Giacinto Scelsi (Collesano, 31 luglio 1825 – Roma, 6 maggio 1902) è stato un politico italiano. Fu senatore del Regno d’Italia nella XVII legislatura. Si laureò giovanissimo in giurisprudenza all’Università di Palermo e partecipò fin da subito in maniera molto attiva alla rivoluzione del 1848. Diresse un giornale molto diffuso e popolare in Sicilia nel quale apparve per primo il famoso nomignolo di “Re Bomba” appiccicato a Ferdinando II, che aveva fatto bombardare le città di Palermo e Messina. Dal governo instaurato dopo la rivolta gli furono offerti elevati uffici ma egli si contentò di andare come commissario straodirnario a Cefalù, tra l’altro senza stipendio. Lasciò la natìa Sicilia quando le truppe borboniche erano alle porte di Palermo e prese la via dell’esilio con Crispi, La Farina ed altri, recandosi in Francia, poi a Genova e finalmente a Torino, dove dimorò dieci anni. Nel 1859 fu a Firenze per compiere una delicata missione presso il Barone Bettino Ricasoli allora Presidente del Governo Toscano e mentre si trovava nel Gabinetto del Barone il telegrafo portò la notizia della vittoria di Solferino e di S. Martino. Ricasoli invitò Scelsi a scrivere un breve articolo su quella strepitosa notizia. L’articolo si concludeva dicendo che quella vittoria era “la pietra fondamentale dell’unità d’Italia”. E così fu.
Sotto mentite spoglie Scelsi riuscì a penetrare in Sicilia sfuggendo con accorti espedienti alla polizia Borbonica e potendo così preparare il terreno per la rivoluzione. Il 28 maggio 1860 raggiunse Garibaldi a Palermo, esultante per la sua liberazione. Con decreto del 3 giugno il Dittatore lo nominò commissario del Distretto di Cefalù, riponendo piena fiducia nell’ardimento del patriota siciliano, che non esitò ad assumere il posto assegnatogli pur sapendo che poco lontano, a Milazzo, vi erano quattordicimila borbonici, comandati dal generale Bosco, pronti ad attaccare. A Giacinto Scelsi va il merito di aver avvisato Garibaldi, che era a Palermo, che i Borbonici stavano per attaccare il Corpo dei Volontari del comandante Medici, a Milazzo. Il Dittatore partì subito con 400 volontari e andò a sbarcare a Patti. L’intervento del Dittatore accrebbe il coraggio del piccolo esercito italiano. I Borbonici furono costretti a battere la ritirata verso Messina e Garibaldi la sera stessa entrò vittorioso a Milazzo. L’esito di questa battaglia fu notevolmente condizionato dall’intervento del Dittatore, il quale non si sarebbe mosso da Palermo se Scelsi con il suo decreto non fosse riuscito ad impedire nuovi guasti alla linea telegrafica facendogli così conoscere la condizione di pericolo in cui versava il piccolo esercito del Generale Medici.
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