martedì 28 febbraio 2012

Alessandro La Marmora


Alessandro La Marmora nacque a Biella il 27 marzo 1799 da una famiglia di antica aristocrazia. Trascorse i primi anni dell’adolescenza nel Piemonte occupato dalla Francia napoleonica e, divenuto paggio di corte, non pote’ iniziare la vita militare come invece avrebbe desiderato. Solo nel 1814, con il ritorno del re piemontese e la ricostituzione del relativo esercito, pote’ essere nominato, a 15 anni, sottotenente del Corpo dei Granatieri Guardie. L’anno seguente riusci’ a far parte del contigente piemontese impegnato nella coalizione antifrancese.Il tramonto dell’astro napoleonico segno’ l’inizio di un lungo periodo di pace in Europa, quindi il giovane La Marmora dovette rinunziare alla gloria desiderata sui campi di battaglia. Si dedico’, cosi’, allo studio dei piu’ importanti problemi militari. Volse la sua attenzione alla fanteria piemontese, la cui efficienza giudicava inferiori a quelle delle altre nazioni europee, da lui analizzate durante i suoi viaggi all’estero. La fanteria piemontese, infatti, prevedeva una ferma molto breve e una scarsa cura nell’addestramento dei soldati, specialmente per quanto riguardava il tiro con il fucile. Inoltre le campagne napoleoniche avevano dimostrato che il tradizionale combattimento con formazioni in ordine chiuso era ormai incompatibile con le armi moderne che, essendo piu’ precise nel tiro, imponevano un cambiamento nelle strategie militari. La Marmora riteneva necessario formare un corpo di fanteria con soldati addestrati in modo speciale all’esercizio fisico, abituati a correre e a muoversi nei terreni accidentati per permettere celeri spostamenti e un combattimento in ordine sparso. Inoltre i nuovi soldati dovevano essere particolarmente abili nel tiro e a tale scopo La Marmora ideo’ un nuovo tipo di carabina che potesse essere caricata molto rapidamente e fosse dotata di baionetta per un eventuale combattimento all’arma bianca. Divisa ed equipaggiamento dovevano essere essenziali per non ostacolare i movimenti dei soldati: nacque, cosi’, una nuova divisa di colore scuro per impedire l’identificazione da parte del nemico, e il cappello piumato sarebbe diventato il tratto distintivo dei nuovi soldati. La nuova formazione avrebbe assunto il nome di Bersaglieri, dalla parola bersaglio, stando a significare che il compito principale era l’abile uso della carabina.Nel 1836 il re del Piemonte accetto’ la proposta di formare il nuovo corpo e l’efficacia delle prime compagnie costituitesi fu evidente durante la guerra del 1848. La Marmora nel frattempo era divenuto colonnello ed egli stesso guido’ i suoi Bersaglieri a Goito contro gli austriaci. Il valore dei fanti piumati non valse a vincere la guerra, ma diede il definitivo suggello a una formazione che ormai veniva presa come modello da tutta la fanteria. In quello stesso anno La Marmora venne promosso generale e per l’eroismo dimostrato in guerra gli fu conferita la medaglia d’argento al valor militare.Il generale La Marmora continuo’ ad organizzare nuovi battaglioni di Bersaglieri ed a Genova istitui’ una scuola per la formazione degli ufficiali dei Bersaglieri. Doveva giungere presto l’occasione perche’ il nuovo corpo potesse coprirsi ancora di gloria. Infatti, quando nel 1855 il governo piemontese mando’ in Crimea un proprio contingente, partirono anche 5 battaglioni di Bersaglieri e Alessandro La Marmora comandava la seconda delle due divisioni che formavano il corpo di spedizione.La guerra di Crimea inizio’ nel 1853. Lo zar Nicola I voleva porre sotto protettorato russo i 12 milioni di cristiani ortodossi soggetti all’impero ottomano. Il deciso rifiuto opposto dal sultano diede l’avvio alle operazioni belliche da parte del governo zarista. L’esercito russo occupo’ la Moldavia e la Valacchia e in un combattimento navale nel Mar Nero distrusse la flotta turca. Le vittorie russe fecero sorgere il timore degli stati europei che si potesse turbare irrimediabilmente l’equilibrio dei poteri nei Balcani e permettere, di conseguenza, l’accesso diretto nel Mediterraneo alla flotta russa. Per tali motivi Francia e Inghilterra si allearono con la Turchia e inviarono nelle zone di guerra 50 mila uomini con lo scopo di avanzare verso Sebastopoli per distruggere la flotta e gli arsenali dell’impero russo.Nel frattempo l’Inghilterra aveva proposto al governo piemontese di intervenire nella guerra con l’invio di un proprio contingente. Il capo del governo, il conte Camillo Cavour, voleva approfittare di questa occasione per portare all’attenzione delle potenze europee la questione dell’unita’ d’Italia. Vinte le non poche opposizioni del parlamento e dell’opinione pubblica, il Cavour riusci’ a far costituire un corpo di spedizione formato da 18 mila uomini, fra i quali i Bersaglieri di Alessandro La Marmora, che giunsero in Crimea il 14 maggio 1855.I piemontesi incominciarono a partecipare alle operazioni belliche in un momento poco propizio: l’esercito anglo-franco-turco aveva posto l’assedio a Sebastopoli, dispiegandosi a sinistra nel porto di Balaclava e a destra nella sponda del fiume Cernaja, ma le operazioni erano giunte ad una situazione di stallo. Inoltre un’epidemia di colera stava decimando le forze alleate.Gia’ alla fine di maggio si manifestarono i primi casi di colera fra i soldati dell’esercito piemontese. La scarsezza di mezzi profilattici e le condizioni atmosferiche avverse, con piogge ininterrotte, avevano favorito la propagazione del morbo. Spesso i casi erano fulminanti e rendevano vana ogni cura. Alessandro La Marmora aveva avuto l’incarico d’ispezionare l’infermeria dei colerosi a Kamara, eseguendo gli ordini nonostante le sue critiche condizioni di salute poiche’ era gia’ stato contagiato. Dopo aver compiuto questa ispezione, il 4 giugno la malattia si sviluppo’ in lui in una forma virulenta. Nella notte del 6 giugno i suoi ufficiali lo sentirono gemere nella sua tenda ed accorsero per prestargli soccorso, ma il generale sapeva bene che non c’era piu’ rimedio. Venne trasportato a Kadikoy, presso il quartier generale piemontese. Qui il generale venne sistemato in una piccola stanza e posto su un lettino da campo. Nonostante le affettuose cure dei suoi uomini.Alessandro La Marmora non sopravvisse a lungo, mori’ la notte stessa del suo arrivo, il 7 giugno 1855. Le sue spoglie, avvolte in una coperta di lana e chiuse in una modesta bara, vennero sepolte su una collinetta di fronte al villaggio di Kadikoy: il corpo dei Bersaglieri aveva perduto il suo capo e il suo maestro. Nonostante il primo momento di smarrimento i Bersaglieri non si persero d’animo e dimostrarono il loro valore dopo poco tempo, il 16 agosto, nella battaglia della Cernaja, in russo Ciornaja, ossia Nero. Quel giorno, protetto dalla nebbia, l’esercito russo aveva attaccato le forze franco-piemontesi che erano dislocate lungo il vallone del fiume Cernaja. All’inizio le forze alleate non riuscirono a respingere l’attacco e persero le loro postazioni, poi, grazie al coraggio dei Bersaglieri di La Marmora, venne riconquistata l’altura sul fiume e si costrinse alla ritirata l’esercito nemico.Alla battaglia della Cernaja segui’ l’espugnazione di Sebastopoli che pose fine alla guerra. L’esercito piemontese fece ritorno in patria nell’aprile del 1856, lasciando in terra russa le spoglie del generale La Marmora. Solo nel 1911 la sua salma venne traslata in Italia e tumulata nella tomba di famiglia a Biella. Qualche anno prima, nel 1880, grazie a un accordo con il governo russo, era stato costituito presso Sebastopoli un ossario, dove erano state riunite le spoglie di tutti gli italiani caduti durante la guerra di Crimea.


                

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