Claudio Magris, qualche tempo fa, ragionando sulla rimozione culturale di tutto il grande movimento patriottico e democratico del Risorgimento, ha detto, a mio avviso, una cosa giusta: non avendo tratto alimento mitico ed epico dalla nostra Storia, noi Italiani una Storia condivisa, aldilà delle retoriche di questi giorni, non ce l’abbiamo. E gli effetti li vediamo oggi, con uno sfrenato individualismo che non ci permette di esistere come collettività nella vita concreta, di tutti i giorni.Anzitutto perché, in realtà, anche a Scuola la Storia del Risorgimento si fa poco o male. In generale, la Storia a scuola si fa male… e solitamente la si studia per strappare la sufficienza nell’interrogazione di fine quadrimestre.Per non parlare poi dei grandi vecchi miti dell’antichità, che ci mettevano in guardia dall’individualismo egocentrico di Achille o dalla pazzia razionale di Beowulf, che manda in rovina il suo intero regno pur di dimostrare il suo valore. E che dire invece di Odisseo (alias Ulisse), quel Re contadino che dopo 10 anni di guerra e 10 anni di peregrinazioni marittime, torna a casa e con l’aiuto del porcaro Eumeo, stermina i Proci e pratica giustizia e libertà (parole oramai inflazionate e prive di significato ai giorni nostri).Insomma, i Miti dell’antichità erano pericolosi, figuriamoci quelli moderni: figuriamoci, dunque, Garibaldi, l’eroe dei due mondi (l’unico eroe di cui il mondo abbia mai avuto bisogno, stando alle parole del Che), l’uomo che realizzò l’Italia, sognando una patria socialista.Garibaldi, così, dall’eroe dei due mondi, diventa un bandito, un sovversivo tra i più pericolosi, uno sterminatore di genti che ha rotto l’idilliaco stato dell’arte in cui si trovavano Mezzogiorno, Centro e Nord. Uno che ha interrotto l’illuminata dominazione austriaca nel Nord Italia, il divino regno della Santa Sede su Roma e il gioioso imperio di Ferdinando II, detto ‘O lasagnone, per la sua predilezione per la lasagna.E dire che, anche questo insensato odio che c’è a Sinistra nei confronti del generale, la dice lunga su come la più grande e lunga campagna di demolizione di un mito vivente della storia abbia agito sulle menti di tanti socialisti.E dire che l’ultimo socialista italiano, Sandro Pertini, definì Garibaldi: “l’eroe delle nazionalità oppresse, l’assertore inflessibile dei loro diritti e il combattente generoso per la loro difesa.” E che Enrico Berlinguer, negli anni ’50, a capo della FGCI, sarà il primo a riscoprirne il mito, per rivendicare l’originalità del pensiero social-comunista italiano. Senza contare che, le brigate partigiane comuniste della Resistenza, avevano un solo nome: brigate Garibaldi.Perché, fatta l’Italia politica (che, come dirà, ha deluso tutte le aspettative), Garibaldi si dedicherà alla causa di tutti i popoli, formulando un’originaria idea di socialismo patriottico che lo porterà ad affermare che avrebbe combattuto anche contro l’Italia, se questa avesse minacciato la libertà e la democrazia degli altri popoli.Garibaldi, dai congressi dell’internazionale socialista fino alla Comune di Parigi, diventa un eroe e un maestro del socialismo: l’unico che lo contrasterà sempre, sarà proprio Karl Marx. E per una ragione molto semplice. Per Garibaldi il socialismo corrispondeva al miglioramento della condizione materiale, morale e culturale dell’operaio, ma non per questo era contrario alla proprietà privata. Anzi, la difendeva.“Se per internazionalista s’intende colui il quale, avendo cento scudi in tasca, frutto del proprio lavoro, abbia l’obbligo di dividerli con un altro che pretende di vivere neghittosamente alle sue spalle, questo è un ladro: tale è il mio internazionalismo.”Insomma, è giunto il momento di smetterla di parlar male di Garibaldi. È giunto invece il momento di riappropriarsi del suo mito di giustizia, libertà, democrazia e socialismo. A meno che non si voglia continuare a credere agli argomenti e alla propaganda fatti girare per secoli da Santa Madre Chiesa e dai Savoia.
sabato 28 aprile 2012
venerdì 27 aprile 2012
Patriota, giurista ed uomo politico.
Nato a Brescia nel 1826, passò all'Oriente Eterno a Maderno nel 1903.Nel 1848, quando era studente di Giurisprudenza all'Università di Pavia, partecipò volontario alle rivolte popolari antiaustriache in Lombardia. Si dedicò anche al giornalismo, collaborando al giornale Il Crepuscolo con vari saggi di economia politica.Nel 1859 combattè nei Cacciatori delle Alpi ed organizzò l'insurrezione bresciana delle dieci giornate contro gli austriaci: fu lui a redigere il proclama ai concittadini e ad andare incontro a Garibaldi all'entrata in città.Venne eletto deputato al primo Parlamento istituito con l'annessione della Lombardia al Piemonte.Fu Presidente del Consiglio dal 1901 al 1903 e pose le basi del cosiddetto "decennio giolittiano". Da Ministro della Giustizia legò il suo nome al codice penale (varato nel 1889), di ispirazione liberale, che abolì la pena di morte ed introdusse il riconoscimento di alcune forme di sciopero.G. ZANARDELLI (1826-1903) ...«legò il suo nome al codice penale, di ispirazione liberale, che abolì la pena di morte ed introdusse il riconoscimento di alcune forme di sciopero".Un curioso aneddoto vuole che Zanardelli, sul cui conto circolavano con sempre maggiore insistenza voci sulla suapresunta appartenenza alla Libera Muratoria, un giorno si presentasse alla Camera indossando il grembiule massonico sotto il soprabito. Toltosi il soprabito disse agli sbigottiti astanti: "Oh, scusate, ma sto venendo da un'altra riunione."In Massoneria fu iniziato il 29 febbraio 1860 e fu poi affiliato alla Loggia Propaganda Massonica. Nel Rito Scozzese Antico ed Accettato raggiunse il 33' grado.
Nato a Brescia nel 1826, passò all'Oriente Eterno a Maderno nel 1903.Nel 1848, quando era studente di Giurisprudenza all'Università di Pavia, partecipò volontario alle rivolte popolari antiaustriache in Lombardia. Si dedicò anche al giornalismo, collaborando al giornale Il Crepuscolo con vari saggi di economia politica.Nel 1859 combattè nei Cacciatori delle Alpi ed organizzò l'insurrezione bresciana delle dieci giornate contro gli austriaci: fu lui a redigere il proclama ai concittadini e ad andare incontro a Garibaldi all'entrata in città.Venne eletto deputato al primo Parlamento istituito con l'annessione della Lombardia al Piemonte.Fu Presidente del Consiglio dal 1901 al 1903 e pose le basi del cosiddetto "decennio giolittiano". Da Ministro della Giustizia legò il suo nome al codice penale (varato nel 1889), di ispirazione liberale, che abolì la pena di morte ed introdusse il riconoscimento di alcune forme di sciopero.G. ZANARDELLI (1826-1903) ...«legò il suo nome al codice penale, di ispirazione liberale, che abolì la pena di morte ed introdusse il riconoscimento di alcune forme di sciopero".Un curioso aneddoto vuole che Zanardelli, sul cui conto circolavano con sempre maggiore insistenza voci sulla suapresunta appartenenza alla Libera Muratoria, un giorno si presentasse alla Camera indossando il grembiule massonico sotto il soprabito. Toltosi il soprabito disse agli sbigottiti astanti: "Oh, scusate, ma sto venendo da un'altra riunione."In Massoneria fu iniziato il 29 febbraio 1860 e fu poi affiliato alla Loggia Propaganda Massonica. Nel Rito Scozzese Antico ed Accettato raggiunse il 33' grado.
mercoledì 25 aprile 2012
Gustavo Modena
Venezia, 1803 – Torino, 1861
Attore. Carbonaro nel 1831 a Londra conobbe Mazzini e suscitò vasti
consensi declamando i canti della Divina Commedia. Tornato nel Lombardo-Veneto,
vi costituì una compagnia con la quale per 7 anni esercitò una regolare
attività negli Stati d'Italia in cui gli era consentito l'ingresso.Dal 1846 si dedicò prevalentemente alla lotta politica. Dopo le
sconfitte del 1848-1849, si ritirò in Piemonte. Nemico dell'enfasi, attuò un
proprio stile che dai contemporanei fu detto "parlato"; fu il
maggiore attore della prima metà dell'Ottocento.Lasciò un ampio epistolario, numerosi scritti e discorsi e un atto
satirico, Il falò e le frittelle, di contenuto allegorico-politico.
martedì 24 aprile 2012
Carlo Zucchi
Reggio Emilia, 1777 – ivi, 1863
Generale napoleonico, prese parte ai moti del 1831 nella Romagna alla
testa di formazioni volontarie. Catturato in mare dagli austriaci dopo la
caduta di Ancona, fu condannato a morte; la pena gli fu commutata in quella del
carcere a vita. Liberato allo scoppio della rivoluzione del 1848, fu poco dopo
chiamato da Pellegrino Rossi a far parte del governo romano, quale ministro
della Guerra. Quando Pio IX abbandonò Roma, il generale Zucchi seguì il
pontefice. La sua carriera fu, così, chiusa. Alla proclamazione del Regno
d'Italia, fu nominato luogotenente generale a riposo.
lunedì 23 aprile 2012
Austria e Europa
L'unificazione italiana cambiò profondamente la carta geopolitica
dell'Europa. Proprio perciò essa non poté che avvenire con un profondo
coinvolgimento delle diplomazie dei principali Paesi del Vecchio Continente.
Nonostante i tentativi dell'Austria - lo Stato maggiormente coinvolto
nelle modifiche geopolitiche italiane -, volti a cancellare il problema e a
ridurlo ad un semplice fatto di ordine pubblico e di sobillazione piemontese,
Francia, Gran Bretagna, Russia e Prussia via via si convinsero che l'Italia
rappresentava effettivamente un "problema" da risolvere.Quella
che possiamo chiamare l'internazionalizzazione della questione italiana fu uno
degli obiettivi decisivi conseguiti dalla politica cavouriana da un lato, e
dall'incessante agitazione mazziniana e garibaldina dall'altro.
domenica 22 aprile 2012
Sterbini Pietro
Vico del Lazio, 1795 – Napoli, 1863
Patriota e scrittore. Medico, incappato nella censura pontificia per un
tragedia, La vestale, s'iscrisse alla carboneria e prese parte ai moti del
1831. Rifugiatosi in Francia aderì alla Giovine Italia; tornò a Roma dopo
l'amnistia di Pio IX e nel maggio 1848 venne eletto deputato. Fu ministro del
Commercio e dei lavori pubblici (1848-49) e deputato alla Costituente. Esule
(1849-60) a Parigi durante la Restaurazione, si scagionò sui giornali francesi
dall'accusa che gli era stata mossa nel 1848 di aver partecipato all'assassinio
di Pellegrino Rossi; si stabilì poi a Napoli, dove fondò con D. Lioy il
giornale «Roma».
sabato 21 aprile 2012
Petroni Giuseppe
Bologna, 1812 – Terni, 1888
Patriota; membro (1832) della Giovine Italia e della setta degli
apofasimeni, si diede poi (1845) all'avvocatura presso il Tribunale della Rota.
Durante la Repubblica romana (1849) fu sostituto del ministro della Giustizia,
Giovita Lazzarini e, alla Restaurazione pontificia, continuò a tener vivo
l'ideale mazziniano. Arrestato (1853), condannato a morte (1854), ebbe la pena
commutata in quella della galera a vita. Liberato (1870), diresse la «Roma del
Popolo»; infine (1882-85) fu gran maestro della massoneria.
venerdì 20 aprile 2012
Graziani Leone
Corfù, 1791 – ivi, 1852
Figlio di un commissario della Repubblica veneziana nell'isola greca, non ancora quindicenne, nel 1806 si arruolò nella marina del Regno italico. Rimasto in servizio dopo il crollo del regime napoleonico, nei trentaquattro anni della seconda dominazione asburgica, Graziani percorse le tappe di una brillante carriera. Sua figlia Maria sposò Attilio Bandiera. La fucilazione del genero nel 1844 fu un duro colpo per la famiglia. Malata da tempo, Maria morì stroncata dal dolore. Combattuto tra patriottismo e fedeltà all'Austria, nel 1848 aderì tra molte perplessità alla rivoluzione a Venezia. Manin gli conferì la direzione dell'Arsenale e, per legarlo maggiormente alla causa, lo nominò contrammiraglio, affidandogli il comando della Marina della Repubblica. A differenza di Manin e Tommaseo, il Graziani fu favorevole alla fusione col Piemonte. Dopo l'armistizio Salasco e il ritiro del Piemonte dalla guerra, l'Assemblea diede i pieni poteri al Manin, che li accettò a patto di essere coadiuvato per i problemi militari da Giovan Battista Cavedalis per le forze di terra e dal Graziani per la Marina. Il suo operato tuttavia non raggiunse i risultati sperati, in particolare il reclutamento di volontari per la Marina, e Graziani confessò di aver sempre ritenuto l'incarico conferitogli superiore alla sue forze. Uomo portato più a eseguire che a decidere, militare più che politico, il Graziani sarebbe stato in seguito oggetto dei giudizi sfavorevoli di alcuni contemporanei. Dopo la resa di Venezia, benché non fosse compreso nella lista dei quaranta personaggi che gli austriaci vollero banditi dalla città, il Graziani prese la via dell'esilio recandosi, insieme con il figlio Lorenzo, a Corfù, dove si spense. Una lapide fu dettata dal Tommaseo, due altre vennero apposte più tardi a Venezia: una nel cimitero di S. Michele e una sulla facciata della casa di famiglia in campo S. Maria Formosa. I resti vennero traslati a Venezia nel 1925.
giovedì 19 aprile 2012
Pareto Lorenzo
Genova, 1800 – ivi, 1865
Patriota ed erudito. Geologo e uomo politico. Lasciò una abbondante produzione scientifica riguardante argomenti di geologia regionale (Veneto, Toscana, Corsica), di stratigrafia e tettonica. Ministro degli Esteri nel primo ministero costituzionale di Carlo Alberto, presieduto da Cesare Balbo (16 marzo - 27 luglio 1848), presidente della Camera nella II legislatura (febbraio 1849), fu coinvolto nei moti di Genova, seguiti alla notizia della sconfitta di Novara. Senatore del Regno dal 1861.