Molti sono i vuoti che si possono riscontrare nella plurisecolare storia di Gela; per esempio è classico quello di più di mille anni che va dalla distruzione dell'antica Gela del 282 a.C. alla fondazione di Terranova del 1233. Ma non è il solo. Come dicevamo, ce ne sono tanti altri vuoti e di essi colpisce maggiormente il fatto che spesso riguardano la storia più recente di Gela come, ad esempio, quella inserita nel contesto della liberazione Garibaldina della Sicilia dall'oppressore borbonico. Ci chiediamo: la città di Gela (allora Terranova) che ruolo ebbe, ammesso che l'abbia avuto, nell'epopea garibaldina? Chi scrive, nel 1990 ebbe la possibilità di riportare diverse notizie in merito in una pubblicazione ("Appunti su Terranova di Sicilia, vol.II) grazie al ritrovamento nel locale archivio storico comunale di una serie di carteggi assolutamente inediti relativi ai moti risorgimentali gelesi del 1848 e del 1860. Quanto scritto allora e quanto ricavato recentemente da un periodico stampato a Torino ("Specchio della Stampa", n.38 del 12 ottobre di quest'anno, messoci a disposizione da Rocco Cerro direttore di questo giornale), dove su una cartina geografica della Sicilia viene riportato il tragitto dei garibaldini, oggi ci mette in condizione di rispondere con una certa sicurezza alla suddetta domanda. Possiamo sicuramente affermare che Gela diede un contributo non indifferente all'epopea garibaldina e non solo in termini di vite umane. Leggiamo infatti nel suddetto periodico torinese che dopo la liberazione di Palermo i garibaldini si divisero in tre gruppi; uno di questi, guidato dal Comandante Nino Bixio e con la presenza di Menotti figlio di Garibaldi, il 6 di giugno del 1860 si diresse prima verso Agrigento e poi a Gela per ricongiungersi successivamente agli altri garibaldini alle porte di Catania, ancora sotto il dominio di imponenti forze napoletane. Ma Bixio perchè si diresse e si fermò a Gela per tagliare poi direttamente verso Catania, senza continuare nel siracusano come era nelle sue previsioni? Dalla consultazione di una serie di dispacci e corrispondenze (tratti da una pubblicazione del 1913 edita a Palermo da Francesco Guardione dal titolo "I Mille") tra i comandanti supremi del regno borbonico e le navi di guerra che operavano lunghe le coste della Sicilia sud-occidentale si apprende che a Gela già da diversi giorni prima della venuta di Bixio eistevano dei "movimenti rivoltosi", che richiesero addirittura l'intervento del Maresciallo Afan de Rivera il quale al comando di una nave di soldati borbonici sbarcò nella nostra rada alle ore 10 di sera del 20 maggio 1860 per dare manforte agli uomini del locale presidio borbonico impegnati a sedare un principio di rivolta; nei suddetti documenti leggiamo pure che il"nominato maresciallo, rimase colà (cioè a Gela) tutta notte e parte del giorno appresso onde assodare le misure d'ordine pubblico adottate da quel Sotto Intendente". Gela dunque per la sue vicissitudini risorgimentali contro l'oppressore borbonico (ma anche perchè essendo Capodistretto dei comuni di Butera, Riesi, Niscemi e Mazzarino rappresentava anche un importante caposaldo politico della presenza borbonica) era una tappa obbligata per Nino Bixio anche perchè a Gela avrebbe avuto tra l'altro la possibilità di impinguare di volontari gelesi il suo contingente garibaldino: come in effetti è veramente accaduto; anzi non è azzardato avanzare pure l'ipotesi che la nostra città, ultima della costa ad essere toccata da Bixio prima della partenza per Catania, sia stata un punto di concentramento di volontari garibaldini provenienti dai paesi viciniori, anche se successivamente, durante il tragitto per Catania, la colonna di Bixio si fermò a Niscemi, Acate, Vittoria (forse pure Comiso e Santa Croce Camerina), Caltagirone e Palagonia per raccogliere ancora altri volontari: tale ipotesi trova conforto nella cifra ufficiale di circa 20.000 garibaldini siciliani che parteciparono all'epopea dell'Eroe dei due Mondi per liberare la Sicilia e per l'Unità d'Italia. Il fatto poi che Bixio non abbia proceduto nella maggior parte del rimanente territorio siracusano (allora la provincia di Ragusa non era stata ancora istituita) si spiega con la presenza in esso di consistenti truppe borboniche che sicuramente avrebbero rappresentato un grosso pericolo per la colonna garibaldina ancora in via di formazione.
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