lunedì 30 luglio 2012

Cadorna Raffaele


Milano, 1815 – Moncalieri, 1897
Generale. Ufficiale del corpo del Genio sardo, nel 1848 organizzò i volontari del Genio lombardo, divenendo maggiore.Comandante di un battaglione, partecipò alla spedizione di Crimea. Nel 1859 combatté con valore a San Martino e, poche settimane dopo, fu nominato ministro della Guerra in Toscana, rivelando notevoli capacità di organizzatore e di politico.Al comando di un corpo d'armata, nella campagna del 1866, compì notevoli azioni tattiche nel Friuli. Ma l'azione per la quale lo si ricorda con maggior rilievo fu la spedizione di Roma nel 1870, di cui fu comandante supremo. Più volte deputato, nel 1871 fu senatore; nel 1895 ricevette il collare dell'Annunziata, suprema onorificenza del Regno. Tra le sue pubblicazioni: La liberazione di Roma nell'anno 1870 ed il plebiscito (1889).

sabato 28 luglio 2012

Gli accordi di Plombières


L'attentato organizzato il 14 gennaio 1858 dal romagnolo Felice Orsini – aveva lanciato tre bombe contro la carrozza che portava Napoleone III e la moglie all'Opéra di Parigi, provocando otto morti e circa 150 feriti accelerò i tempi dell'alleanza franco-piemontese.Le trattative rientrarono nella politica personale dell'imperatore e si svolsero all'insaputa del ministro degli Esteri francese e dell'ambasciatore a Torino; lo stesso Cavour, che si servì della collaborazione del giovane diplomatico Costantino Nigra, ne informò solamente il re e il ministro della Guerra La Marmora.I primi contatti, avviati nel maggio 1858, riguardarono il progetto di un matrimonio tra il principe Napoleone, cugino dell'imperatore, e la principessa Clotilde, figlia di Vittorio Emanuele II. Quindi, in un incontro avvenuto il 20 luglio 1858 presso la stazione termale di Plombières, Cavour e Napoleone III affrontarono più specificatamente i termini di una possibile alleanza franco-piemontese.Ammettendo esplicitamente che era auspicabile cacciare gli austriaci dall'Italia, l'imperatore asserì però che, per avere il sostegno francese in una eventuale guerra antiaustriaca, la guerra avrebbe dovuto essere provocata dall'Austria stessa. Quindi affrontò la questione della sistemazione futura della penisola.Secondo il suo progetto, mirante ad ampliare l'egemonia francese sull'Italia, si sarebbe dovuto procedere ad una tripartizione: un Regno dell'alta Italia, comprendente Piemonte, Lombardo-Veneto e Emilia Romagna, sotto la dinastia sabauda; un Regno dell'Italia centrale, formato dalla Toscana e dalle Province pontificie, che nei suoi piani avrebbe dovuto essere assegnato al principe Napoleone; un Regno meridionale, coincidente con quello delle Due Sicilie, liberato dalla dinastia borbonica.I tre organismi avrebbero formato una confederazione sul tipo di quella germanica. La presidenza sarebbe stata offerta al papa, il quale, tra l'altro, avrebbe conservato la sovranità su Roma e dintorni.  In cambio, Napoleone chiese però al Piemonte la cessione di Nizza e Savoia, e insistette sulla necessità di celebrare il matrimonio tra la principessa Clotilde e il principe Napoleone.Il trattato, che prevedeva un'alleanza offensiva e difensiva tra Francia e Regno di Sardegna in caso di un atto aggressivo da parte austriaca, venne stipulato il 24 gennaio 1859, a pochi giorni dalla celebrazione del matrimonio tra i due principi, avvenuto il 30 dello stesso mese.

 

giovedì 26 luglio 2012

Thouar Pietro


Firenze, 1809 – ivi, 1861
Letterato. Fu collaboratore di Gian Pietro Vieusseux presso il quale lavorò come correttore di bozze. Incoraggiato da Lambruschini, si dedicò all'attività letteraria per l'educazione del popolo e dei fanciulli. Nel 1832 iniziò la pubblicazione di Il nipote di Sesto Caio Baccelli, lunario proseguito fino al 1848, nel quale introdusse stornelli, poesie, bozzetti, principî morali e notizie d'istituzioni utili per il popolo; nel 1834 prese a pubblicare, anonimo, il Giornale dei fanciulli, avversato dalla polizia e presto interrotto.Dal 1836 al 1845 collaborò alla Guida dell'educatore di Raffaello Lambruschini nelle annesse Letture per i fanciulli; nel 1847 fondò insieme con Mariano Cellini il Catechismo politico o Giornaletto pei popolani, che dal 30 ottobre 1848 prese il titolo di Letture politiche o Giornaletto per il popolo, trasformato poi nel 1849 in Letture di famiglia, alla cui compilazione si dedicò fino alla morte. Nominato nel 1848 direttore della Pia Casa di lavoro, con il ritorno del granduca perdette sia quello che gli altri impieghi.Tuttavia nel 1860 ebbe la direzione della prima scuola magistrale maschile di Firenze. Affiliato alla Giovine Italia, si era sempre più accostato al partito moderato; eletto nel 1849 alla Costituente italiana, rinunziò subito al mandato, accettando invece la deputazione all'Assemblea toscana del 1859. È ritenuto il più importante scrittore italiano di letteratura infantile e popolare prima di Collodi e De Amicis.

martedì 24 luglio 2012

Campagna riesumazione resti mortali di Giuseppe Garibaldi


Giovedì 26 luglio alle ore 11,30 presso la Sala Stampa Estera in via della Umiltà n. 83/c si terrà la conferenza stampa di presentazione dell’ iniziativa Riesumazione dei resti mortali di Giuseppe Garibaldi.
Interverranno alla conferenza stampa Anita Garibaldi pro-nipote dell’eroe e Presidente della Fondazione Giuseppe Garibaldi e Silvano Vinceti Presidente del Comitato Nazionale per la valorizzazione dei Beni culturali e ambientali.Durante la conferenza stampa verrà distribuito ai giornalisti un dossier contenente il manifesto appello dell’iniziativa, le firme dei discendenti di Garibaldi medesimo, le firme dei sottoscrittori del manifesto e tutta la documentazione storica inerente la morte, l’imbalsamazione e le contraddittorie vicende legate a questi episodi.
Ufficio Stampa
Dott. Stefania Romano

domenica 22 luglio 2012

Maria Sofia Amalia di Wittelsbach


Possenhofen, Baviera, 1841 – Monaco di Baviera, 1925
 Regina delle Due Sicilie. Passò la giovinezza in Baviera con i suoi numerosi fratelli e sorelle, tra le quali Elisabetta, che sposò l'imperatore Francesco Giuseppe. Il 22 maggio del 1859 sposò Francesco di Borbone, salito al trono di Napoli alla morte del padre, il re Ferdinando II, con il nome di Francesco II.
Donna di forte carattere, esercitò un così grande ascendente sul marito, che le era legatissimo, al punto da prenderne facilmente il sopravvento nella direzione degli affari familiari e dello Stato. Di fronte all'avanzare di Garibaldi e delle sue truppe verso Napoli, Maria Sofia consigliò la resistenza ad oltranza ma non fu ascoltata.
Quando la corte fu costretta a ritirarsi a Gaeta, partecipò personalmente alla difesa della cittadella contro le truppe italo-piemontesi, incoraggiando i soldati e visitando gli ospedali pieni di feriti e di ammalati. Dopo la capitolazione della dinastia borbonica si ritirò a Roma, dove rimase fino al 1870 coltivando progetti per la riconquista del Regno perduto con l'aiuto dei legittimisti, manovre cui i servizi di informazione del governo italiano risposero con una subdola campagna di denigrazione, mirante a dipingere Maria Sofia come un'avventuriera di facili costumi.Quando le truppe italiane occuparono Roma, Maria Sofia si stabilì con il marito a Parigi. Rimasta vedova nel 1894, dalla sua nuova dimora di Neuilly-sur-Seine continuò a sperare nella restaurazione della vecchia monarchia, accogliendo in casa socialisti e anarchici fuorusciti, nonché dubbie figure di millantatori.La sua irrequietezza giunse al punto che nel 1904 il governo italiano, dopo aver arrestato ed espulso un agente da lei inviato, dovette per via diplomatica intervenire presso l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e la repubblica francese perché ammonissero l'ex regina. Trascorse gli ultimi anni a Monaco di Baviera.

giovedì 19 luglio 2012

Conforti Raffaele


(Calvanico, Salerno, 1804 – Caserta, 1880)
Patriota e uomo politico napoletano. Fu ministro dell'Interno nel governo costituzionale presieduto da Carlo Troya; si dimise il 14 maggio 1848 insieme a tutto il governo preceduto da Troya dopo il fallimento del tentativo di mediazione nel conflitto tra la Corona e i liberali intorno all'interpretazione della costituzione.
Eletto deputato nei collegi di Napoli e Salerno alla riapertura della Camera, fu costretto dalla reazione di Ferdinando II all'esilio in Piemonte (1849); fu, allora, condannato a morte in contumacia. Dal 1849 al 1860 visse tra Genova e Torino, esercitando la professione di avvocato.Nel 1860 fu eletto al Parlamento subalpino, ma gli avvenimenti di quell'anno lo richiamarono a Napoli, dove formò il ministero dittatoriale che restò in carica sino al plebiscito. Fu poi guardasigilli con Rattazzi (1862) e con Cairoli (1878). Senatore dal 1867, fu vicepresidente dell'assemblea negli anni 1876-1880.

martedì 17 luglio 2012

Fenzi Carlo


Firenze, 1823 – ivi, 1881
Banchiere e uomo politico. Figlio di un banchiere toscano, fu amico di infanzia e compagno di studi a Parigi di Luigi Giacomo de Cambray Digny.Mazziniano nei primi anni Quaranta, prese parte alla Rivoluzione del 1848 e partecipò alla difesa di Venezia. Rientrò in famiglia alla fine del 1850 e fu a fianco del padre nella gestione dell'attività finanziaria. In politica si accostò con sempre maggior convinzione agli ambienti del liberalismo moderato.Dopo il 1860, deputato al Parlamento italiano, Fenzi svolse un ruolo importante per l'integrazione del capitalismo finanziario toscano nel nuovo quadro nazionale. Il 24 settembre de 1872 partecipò, come rappresentante del banco di famiglia e come grande azionista della Banca generale – istituto costituitosi in quel periodo e molto attivo nel settore industriale –, alla fondazione della Società italiana per l'industria del ferro, di cui fu il più attivo promotore, e, insieme con la Banca del popolo, diretta da Ubaldino Peruzzi, e con la Banca generale di Roma, il più grande azionista.Tipico esponente del gruppo moderato toscano, si batté contro l'indirizzo politico di rigido accentramento amministrativo e fiscale che, per raggiungere l'obbiettivo del pareggio del bilancio statale, toglieva al controllo dei comuni entrate di loro tradizionale competenza. Fu eletto senatore nel febbraio del 1876.

sabato 14 luglio 2012

La ratifica della pace di Milano e il proclama di Moncalieri

  • La pace di Milano, firmata tra l'Austria e il Regno di Sardegna il 6 agosto 1849, e giunta al termine di trattative piuttosto complesse, precedette di pochi giorni l'apertura della terza legislatura piemontese. La nuova Camera, benché fosse meno spiccatamente democratica rispetto alla precedente – sciolta dopo Novara – era caratterizzata da una forte maggioranza progressista, composta da elementi che avevano tutti voluto la ripresa della guerra nel marzo 1849.Il contrasto con i moderati, che invece avevano accettato controvoglia la riapertura delle ostilità, rovesciando sui democratici la responsabilità della sconfitta, si riacutizzò così intorno alla questione della ratifica del trattato di pace.In base all'articolo 5 dello Statuto, che attribuiva al re il potere di firmare gli accordi internazionali, Vittorio Emanuele II procedette alla ratifica della pace di Milano nell'agosto 1849 senza attendere l'assenso delle Camere; secondo lo stesso Statuto, però, ogni patto che avesse imposto allo Stato un onere finanziario, in questo caso un'indennità di guerra di 75 milioni di franchi, aveva bisogno di essere approvato dal Parlamento. Il governo aveva quindi, per necessità, seguito una procedura eccezionale facendo precedere la ratifica al voto parlamentare.Benché l'opposizione fosse conscia dell'impossibilità di votare contro il trattato, che, voluto dal re, avrebbe necessariamente implicato, se respinto, la ripresa della guerra contro l'Austria, non fu disposta ad avallare la procedura seguita dal governo.Quando, nel novembre 1849, al Parlamento si aprì quindi la discussione sul trattato, essa assunse un atteggiamento piuttosto rigido e volle collegare la questione della ratifica a quella della concessione della cittadinanza agli esuli del Lombardo-Veneto.Di fronte al rifiuto opposto dal ministero, che, pur mostrandosi disponibile a discutere in un secondo momento il problema degli esuli, non acconsentì ad affrontare quel tema in concomitanza con il trattato di pace, la Camera votò il 16 novembre di sospendere la discussione sul trattato stesso.Il giorno successivo il governo decise quindi di prorogare la sessione parlamentare, mentre, il 20 novembre, un decreto reale indisse nuove elezioni, fissandole al 9dicembre.L'atto di scioglimento fu pubblicato insieme ad un proclama di Vittorio Emanuele II, emanato dal castello di Moncalieri e scritto da Massimo d'Azeglio, in cui il sovrano sosteneva che gli atti della Camera appena sciolta erano stati ostili alla Corona e invitava gli elettori a mandare al Parlamento degli elementi moderati, disposti, tra l'altro, a ratificare il trattato di Milano.Il risultato elettorale fu favorevole al governo: la nuova Camera, che si aprì il 20 dicembre, fu composta di circa 2/3 dei deputati disposti a sostenerlo, e presentò quindi una situazione capovolta rispetto alla precedente legislatura.


    

giovedì 12 luglio 2012

D’Azeglio Cesare Taparelli

(Torino, 1763 – Genova, 1830)
 Marchese, padre, tra gli altri, di Massimo e Luigi. Membro dell'Amicizia cristiana, fondata dal gesuita Diessbach a Torino intorno al 1775 con l'intento di opporsi ai principi dell'illuminismo.Combatté contro i francesi nel 1792. Esule a Firenze, fu amico dell'Alfieri.Alla Restaurazione, Vittorio Emanuele I lo designò inviato straordinario a Roma presso il papa Pio VII. Sostenitore delle prerogative della Santa Sede, si dimise tuttavia quasi subito.Nel 1822 promosse e curò la pubblicazione dell'«Amico d'Italia», al quale collaborò Antonio Rosmini. Vi si rifiutò invece Alessandro Manzoni, che proprio per questo episodio scrisse nel 1823 la sua Lettera sul Romanticismo, dalla parte dei moderni e contro gli antichi.

lunedì 9 luglio 2012

La letteratura del Risorgimento

Il clima culturale italiano della prima metà dell’Ottocento è dominato dalla questione nazionale. Letterati e uomini di cultura sono coinvolti nei dibattiti politici sullo sbocco da dare al Risorgimento, contrapponendo cattolici e laici, democratici e moderati, repubblicani e monarchici.Non c’è discussione culturale o letteraria ,fino al dibattito sulla lingua e alla polemica romantica, che non venga ricondotta alla grande questione della formazione di una cultura nazionale,dello sviluppo di una vita sociale più evoluta in vista dello stato nazionale da costruire.Inoltre lo spirito anticlassicistico vivo negli scritti dei letterati lombardi e il proposito romantico di una letteratura moderna, popolare e istruttiva trovano ampia espressione nella letteratura del primo Ottocento. Tutto ciò corrispondeva al principio della "modernità". Che cosa di più moderno i poteva infatti esserci delle speranze, delle aspirazioni, degli sdegni, delle rivendicazioni, del desiderio di libertà degli spiriti eletti prima, della borghesia poi, e del popolo italiano infine, in quegli anni di lotta sempre più aperta contro lo straniero?Ed è così che la produzione letteraria del primo Ottocento, si ispira ad argomenti d'amor di patria, tanto che patriottico si suole anche chiamare il "primo" periodo del "romanticismo" italiano.Il pensatore, il politico e il letterato tendono a identificarsi nelle stesse persone. I protagonisti del dibattito politico. Sono vivamente interessati alle questioni letterarie;così come uomini politici sono anche romanzieri e poeti.Non c’è quasi uno scrittore dell’epoca che non subisca un periodo di carcere o di esilio per motivi patriottici; molti perdono la possibilità di avere impieghi pubblici e devono affidarsi alle precarie risorse del lavoro editoriale ;tutti in genere devono fare i conti con la censura.La fusione tra dibattito letterario e impegno civile caratterizza anche le due riviste più importanti dell’epoca romantica: il “ Conciliatore” (1818-19) a Milano, l’ “Antologia” (1821-33) a Firenze, entrambe presto soppresse dalla censura.I temi più importanti sono quelli politici, affrontati direttamente con inni alla libertà e canti di lotta, oppure indirettamente, con rievocazioni di glorie del passato, memorie della propria vita esemplare, satire verso una società che si vorrebbe trasformare.Per quanto riguarda la letteratura in versi, le forme in cui si esprimono gli scrittori sono le romanze (canti popolari), le ballate, le novelle in versiSi svolge secondo i seguenti indirizzi: poesia patriottico-risorgimentale, poesia satirico-realistica.La letteratura in prosa, invece, si articola in prosa foscoliana, prosa manzoniana autobiografica e garibaldina e romanzo storico.





















sabato 7 luglio 2012

Anzani Francesco


(Alzate, Como, 1809 – Genova, 1848)
Patriota italiano. Studente di matematica a Pavia, abbandonò gli studi ed emigrò a Parigi. Fu poi fra i volontari di Oporto nell'esercito costituzionale portoghese, quindi in Spagna, nella legione straniera, al comando di Gaetano Borso di Carminati.Esule in Sud America combatté con Garibaldi in Uruguay partecipando alla difesa di Montevideo assediata dalle truppe di Oribe. L'elezione di Pio IX lo convinse a partire insieme a Garibaldi e ad altri pochi esuli.Il 15 aprile 1848, già gravemente ammalato, salpò da Montevideo alla volta dell'Europa. Sbarcò a Nizza il 21 giugno. Morì due settimane dopo a Genova in casa del vecchio amico pittore Gaetano Gallino

venerdì 6 luglio 2012

Fratelli Mazziotti


 Francesco Antonio Mazziotti
(Stella (oggi Stella Cilento), 1811 – Napoli, 1878).
Figlio di Pietro. Patriota, prese viva parte alle prime agitazioni del 1848, a Napoli e nel Cilento. Eletto deputato dopo la concessione della Costituzione, corse il pericolo di essere arrestato dopo il 15 maggio, ma alla riapertura del Parlamento ebbe parte notevole nei lavori, nelle file della Sinistra: il 4 febbraio 1848 fu aggredito e ferito. Emigrò a Genova dopo il trionfo della reazione (1849) e fu condannato a morte in contumacia. Tornò a Napoli nel 1860, adoperandosi per la pronta annessione al Regno di Vittorio Emanuele, e fu poi deputato nel 1861-65 e nel 1867-70.
Gerardo Mazziotti
(Celso nel Cilento, 1775 – Napoli, 1854).
Magistrato e patriota.  Simpatizzante del giacobinismo, fuggì all'estero ai primi arresti, ma presto tornò a Napoli ed ebbe cariche sotto la Repubblica partenopea (1799); fu magistrato durante il decennio francese e la Restaurazione, ma, eletto deputato nel 1820, fu arrestato dopo la vittoria dell'assolutismo e costretto a esulare a Roma, donde poté tornare a Napoli solo nel 1837.
Giovan Battista Mazziotti
(Celso nel Cilento, 1766 – Napoli, 1850).
Patriota. Fu presto attivo propagandista di giacobinismo, ebbe cariche sotto la Repubblica partenopea e fu perciò deportato (1800); commissario di polizia durante il decennio francese, durò in carica fino al 1819 e nella rivoluzione del 1820 si mostrò fautore delle tendenze più esaltate, sicché, arrestato al sopravvento della reazione, rimase a lungo in prigione e fu poi (1825) deportato a Favignana per 17 anni.
Nicola Mazziotti
( – Napoli, 1821), Fratello di Gerardo, fu ufficiale durante il decennio francese e la Restaurazione e prese parte alla rivoluzione del 1820.
Pietro Mazziotti
( – Salerno, 1829), Fratello di Gerardo coprì uffici sotto i francesi e la Restaurazione, ma nel 1828, accusato di complicità coi rivoltosi del Cilento, fu arrestato e morì in prigione.

  

giovedì 5 luglio 2012

Bresciani Borsa Antonio


Ala (Trento), 24 luglio 1798 - Roma, 14 marzo 1862
Divenuto il simbolo della letteratura antipatriottica e chiesastica del periodo risorgimentale in seguito al giudizio di Antonio Gramsci, che nei suoi quaderni progettò di scrivere un saggio da intitolare «i nipotini di padre Bresciani». Fu di nobili origini e, dopo aver frequentato come chierico i corsi di teologia presso il Seminario di Verona nel 1818, ricevette l'ordinazione sacerdotale a Bressanone nel 1821.Nel 1824, dopo una fuga romanzesca dagli Stati austriaci, raggiunse Roma con il proposito di entrare nella Compagnia di Gesù ma, dopo essere stato ammesso nel noviziato di S. Andrea, venne fatto richiamare dal padre attraverso le autorità religiose e civili. Piegatosi a lasciare il noviziato nell'aprile del 1826, invece di ritornare a Verona si rifugiò a Firenze presso Pietro Leopoldo Ricasoli, e rimase nascosto ai suoi per circa due anni.Dopo aver trovato una via di mediazione con il padre, nel maggio 1828 pronunciò i suoi primi voti religiosi nel  noviziato di Chieri, e fu inviato al collegio del Carmine di Torino e a Genova, nel convitto-accademia di S. Girolamo dell'Università. Rettore di S. Ambrogio a Genova nel 1832, nel 1834 fu inviato come rettore nuovamente al collegio del Carmine di Torino, dove divenne confessore dei principi di Carignano e confidente della regina Maria Teresa. Raggiunta Roma nel 1835 per un periodo di riposo, iniziò la sua attività di scrittore, traducendo opere dal latino e dal francese.Dati gli ultimi voti religiosi nel 1837, divenne per tre anni rettore a Modena nel collegio di S. Bartolomeo e si accostò ad un gruppo cattolico che si batteva per un'idea di patria incentrata sui concetti di religione e famiglia, raccogliendosi intorno alle Memorie di religione, di morale, e letteratura e alla «Voce della verità-Gazzetta dell'Italia centrale».Nel 1838 uscirono a Modena gli Ammonimenti di Tionide, testo che ebbe notevole fortuna e che superò anche la censura austriaca nel Lombardo-Veneto, nel quale l'autore richiamava i giovani all'osservanza dell'Indice dei libri proibiti e li metteva in guardia dalle insidie della carboneria.Ad esso fecero seguito l'anno seguente gli Avvisi a chi vuol pigliar moglie, e i quattro capitoli Del Romanticismo italiano, rispetto alle lettere, alla religione, alla politica, alla morale apparsi sulle Memorie di religione, in cui Bresciani condannava la cultura romantica e ogni sovvertimento della gerarchia religiosa e politica che da essa derivava.All'interno del dibattito sulla questione della lingua, una violenta polemica fu suscitata, sempre nel 1839, dal suo Saggio di alcune voci toscane d'arti, mestieri e cose domestiche in cui si sosteneva il valore del volgare toscano.Di nuovo rettore del collegio del Carmine di Torino dal novembre 1840, rimase in relazione con il circolo di Modena, ma avviò nuovi rapporti con letterati torinesi, tra cui Silvio Pellico e Cesare Cantù. Dal primo gennaio 1843, fatta la professione solenne, assunse il provincialato torinese che mantenne fino al maggio del 1846: lungo questo triennio, nel quale gli attacchi ai gesuiti si fecero in Piemonte sempre più espliciti, ingaggiò una dura lotta per la libertà di insegnamento e per l'autonomia della Compagnia.Tornato a Roma come rettore della Propaganda Fide, si dedicò all'elaborazione di appunti raccolti in Sardegna tre il 1843 e il 1846 e stese l'opera, poi pubblicata nel 1850, Dei costumi dell'isola di Sardegna comparati con gli antichissimi popoli orientali.Membro fin dalla prima seduta della redazione della «Civiltà Cattolica», per la quale aveva presentato una confusa proposta già nel dicembre 1846, vi pubblicò una serie di romanzi di vasto successo, attraverso i quali si esprimevano in forme più semplici gli stessi principi esposti in altre sezioni della rivista, come le verità dogmatiche e morali della religione.Dei tanti componimenti scritti negli ultimi anni della vita si ricordano L'ebreo di Verona del 1850-1851 e La Repubblica romana e Lionello del 1851-1852, in cui si rievocavano gli avvenimenti del 1846-1849 difendendo il punto di vista della Santa Sede, e il Don Giovanni ossia il benefattore occulto, del 1856, in cui presentava un modello di vita sacerdotale da contrapporre all'immagine di clero corrotto diffusa da molta letteratura contemporanea. Si spense a Roma il 14 marzo 1862.


  

martedì 3 luglio 2012

1861: nasce l'Italia


Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861".
 Sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.
In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nacque, da un 'Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell'Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l'elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), senza colpo ferire, con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche (insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c'era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli) ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all'indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell'unità aveva "una effettiva coscienza nazionale" anche se priva di forma politica. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d'America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l'Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l'intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizione egemonica nell'Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l'Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell'impero asburgico dall'altro e, grazie alla sua favorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.