, dove entrò in contatto con gli esuli italiani. A Londra, nel 1854, si incontrò per la prima volta con Garibaldi, dal quale rimase affascinata. Nel 1860 partecipò alla spedizione dei Mille: la incontriamo a Marsala, vestita con la divisa delle "Guide", e con un gruppo di patriote di Milazzo, con le quali si dedicò alle ambulanze militari, segnalandosi per il suo coraggio. Quando, durante il carico delle truppe garibaldine, alcune navi borboniche si avvicinarono alla riva di Milazzo, aprendo un terribile fuoco, Maria, con grande prontezza, irruppe a cavallo con la sciabola sguainata tra gli artiglieri che fuggivano sotto il fuoco nemico, riconducendoli alle loro postazioni. Scesa di sella, ella stessa puntò un cannone contro il nemico. Quando un medico garibaldino, a seguito di disaccordi sui metodi di cura, la fece espellere dall'infermeria, si ritirò dalla vita militare. Morì anziana, nel Canton Ticino.
domenica 29 gennaio 2012
Enrico Besana
Enrico Besana nacque a Milano da Felice Maria e Giulia Ciani. Studente presso la facoltà di Medicina di Pavia, si laureò nel 1840. In questo periodo, essendosi iscritto alla Giovane Italia, svolse attività di propaganda patriotica all'Università ed ebbe problemi con la Polizia per aver preso parte a dimostrazioni studentesche. Partecipò alle Cinque giornate di Milano come capitano della guardia civica, e nel 1849 si arruolò volontario nell'esercito piemontese, con il quale combattè alla Bicocca. Nel 1859, dopo aver partecipato alle azioni militari di Varese e San Fermo con Garibaldi, ottenne da quest'ultimo il compito di gestire, insieme a Finzi, la raccolta dei fondi per il milione di fucili, sulla quale pubblicarono un Resoconto di tutta la gestione del fondo del milione di fucili (1861). Nel 1860 Besana fu eletto deputato per la VII legislatura nel Collegio di Cassano d'Adda, e nel 1866 prese parte alla guerra contro l'Austria. Durante l'arco della sua vita Besana compì numerosi viaggi in varie parti del mondo, India, Cina, Giappone, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, e collaborò con diverse pubblicazioni milanesi specializzate nel campo come Il Giro del mondo, Giornale popolare di viaggi, L'Esploratore, L'Universo illustrato e con i quotidiani Il Corriere di Milano e La Perseveranza, con interessanti descrizioni dei paesi visitati.
venerdì 27 gennaio 2012
Gen.Ettore Perrone
Ettore Perrone nacque a Torino il 12 Gennaio 1789 , discendente da un'importante famiglia Canavese, all’età di sedici anni si arruolò come soldato di fanteria dell’esercito francese nella “Lègion du Midì” composta essenzialmente da soldati Piemontesi, nel 1806 venne ammesso alla scuola militare di Saint-Cyr uscendone con il grado di sottotenente di fanteria. A Wagram venne insignito della stella della Legion d'onore. Dal 1810 al 1811 fu in Spagna come tenente della Giovane Guardia. Il 24 giugno 1811 entrò nel I Granatieri della Vecchia Guardia. Con la definitiva caduta di Napoleone Bonaparte a Waterloo si mise in aspettativa. Partecipò ai moti del 1821; condannato a morte, trovò rifugio in Francia, dove fu accolto nell'esercito, raggiungendo il grado di generale. Una volta rientrato in Italia partecipò per un periodo molto breve alla vita politica del nascente Parlamento Subalpino , l’esperienza di governo si concluse molto rapidamente, tanto da convincerlo a riprendere la carriera militare, Carlo Alberto di Savoia lo nominò comandante della 3ª Divisione di Fanteria del Regno di Sardegna con 12.027 uomini e 16 pezzi d'artiglieria.Sul campo di battaglia, Ettore Perrone portò personalmente alla carica il 15° Fanteria a Vigevano conquistando le posizioni Austriache. A Novara si scontrò con le truppe Austriache perdendo la vita nella tragica battaglia del 23 Marzo 1849.
Il mattino del 23 marzo 1849 , le truppe Austriache del II Corpo d’Armata agli ordini del maresciallo d'Aspre marciano verso Novara. Tra le 10:30 e le 11:00, le vedette della 3ª Divisione Piemontese appostate sul campanile di Santa Maria della Bicocca segnalano l'avanzata nemica. Per buona parte della giornata le truppe Piemontesi arretrano e riconquistano posizioni, ma le indecisioni da parte dei comandi permettono agli Austriaci di guadagnare terreno e ricevere rinforzi. L'Arciduca Alberto, con l'appoggio di pezzi d'artiglieria, fa proseguire l'avanzata e caccia i Piemontesi dalla Cascina Cavallotta (situata nel sobborgo della Bicocca a sud di Novara) procedendo verso Villa Visconti. Il generale Ettore Perrone cerca di contrastare l’avanzata ma a mezzogiorno D'Aspre fa entrare in linea la brigata “Stadion” con 4 pezzi d'artiglieria e il 2º battaglione volontari “Città di Vienna”, i Piemontesi reggono all’attacco ma le truppe sono state decimate e sotto il fuoco incessante dei cannoni austriaci. Il generale Perrone consapevole del crollo del fronte per mancanza di soldati si scaglia a cavallo sui resti della prima linea , ma viene colpito dalla fucileria austriaca .Ettore Perrone di San Martino agonizzerà per sei lunghi giorni morendo per le ferite riportate alle quattro pomeridiane del 29 marzo
Il mattino del 23 marzo 1849 , le truppe Austriache del II Corpo d’Armata agli ordini del maresciallo d'Aspre marciano verso Novara. Tra le 10:30 e le 11:00, le vedette della 3ª Divisione Piemontese appostate sul campanile di Santa Maria della Bicocca segnalano l'avanzata nemica. Per buona parte della giornata le truppe Piemontesi arretrano e riconquistano posizioni, ma le indecisioni da parte dei comandi permettono agli Austriaci di guadagnare terreno e ricevere rinforzi. L'Arciduca Alberto, con l'appoggio di pezzi d'artiglieria, fa proseguire l'avanzata e caccia i Piemontesi dalla Cascina Cavallotta (situata nel sobborgo della Bicocca a sud di Novara) procedendo verso Villa Visconti. Il generale Ettore Perrone cerca di contrastare l’avanzata ma a mezzogiorno D'Aspre fa entrare in linea la brigata “Stadion” con 4 pezzi d'artiglieria e il 2º battaglione volontari “Città di Vienna”, i Piemontesi reggono all’attacco ma le truppe sono state decimate e sotto il fuoco incessante dei cannoni austriaci. Il generale Perrone consapevole del crollo del fronte per mancanza di soldati si scaglia a cavallo sui resti della prima linea , ma viene colpito dalla fucileria austriaca .Ettore Perrone di San Martino agonizzerà per sei lunghi giorni morendo per le ferite riportate alle quattro pomeridiane del 29 marzo
giovedì 26 gennaio 2012
Fra' diavolo (Itri 1771, Napoli 1806)
Fra' Diavolo è sicuramente il personaggio nato a Itri più noto al mondo. Il suo vero nome è Michele Pezza, deve il suo soprannome ad un maestro che lo apostrofò Fra' Diavolo perché lo faceva disperare e all'abito da frate che la madre gli fece indossare da piccolo come voto per una grazia ricevuta..Fu un temibile brigante che si macchiò di numerosi omicidi, ebbe la grazia arruolandosi come colonnello nelle truppe di re Ferdinado IV difendendo così la corona borbonica, per questi meriti ottenne il titolo di duca di Cassano. Nel 1806 fu imprigionato dai francesi e impiccato l'11 novembre in piazza del Mercato a Napoli.Numerose sono state le opere a lui ispirate, tra cui si ricorda l'opera lirica Fra' Diavolo composta da Auber nel 1830 o l'omonimo film interpretato da Oliver Hardy e Stan Laurel.
mercoledì 25 gennaio 2012
Pietro Scaratti
Pietro Scaratti è l’altro eroico garibaldino medolese che ha partecipato alla leggendaria spedizione dei “Mille” a fianco dell’eroe dei Due Mondi.Dotato di un’ardente fede patriottica, nel 1859, all’età di 18 anni, Pietro Scaratti, abbandonò l’università di Pavia, dove frequentava le facoltà di matematica e fisica, e fuggì con Garibaldi entrando a far parte dei Cacciatori delle Alpi, combattendo a Varese, San Fermo e Tre Ponti.Nel 1860 si arruolò coi volontari garibaldini alla conquista del Regno delle Due Sicilie.Imbarcatosi a Quarto il giovane e dinamico Scaratti si distinse ancora prima di approdare. Giunti al largo della sponda siciliana, fu scelto con alcuni altri audaci coraggiosi che vennero inviati ad esplorare la costa a bordo di una modesta scialuppa.Scesi a terra, nella notte dal 10 all’11 maggio, a mezzo di segnali luminosi prepararono il fortunato sbarco di Marsala.Anche durante l’avanzata Pietro Scaratti si distinse guadagnandosi una promozione, sul campo per mezzo della quale gli venne affidato il comando di un gruppo di “Picciotti” volontari siciliani che lo seguirono fino alla battaglia conclusiva del Volturno.Al termine della vittoriosa impresa, completò gli studi dopo di che tornò nuovamente con le truppe garibaldine con le quali partecipò a tutte le Campagne per l’Unità d’Italia.Durante la sua permanenza alle armi, Pietro Scaratti raggiunse il grado di Tenente di Fanteria. Addetto ai servizi tranviari, fu autore di un approfondito studio sul movimento ferroviario di linea e gli venne affidato il delicato incarico di dirigente addetto agli smistamenti e trasferimenti delle truppe Piemontesi.Congedato, nel 1872, seguì la carriera didattica alla quale dedicò più di trent’anni della Sua vita e dove ebbe modo di fondere, nelle giovani generazioni, le proprie eccellenti doti di insegnante con quegli ideali patriottici dallo stesso praticati e vissuti nei momenti più decisivi del Risorgimento Italiano.Animatore di benefiche istituzioni, Pietro Scaratti fu per molti anni Amministratore Delegato delle Tramvie a vapore Brescia-Mantova-Ostiglia. Incoraggiò opere di progresso sociale e fu per varie legislature consigliere, assessore e Vice Sindaco del Comune di Medole. Fondò la Società dei Militari in Congedo e ne fu Presidente onorario sino alla Sua scomparsa avvenuta in Medole il 14 gennaio 1912.Nel voluminoso carteggio conservato nell’Archivio di Famiglia, delicatamente custodito dalla nipote SignoraAmietta Scaratti, coniugata Gem. Augusto Baguzzi di Asola, si nota una nutrita documentazione con decreti, riconoscimenti, brevetti e medaglie. Nelle Sue corrispondenze figurano nomi illustri del passato: Garibaldi, Edmondo De Amicis, Deputato Alceo Pastore – On. Enrico Ferri, Deputato al Parlamento e molti altri personaggi noti dell’epoca.
martedì 24 gennaio 2012
Giovanni Buzzacchi
Fervente patriota, interruppe gli studi per arruolarsi volontario, con Garibaldi, nell’eroica spedizione dei “Mille” nel 1860.Durante tutta la Campagna il valoroso garibaldino medolese si distinse, ovunque, nei più aspri scontri combattuti a Calatafimi, Palermo e Milazzo, meritando encomi ed onorificenze.Rientrato in famiglia riprese gli studi presso l’Università di Pavia.A pieni voti ottenne la laurea in medicina dopo di ché tornò nuovamente al seguito delle truppe garibaldine, per espresso invito dello stesso Garibaldi, che lo scelse come medico di fiducia ed al quale affidò importanti incarichi coordinativi e chirurgici, nei pronti interventi, in soccorso dei feriti della Campagna Trentina del 1866.Fu trai i primi ad accorrere in aiuto del valoroso Colonnello mantovano Giovanni Chiassi, morto a Bezzecca in seguito alle gravi ferite riportate in combattimento.Al termine del conflitto riprese la carriera medica. Esperto specialista applicò l’acuto ingegno alle discipline chirurgiche e fu per ventitre anni primario dell’Ospedale Civile di Mantova ove ebbe il privilegio di introdurre, nei suoi interventi, il nuovo metodo di sterilizzazione e prevenzione delle infezioni.La celebrità dell’evoluto chirurgo medolese raggiunse i più alti vertici della notorietà e la Sua morte venne vistosamente annunciata e diffusa, dalla Gazzetta di Mantova e dai maggiori quotidiani lombardi, all’indomani della scomparsa, avvenuta in Medole.In occasione dell’esumazione della salma, con l’annuncio funebre, accanto ai resti mortali, è stata trovata una fotografia di Garibaldi che il Buzzacchi orgogliosamente volle con sé anche dopo la morte.La sua personalità è ricordata con una via medolese intitolata a Suo nome e con una lapide posta sulla facciata dello stabile di Via San Martino (ora proprietà Porrini ), che fu Sua dimora e dove morì il 21 gennaio 1900.
lunedì 23 gennaio 2012
1820/1821: L'indipendenza Greca
La lotta greca contro l’impero ottomano fu l’unica tra le altre rivoluzioni del 1820/21 che si concluse con un clamoroso successo. Cominciata nel 1821 e prolungatasi per quasi un decennio vide vincitrice la Grecia che ottenne l’indipendenza.Fautrice della rivolta fu la società segreta Euteria che godeva dell’appoggio della borghesia mercantile e, in seguito anche del popolo. Le prime battaglie videro vittoriosi i turchi che con delle sanguinose repressioni riuscirono a frenare il moto rivoluzionario. Determinante fu però l’aiuto che le potenze europee offrirono alla Grecia, preoccupate per le discriminazioni politiche e sociali subite dai cristiani ortodossi e principalmente perché attratte dai possedimenti turchi nei territori dei Balcani. Da una parte Francia, Inghilterra e Russia fiancheggiarono la Grecia, mentre l’Austria, che vedeva nell’impero Ottomano un elemento determinante per l’equilibrio europeo rimase più tiepida.La battaglia decisiva si svolse nel luglio 1827 a Navarino, durante la quale le potenze europee distrussero la flotta turco-egiziana. L’impero ottomano fu così costretto a firmare la pace di Adrianopoli nel 1829 che riconosceva l’indipendenza della Grecia. Nasceva così un nuovo Stato al quale le grandi potenze imposero un governo di tipo monarchico-assolutista.Cominciò da qui il declino del grande e potente impero ottomano e la fine della Santa Alleanza.
domenica 22 gennaio 2012
I moti rivoluzionari del 1820 in Europa
Il primo forte scossone all’assetto politico europeo, stabilito nel Congresso di Vienna, fu dato dai moti rivoluzionari del 1820.Il 1° Gennaio 1820 nel porto di Cadice l’esercito spagnolo in partenza per sedare le rivolte che insanguinavano il Sud America si ammutinarono. Ben presto altri reparti si unirono all’insurrezione e il re fu costretto a concedere la costituzione liberale del 1812. Nell’Estate dello stesso anno i moti si estesero al Portogallo, dove fu concessa la costituzione liberale, al Regno di Napoli e in Sicilia.
Ma se a Napoli furono, come in Spagna guidati e organizzati dai militari e dalle società segrete in Sicilia la partecipazione popolare fu determinante. La massa inferocita decapitò i principi Cattolica e Jaci.
La rivolta siciliana aveva però carattere fortemente indipendentista, così il regno di Napoli inviò un corpo di spedizione militare che sedò la rivolta in pochi giorni.In Piemonte i moti iniziarono nel Marzo 1821, quando alcuni reparti militari si ammutinarono e costrinsero il re ad abdicare. La reggenza fu presa da Carlo Alberto che in un primo momento sembrò voler favorire la rivolta e concedere una costituzione liberale, ma venne ben presto ripreso da Carlo Felice unendosi alle truppe austriache che sconfissero a Novara i rivoluzionari guidati dal conte Santarosa.L’Austria ristabilì l’ordine anche nel Regno di Napoli, mentre della rivolta spagnola si occupò la Francia riportando l’ordine nell’ottobre 1823. In Portogallo fu il re stesso a reprimere i rivoltosi e a riportare l’ordine.L’esperimento rivoluzionario aveva fallito, ma ben presto i liberali di tutta Europa avrebbero ripreso coraggio dagli avvenimenti dell’indipendenza greca.
sabato 21 gennaio 2012
Francesco Sprovieri
Nacque ad Acri (CS) il19 maggio 1826. Si laureò in filosofia e lettere. Venne arrestato per aver preso parte ad una congiura per abbattere il re.Andò in Lombardia con il Generale Guglielmo Pepe e le truppe spedite dal Re di Napoli che poi, dopo l'allocuzione di Pio IX, furono richiamati; egli disubbidì e rimase alla difesa di Venezia.Dopo la caduta di Venezia, andò ramingo per una decina d'anni finché nel '59 fu con i Cacciatori delle Alpi e nel 1860 con i Mille divenne il comandante della 3° compagnia, dopo la rinuncia del barone Stocco.Ferito a Calatafimi, passa da un grado all'altro per meriti di guerra, fino a Tenente Colonnello nel settembre del 1960. Con lo stesso grado entra nel Regio Esercito e nel 1866 ottiene una medaglia d'argento per il valore mostrato a Condino.Verso il 1868 viene iniziato Massone nella Loggia "Universo" di Firenze.
Colonnello della Riserva nel 1888, fu Deputato per il Collegio di Cosenza dal 1874 al 1890.
Il 20 novembre 1891 fu nominato senatore del Regno.
Morì a Roma il 7 febbraio 1900.
venerdì 20 gennaio 2012
La fattoria Guiccioli
La fattoria Guiccioli rappresenta un’epoca molto importante per tutti gli italiani: quella del Risorgimento, periodo cui prevalsero gli ideali italiani e venne cosi fatta l’unificazione dello Stato.
La fattoria Guiccioli entra cosi a far parte di una delle tante tappe del condottiero italiano durante la sua fuga dagli austriaci, i quali lo intercettarono nel bel mezzo del percorso che va da Cesenatico a Venezia. Dopo vari spostamenti avvenutosi in Romagna si trovò ad un certo punto alla fattoria Guiccioli, dove i proprietari gli offrirono ospitalità ed alloggio (aspetto tipico dei romagnoli). Da ricordare che proprio nella fattoria in questione, il 4 agosto del 1849, morì la moglie di Garibaldi, Anita. La fattoria è tuttora visitabile, al piano terra vi si possono notare vari quadri ritraenti Anita e Giuseppe. Al piano superiore invece c’è ancora il letto sopra il quale la moglie del patriota italiano perse la vita.
giovedì 19 gennaio 2012
TESTAMENTO POLITICO DI GIUSEPPE GARIBALDI
Ai miei figli, ai miei amici, ed a quanti dividono le mie
opinioni, io lego:
l'amore mio per la libertà e per il vero; il mio odio per la
menzogna e la tirannide.
Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il
prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il
moribondo e della confusione che sovente vi succede,
s'inoltra e mettendo in opera ogni turpe stratagemma,
propaga con l'impostura in cui è maestro, che il defunto
compi, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di
cattolico.
In conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena
ragione oggi, non voglio accettare in nessun tempo il
ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che
considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in
particolare.
E che solo in istato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io
credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente
di TORQUEMADA.
Luigi Rossetti
Marinaio fu costretto ad espatriare nel 1827. Stabilitosi in Brasile vi fondò una piccola società di navigazione che si dedicò al cabotaggio tra Rio de Janeiro e Capo Frio.Tra la fine del 1835 e il 1836 incontrò Garibaldi e ne divenne amico. Membro della Giovine Italia, si dedicò alla propaganda mazziniana tra gli esuli italiani.Armata una nave per la guerra di corsa che chiamò Mazzini, con Garibaldi combatté per la piccola Repubblica del Rio Grande del Sud. Cadde durante la ritirata delle forze repubblicane.
mercoledì 18 gennaio 2012
Anita Garibaldi
Anita Garibaldi (il cui vero nome completo è Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva) nasce il 30 agosto 1821 a Morrinhos, nello Stato brasiliano di Santa Catarina. Il padre è il mandriano Bento Ribeiro da Silva, la madre è Maria Antonia de Jesus Antunes. I genitori hanno dieci figli e Ana Maria è la terzogenita. Riceve un'istruzione elementare, è molto acuta e intelligente. Il padre Bento muore presto così come tre dei suoi fratelli, per cui la madre Maria Antonia deve occuparsi della famiglia molto numerosa, che è precipitata in una situazione di estrema indigenza, da sola. Le figlie maggiori si sposano in giovane età.Ana sposa Manuel Giuseppe Duarte alla giovane età di quattordici anni nella città brasiliana di Laguna. Il marito svolge più professioni, il calzolaio, il pescatore, avendo degli ideali conservatori. Nel 1839 Giuseppe Garibaldi giunge nella città di Laguna con l'obiettivo di conquistarla in modo tale da fondare la Repubblica Juliana. Si è rifugiato nell'America meridionale, poiché condannato a morte in Italia per avere partecipato ai moti risorgimentali e per essersi iscritto all'organizzazione di Giuseppe Mazzini, la Giovine Italia.Nel momento in cui giunge in Brasile, lo Stato di Santa Catarina vuole rendersi indipendente dal governo centrale brasiliano guidato dall'imperatore Pedro I. In Brasile la situazione politica quindi non è cambiata rispetto all'epoca coloniale. Dopo essere arrivato nella città, nel mese di luglio, la sera stessa Garibaldi conosce Ana, rimanendo molto affascinato dalla sua bellezza e dal suo carattere. Presto deve lasciare la città di Laguna e Ana, dopo avere abbandonato il marito, decide di partire con lui, seguendolo nelle sue avventure.Combatte accanto al compagno Giuseppe e ai suoi uomini, difendendo le armi in occasione delle battaglie via terra e via mare. Nel 1840 partecipa con gli uomini di Garibaldi alla battaglia di Curitibanos, in Brasile, contro l'esercito imperiale. In quest'occasione diventa prigioniera delle Forze nemiche. Crede però che il compagno sia morto in battaglia, per cui chiede ai suoi nemici di poter cercare nel campo di battaglia le spoglie dell'uomo.Non trovando il cadavere, riesce con grande astuzia a fuggire a cavallo per poi ritrovare Giuseppe Garibaldi nella fazenda di San Simon, vicino al Rio Grande do Sul. Nel momento in cui scappa a cavallo tra l'altro è incinta di sette mesi. A Mostardas, vicino a San Simon, il 16 settembre dello stesso anno nasce il loro primo figlio che viene chiamato Menotti per ricordare l'eroe italiano Ciro Menotti. Dodici giorni dopo la nascita del figlio, Ana detta Anita, riesce a salvarsi nuovamente dal tentativo di cattura da parte delle truppe imperiali che hanno circondato la sua casa. Fortunatamente riesce nuovamente a fuggire a cavallo con in braccio il piccolo Menotti.Dopo quattro giorni passati nel bosco, viene ritrovata insieme al figlio da Garibaldi e i suoi uomini. La famiglia Garibaldi vive momenti difficili anche dal punto di vista economico, poiché Giuseppe rifiuta i soldi che gli vengono offerti dalle persone che sta aiutando. L'anno dopo i due coniugi lasciano il Brasile, ancora colpito dalla guerra, per trasferirsi a Montevideo, in Uruguay.Nella città la famiglia prende una casa in affitto. In quegli anni hanno altri tre figli: Rosita che muore alla tenera età di due anni, Teresita e Ricciotti. Nel 1842 la donna e Garibaldi si sposano a Montevideo.Cinque anni dopo Anita, insieme ai piccoli, segue il compagno in Italia. A Nizza i due sono accolti dalla mamma di Giuseppe, Rosa. In Italia diventa la moglie del Generale Giuseppe Garibaldi, che deve guidare il Paese verso un sogno, l'Unità nazionale. Nonostante le difficoltà ad adattarsi al nuovo contesto sociale, per amore del marito soffre in silenzio, mostrando sempre un atteggiamento garbato e cordiale. Quattro mesi dopo l'arrivo in Italia, Giuseppe Garibaldi deve partire alla volta di Milano in occasione dello scoppio dei moti risorgimentali ("Le Cinque giornate di Milano"). Nel 1849 è nominato deputato della Repubblica Romana che è guidata da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.Anita, in quest'occasione, lascia Nizza per partire verso Roma, avendo l'obiettivo di vedere il marito con cui condivide gli stessi ideali rivoluzionari. Quindi torna sul terreno di battaglia molto presto, perché il Papa Pio IX, avendo il sostegno degli eserciti spagnolo, borbonico e francese, mira alla riconquista di Roma.I garibaldini tentano di difendere eroicamente Roma con tutte le loro forze, ma la superiorità degli eserciti che aiutano il Papa è devastante. La Repubblica Romana cade in mano nemica dopo quattro settimane dalla sua nascita.Anita in quel momento si trova al fianco del marito e, dopo essersi tagliata i capelli e vestita da uomo, decide di combattere insieme a lui. I garibaldini hanno come obiettivo quello di lasciare Roma e di raggiungere la Repubblica di Venezia fondata da Mazzini. Il generale italiano e sua moglie attraversano con i loro uomini l'area appenninica, trovando sempre l'aiuto delle popolazioni locali.Durante il viaggio la donna contrae la malaria e nonostante potesse essere anche aiutata dalle popolazioni che le offrono la loro ospitalità, è decisa a continuare il viaggio. I due coniugi e gli altri volontari arrivano a Cesenatico, si imbarcano, ma al loro arrivo a Grado trovano una situazione difficile, poiché iniziano dei cannoneggiamenti.Dopo essere arrivati a Magnavacca, continuano il tragitto a piedi aiutati sempre dalla gente del posto. Dopo tanta fatica, giungono a Mandriole, dove vengono ospitati da Stefano Ravaglia, un fattore. Dopo essere stata stesa su un letto, Anita Garibaldi muore a causa della malaria il 4 agosto 1849. Il corpo della donna viene sepolto dal Ravaglia nel campo chiamato Pastorara. Trovato pochi giorni dopo da tre piccoli pastori, è sepolto senza nome nel cimitero di Mandriole. Dopo dieci anni, Garibaldi si reca a Mandriole per avere le spoglie dell'amata moglie e portarle nel cimitero di Nizza. Nel 1931 il corpo di Anita viene trasferito per volontà del governo italiano nel Gianicolo, a Roma. Accanto a questo è stato eretto in suo nome anche un monumento che la rappresenta a cavallo con il figlio in braccio.
martedì 17 gennaio 2012
Giacinto de' Sivo
La Tragicommedia è il giornale che de' Sivo pubblicò quasi da solo nel giugno 1861 per rianimare il partito borbonico e richiamare l'attenzione sui metodi repressivi e coloniali del regime unitario. Il giornale è una fonte importante di dati e notizie sulla vita in quello che era stato il Regno delle Due Sicilie nel primo periodo dell'occupazione piemontese. La polizia lo soppresse dopo tre numeri.Giacinto de' Sivo nacque nel 1814 a Maddaloni (Caserta) da un ufficiale dell'esercito napoletano. Napoli frequentò la scuola di lingua ed elocuzione di Basilio Puoti. Nel 1848 fu nominato consigliere d'Intendenza della provincia di Terra di Lavoro. Il 14 settembre 1860 de' Sivo rifiutò di rendere omaggio a Garibaldi e fu arrestato. La sua villa, occupata da Bixio e da altri capi garibaldini, fu saccheggiata. Il 1 gennaio 1861 fu arrestato per la seconda volta ed imprigionato per due mesi. Scarcerato, cominciò a pubblicare il giornale La Tragicommedia. Dovette rifugiarsi a Roma. Nel 1861 pubblicò L'Italia e il suo dramma politico e I Napolitani al cospetto delle nazioni civili. Tra il 1862 e il 1867, vincendo enormi difficoltà, pubblicò la Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861. Morì in esilio a Roma nel 1867. E' stato lo storico più lucido ed intransigente dell'Antirisorgimento.
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