Nella spedizione dei Mille di Garibaldi, tra i 21 calabresi, sei erano della provincia di Catanzaro: Emanuele Nicolazzo di Platania, Francesco Stocco di Decollatura, Raffaele Piccoli di Castagna, Alessandro Toja di Gizzeria, Raffaele Carbonari e Alberto De Nobili di Catanzaro. La tradizione storica descrive gli abitanti del di Platania come “ribelli” alle angherie feudali del principe d’Aquino di Castiglione. A Platania si tenne una delle riunioni dei capi della rivolta che si concluse tragicamente il 27 giugno 1848, con il sanguinoso scontro presso il fiume Angitola tra le truppe borboniche, guidate dal generale Nunziante, e gli insorti, guidati appunto dal generale Francesco Stocco. I capi della rivolta, fra cui i platanesi, sacerdote Domenico Cimino, Emanuele Nicolazzo, Domenico Calabria e Gregorio De Fazio, furono arrestati, processati, tra il 1850 ed il 1852, e condannati “alla pena di 25 anni di ferri” dalla Gran Corte Criminale di Catanzaro.Emanuele Nicolazzo, in particolare, era accusato di attentati contro la sicurezza interna dello stato e di aver fatto parte di bande armate organizzate per distruggere e cambiare il governo resistendo contro le milizie reali. Il Nicolazzo che a Platania non era altro che una semplice “guardia nazionale” nei campi di Curinga e Fialdelfia aveva il grado di foriere. Prima che si verificasse lo scontro rovinoso del 27 giugno facevano ritornare in patria per arruolare altra gente.Dopo la disfatta, secondo il resoconto processuale, il Nicolazzo di sentimenti liberali nella piazza di Platania aveva gridato «Viva la libertà».Dopo 11 anni di prigione Nicolazzo, la vigilia del giorno in cui doveva partire con altri condannati per il bagno penale, riuscì ad evadere con il Toja dal carcere di Catanzaro e giunse a Genova, dove fu accolto con sentimenti di stima da Giuseppe Garibaldi, arruolandosi con il grado di tenente insieme con altri 25 volontari platanesi e per il suo valore arrivò ad ottenere il grado di capitano. Il sacerdote Domenico Cimino, invece, non giunse a rivedere la libertà, in quanto morì in ospedale nel 1858, prima di poter essere liberato.«Tra i patrioti calabresi che si distinsero nella spedizione dei Mille, dando un contributo organizzativo ed operativo – afferma lo storico Vincenzo Villella – si distinse l’irriducibile rivoluzionario Emanuele Nicolazzo, promotore dei moti del ’48», che gli costarono il carcere.Dopo la battaglia dell’Angitola, insieme a lui furono arrestati Domenico Calabria, il prete Domenico Cimino e Gregorio De Fazio.La lista con 1090 persone del Ministero della Guerra, pubblicata nel 1864, secondo un’inchiesta istituita dal Comitato di Stato, può essere consultata sul sito. Il comitato fu creato per determinare quanti e quali furono i reali partecipanti a quella storica spedizione. Tutti avevano alle spalle esperienze cospirative; alcuni erano reduci del Corpo dei Cacciatori delle Alpi, come appunto il capitano Nicolazzo, il quale colpito da malattia, ancora giovane all’età di 36 anni morì in patria.
Nessun commento:
Posta un commento