domenica 10 luglio 2011

Il regno delle Due Sicilie

Nel 1713, con la firma della pace di Utrecht, la Sicilia spagnola fu ceduta, con titolo di regno, a Vittorio Amedeo II di Savoia. Dopo un primo momento di soddisfazione per questa investitura da parte dei siciliani, speranzosi di vedere trasformato il regno in punto di riferimento politico per l'unificazione italiana, la nomina andò via via risvegliando l'ostilità dei baroni a causa di una sgradita imparzialità nell'applicazione delle leggi.

Si tornò così a guardare nostalgicamente al governo spagnolo al punto che quando, nel 1718, la Spagna attaccò nuovamente l'isola, trovò ampio consenso tra i nobili; in quella occasione due ingenti eserciti si scontrarono per un anno intero in quella che passò alla storia come la più grande battaglia combattuta nell'isola dai tempi dei romani: la battaglia di Francavilla.
Il sogno di un ritorno spagnolo venne però infranto dall'intervento della Quadruplice Alleanza (Inghilterra, Austria, Province Unite e Francia) che decise la cessione dell'isola all'Impero asburgico.
Dopo sedici anni di dipendenza austriaca, acute tensioni internazionali portarono alla Guerra di Successione polacca: don Carlos (Carlo di Borbone, duca di Parma) vinse sugli austriaci nella battaglia di Bitonto del 1734, riunendo così le sorti della Sicilia a quelle di Napoli.
Divenuto re con il titolo di Carlo III, don Carlos fu salutato con grandi onori; riaprì il palazzo reale di Palermo e introdusse nel regno segni della cultura spagnola, come le corride che si svolsero per tutto il '700 e parte dell'800.
Sotto il figlio di Carlo, Ferdinando, salito al trono di Sicilia nel 1759 con il titolo di Ferdinando III e a quello di Napoli con il titolo di Ferdinando IV, la Sicilia si legò sempre più all'Italia.
Per tutto il secolo XVIII i baroni continuarono a mantenere una forte influenza sul potere politico. La maggior parte dei siciliani viveva sotto la loro diretta giurisdizione; circa una ventina di famiglie possedeva un potere economico
schiacciante e quelle più importanti vivevano in palazzi principeschi.
Tuttavia l'amministrazione generale era condotta all'insegna dell'inettitudine, con alcune importanti eccezioni: il principe di Niscemi fu un attivo uomo d'affari; il principe Biscari di Catania si guadagnò la reputazione di uomo benevolo e dinamico, disponibile ai contatti con il mondo dell'arte, facendo costruire bellissimi musei e lanciando l'industria del lino e del rum.
Molti dei casati nobiliari, pur essendo spesso pieni di debiti, usavano investire ingenti somme negli agi e nella costruzione di auliche residenze: si dice ad esempio che i principi di Valguarnera e di Palagonia avessero pagato rispettivamente 180.000 e 200.000 scudi per le loro ville a Bagheria.
Un secolo di riforme
Il '700 fu il secolo in cui ogni cambiamento nel campo dell'arte e della politica era destinato ad abortire a causa degli schemi conservativi che governavano nella società siciliana. Il genio delle menti più originali era soffocato e spingeva gli artisti a cercare lavoro all'estero; questo fu il destino di artisti illustri quali l'architetto Filippo Juvara, il compositore Alessandro Scarlatti e Cagliostro. Molti erano quelli che si facevano aiutare dai baroni piegandosi così all'ordine costituito.
La speranza di una riforma in campo sociale venne concretizzata nel mondo ecclesiastico: nel 1767 l'ordine dei gesuiti fu espulso e i possedimenti terrieri confiscati, con il pretesto di corruzione, per essere distribuiti ai contadini; anche se alla fine questi latifondi andarono ad ingrandire i possedimenti laici già esistenti. Alcune residenze gesuite furono trasformate in scuole tecniche per i ragazzi più poveri.
Tuttavia le riforme ci furono, anche se piuttosto isolate; una di queste interessò il mondo dell'arte: il fascino che l'isola riscosse attraverso le pagine letterarie di scrittori illuminati, dissolveva lentamente l'isolamento in cui il paese era piombato. Fu soprattutto grazie alle avventure di viaggio raccontate nelle pagine di Patrick Brydone (1773), che la Sicilia venne fissata nell'immaginario collettivo come una terra da esplorare.
Il fascino dell'Illuminismo europero cominciava ad essere evocato dalle letture proibite degli enciclopedisti e dalle traduzioni di opere a carattere filosofico e scientifico, come quelle di Hume e Locke.
Il regno delle Due Sicilie
Fin dall'inizio il dominio dei Borboni eclissò l'antica dignità di regno che la Sicilia aveva saputo conquistare nel tempo, riducendo l'isola ad anonimo territorio di conquista. In questo contesto dilagò un vivo risentimento popolare nei confronti dei viceré, anche quando uno di loro, Domenico Caracciolo, (1781-1786) operò riforme importanti come l'abolizione dell'Inquisizione e la riduzione dei poteri baronali.Soltanto sotto Ferdinando IV i nobili siciliani riuscirono ad ottenere, nel 1812, anche per le pressioni della Gran Bretagna, sotto la cui protezione si era posto il re, una costituzione che rafforzava il loro potere ampliando alcuni privilegi; quando però a Ferdinando IV fu concesso di rientrare a Napoli con la Restaurazione, questa costituzione fu annullata e il re fondò il regno delle Due Sicilie (1816) con il titolo di Ferdinando I.
Questa fusione tolse ai siciliani i pochi privilegi di cui ancora godevano e ogni prerogativa isolana; ne derivò un malcontento generale che si espresse nelle lotte popolari del Risorgimento italiano: Palermo, Catania e Siracusa furono teatro di insurrezioni sanguinose negli anni dal 1831 al 1837.
Esasperati dall'assolutismo borbonico, i siciliani conquistarono la libertà nel 1848 quando Ruggero Settimo, capo della rivoluzione, offrì il regno a Ferdinando Maria Alberto, duca di Genova e figlio di Carlo Alberto, che però non accettò.
Un anno dopo il sogno della Sicilia indipendente venne nuovamente infranto per riaccendersi nel 1860 quando le "giubbe rosse" di Garibaldi, che governava la Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, secondo il proclama di Salemi, contribuì in modo determinante alla liberazione del Mezzogiorno e all'unità d'Italia.

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