Insigne patriota, compì i primi studi presso il seminario predilendo i
grandi della letteratura latina ed italiana, quali Livio, Tacito, Dante,
Machiavelli, Alfieri e Foscolo. Sono i grandi che predilesse, le cui “ossa
sembrano ancor fremere amor di patria”. Andò a Napoli a studiare medicina e si
iscrisse alla “Giovane Italia”.Il suo “vivace” carattere ne fece un “capo” fra
i giovani che lo conoscevano e lo seguivano.
Lo sdegno contro la tirannide, l’odio contro chi usurpava la sua terra
con il proprio dominio, venne alimentato dall’esito negativo della spedizione
dei fratelli Bandiera, ragion per cui si impegnò in prima linea per indurre il
governo borbonico a concedere un sistema politico meno oppressivo e più
libero.Le riforma di Pio IX, di Carlo Alberto e del Granduca di Toscana
alimentarono di speranza gli ideali patriottici, anche se Fernando II
perseverava nel suo vetusto sistema poliziesco.L’insurrezione di Palermo e la
proclamazione della Repubblica in Francia diedero l’avvio ai moti rivoluzionari
nel Mezzogiorno. Il 12 febbraio 1848 il nostro concittadino, alla testa di
accesi liberali, diede vita ad una significativa rivolta. Percorrendo le vie di
Napoli gridava”Abbasso il fedifrago Bozzelli”, che da liberale era diventato
reazionario. Passò davanti al palazzo dell’Ambasciatore d’Austria, si appropriò
dello stemma che raffigurava l’aquila bicipide, la ruppe e distribuì i pezzi a
coloro che erano con lui. Era palese lo sdegno verso la nazione che aveva
sostenuto i borboni e l’aveva privato della libertà. Il Bozzelli si salvò ma il
ministero reazionario cadde.Il 10 marzo chiese ed ottenne l’espulsione dei
gesuiti. Dopo aver partecipato ad altri conflitti tumultuosi si rifugiò a Roma,
accostandosi ai repubblicani.Presidente del Comitato dei cospiratori contrastò
e si prodigò per abbattere il potere temporale dei Papi; con la proclamazione
della repubblica romana, avendo saputo di essere stato condannato a morte, si
arruolò, con Mameli ed altri, al seguito di Garibaldi.Caduta la Repubblica
volle raggiungere Venezia, ultimo presidio austriaco. Fu fatto prigioniero e
sottoposto a crudeli torture, ma una notte si precipitò in mare e fu salvato da
un veliero turco che lo portò in salvo in un villaggio presso
Costantinopoli.Riuscì a raggiungere Marsiglia e poi Parigi, ma fu espulso per
aver ancora una volta cospirato contro il Borbone.A Genova entrò in contatto
con il Pisacane e quando nel 1854 scoppiò il colera si dedicò a curare i
malati.Ecco nel frattempo sopraggiungere la Spedizione dei Mille: vi prese parte
col grado di maggiore.Catalafimi lo vide valoroso combattente, al Ponte
dell’Ammiragliato salvò Benedetto Cairoli.Calmò i tumulti accesi in Irpinia e
partecipò alla battaglia del Volturno.Fedele agli ideali mazziniani e
garibaldini, combattè durante la terza guerra d’indipendenza nel Tirolo
contribuendo alla vittoria di Bezzecca.Sempre tra i seguaci di Garibaldi prese
parte alle imprese di Monterotondo e Mentana.Il 18 novembre 1865 fu eletto dai
suoi tarantini deputato e, postosi alla sinistra, difese con veemenza la
democrazia e i diritti di Taranto.Morì a Roma nel 1901, portando con sé il
ricordo di quanto aveva fatto fieramente
come patriota per l’unità e la grandezza dell’Italia e, nella vita privata,
come medico.La città di Taranto gli dedicò una delle piazze principali.
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