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domenica 4 novembre 2012
FRANCESCO BENTIVEGNA
(Corleone, 1820 - Mezzojuso, 1856)
Il Barone Francesco Bentivegna, nato il 4 Marzo 1820 da don Giliberto Bentivegna e donna Teresa De Cordova dei marchesi della Giostra, è ritenuto una tra le più significative personalità patriottiche dell'Isola. Democratico e mazziniano, grande sostenitore di ideali di libertà, il Barone Bentivegna fu sin da giovane, patriota sincero, e partecipò alle diverse dimostrazioni antiborboniche del 1847 e alla rivoluzione del 1848. Già il 10 gennaio 1848, organizzava a Corleone, una squadra armata per condurla l'indomani a Palermo, dove il 12 sarebbe scoppiato il moto preannunciato dalla stampa dei fratelli Bagnasco. L'ardore e il coraggio mostrati nell'azione valsero al Bentivegna la nomina, da parte del governo rivoluzionario, a Maggiore dell'esercito nazionale siciliano. Eletto deputato alla Camera dei Comuni, fu fra i sottoscrittori dell'atto del 13 aprile 1848, col quale il Parlamento decretava la decadenza della dinastia borbonica dal Trono di Sicilia, e, in luglio, appoggiò l'offerta della corona dell'isola a Ferdinando Alberto Amedeo di Savoia. Anche nei momenti più critici della rivoluzione, con il Filangieri già alle porte di Palermo, egli fu contrario alla pacifica consegna della città alle truppe borboniche e sostenne la resistenza ad oltranza.
Tra l'aprile e il maggio del 1849 la restaurazione determinava una delle più importanti ondate di emigrazione politica di patrioti isolani verso diverse mete estere. Bentivegna fu tra coloro che optarono per la permanenza nell'isola, per continuare la propria attività cospirativa in patria. Il 27 gennaio 1850, lo troviamo impegnato nel fallimentare tentativo di riscossa organizzato a Palermo da quattro Comitati insurrezional, conclusosi con un pesante bilancio: numerosi arresti e la fucilazione di sei giovani nella piazza della Fieravecchia. Fu colpito da mandato di arresto, ma rimase libero e poté continuare la sua attività cospirativa da fuggiasco, coordinando forze e mezzi nell'area montana e pedemontana della capitale isolana. Temuto dalla polizia borbonica in quanto pericoloso uomo «di consiglio e di azione [...] capace per l'energia del carattere e della parola a concitar le masse ad avventati partiti», il 25 febbraio 1853 veniva arrestato nel quartiere dell'Albergaria, in casa di una tessitrice, dietro informazione giunta al Direttore di Polizia e con l'accusa di essere stato il principale oratore in una riunione di patrioti organizzata in contrada S. M. di Gesù. Il suo arresto rientrava in un piano più ampio della Polizia borbonica, orientato a reprimere l'attivismo del Comitato centrale di Sicilia, al quale il Bentivegna era indubbiamente legato. Rimesso in libertà il 2 agosto 1856, si trovò subito immerso in un nuova spirale di agitazione politica. Tutta l'isola era in fermento: ci si preparava per un generale insorgimento, e a Palermo un Comitato rivoluzionario centrale aveva esteso le fila nei maggiori centri della Sicilia. Pur trovandosi confinato a Corleone, sorvegliato dalla polizia, Bentivegna, eludendo la vigilanza, si pose in contatto con i membri del Comitato, e fra mille insidie assoldò uomini, raccolse armi e munizioni fino a poter annunciare ai "Fratelli" in città che tutto era pronto e che forte era il desiderio di riscossa. In questo contesto di grande frenesia, la sera del 22 novembre 1856, la "masnada Bentivegna", anticipando l' organizzazione più generale dei patrioti isolani, avviava il moto che la polizia borbonica non trovava difficile reprimere. Arrestato, veniva processato, in modo sommario, da un tribunale militare che lo condannava alla pena capitale. La sua eroica fine, avvenuta per fucilazione nella piazza principale di Mezzojuso, il 20 dicembre 1856, ne fa un emblema dell'identità risorgimentale.
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