Il 52° Battaglione “ALPI” discende dai tre reggimenti di volontari, formati nella primavera del 1859, in previsione della guerra contro l’Austria, nei depositi di Cuneo e di Savigliano e riuniti nella Brigata “Cacciatori delle Alpi” al comando della quale fu destinato Giuseppe Garibaldi nominato Maggior Generale dell’Armata Sarda. Lasciato libero di agire come avrebbe ritenuto più opportuno, Garibaldi, con decisione molto coraggiosa, mosse verso il Lago Maggiore. I circa tremila Cacciatori entrarono nella terra lombarda, a parecchie giornate di marcia dalle truppe piemontesi più avanzate, senza sapere né come né quando i franco-sardi avrebbero potuto aiutarli. Per assicurare una maggiore celerità al movimento, il Generale ordinò ai volontari di lasciare gli zaini, sostituendoli con grandi tasche applicate all’interno dei cappotti e vietò qualsiasi bagaglio all’infuori del materiale sanitario e delle munizioni. A mezzodì del 20 maggio la Brigata partì da Biella per Gattinara ed il 22 era ad Arona, dove Garibaldi aveva ostentatamente fatto raccogliere vivere e scegliere alloggiamenti allo scopo di ingannare gli austriaci. I Cacciatori delle Alpi appena giunti ad Arona marciarono a sud, su Castelletto, dove due compagnie passarono il Ticino nella notte dal 22 al 23, occupando di sorpresa Sesto Calende e ristabilendo il ponte galleggiante, sul quale il grosso della Brigata non tardò a raggiungere la sponda lombarda. L’arrivo dei garibaldini a Varese ed il fermento che subito di manifestò a Milano fecero intanto apparire imminente la temuta insurrezione dell’alta Lombardia e il Comando austriaco ordino all’Urban di muovere da Como a Varese con la Brigata Rupprecht; mentre gli si mandava in rinforzo, per ferrovia, la Brigata Augustin. Garibaldi informato dei movimenti austriaci, attese il nemico a Varese, dove il 26 l’Urban, con la Brigata Rupprecht , fu respinto e dovette ripiegare su Como. In questa città egli trovò altri rinforzi e ricevette la Brigata Augustin. Il vittorioso combattimento di Varese aveva imposto ai Cacciatori la perdita di 85 volontari, tra i quali Enrico Cairoli, primo dei quattro fratelli che dovevano offrire la vita all’Italia. Dopo la vittoria di Varese i Cacciatori delle Alpi marciarono su Como, dove il grosso della Divisione Urban si preparava a difendere la città ed aveva dislocato i suoi avamposti tra San fermo e Civello. Garibaldi decise di impadronirsi di San fermo, da dove dominava il lago; fece attaccare, il 26 maggio, gli avamposti austriaci dalla compagnia De Cristoforis, mentre il reggimento Medici doveva assalire i nemici sul fianco e tentare di tagliar loro la ritirata. Sopraffatti dopo un duro combattimento e messi in fuga gli avamposti nemici, travolte le forze che accorrevano al contrattacco, il Generale marciò decisamente verso Como, lasciando, quale retroguardia, cinque compagnie di volontari a San Fermo, con l’incarico di resistere tenacemente al nemico, molto più numeroso. Occupata Como, Garibaldi richiamò le cinque compagnie da San Fermo e fece occupare Camerata, alle porte della Città; mentre gli austriaci partivano per Monza, lasciando bagagli, magazzini e prigionieri nelle mani dei Cacciatori. Nessun garibaldino rimase prigioniero; ma a San Fermo aveva concluso la sua vita, tutta dedicata alla Patria, il capitano Carlo de Cristoforis. Il possesso di Como apriva a Garibaldi le vie della Valtellina e del Bergamasco, dove l’insurrezione già serpeggiava. Una compagnia di Cacciatori fu subito mandata a Lecco a sostenere gli insorti, e ben presto la situazione divenne così preoccupante per gli austriaci che il 29 maggio la Brigata Hodiz, la quale si stava trasferendo proprio allora dalla Boemia in Italia, fu mandata a Bergamo, dove rimase fin dopo Magenta. L’occupazione di Como non costituiva per i Cacciatori delle Alpi che una premessa per un’azione sulle retrovie nemiche. Per conseguenza gli austriaci, consapevoli del pericolo, non avrebbero tardato a rioccupare la città. Con questa previsione il Generale, non volendo rassegnarsi ad una lotta difensiva, nella quale difficilmente la sua abilità manovriera e l’impeto dei volontari avrebbe potuto compensare l’esiguità delle forze, decise di lasciare Como, anche per non subire la volontà dell’avversario, e si diresse a Lavento, dove tentò un colpo di mano, non riuscito, contro il forte. Informato che l’Urban aveva bombardato Varese, Garibaldi per la montagna ritornò presso la cittadina e poi, sempre percorrendo sentieri di montagna, ritornò a Como senza che l’Urban osasse attaccarlo. Intanto l’esercito franco-piemontese passava il Ticino e sconfiggeva gli austriaci a Magenta. Garibaldi aveva magistralmente assolto il compito di distrarre all’azione principale grosse formazioni nemiche. Dopo Magenta, i Cacciatori delle Alpi continuarono a costituire l’ala sinistra dei franco-piemontesi ed entrarono primi a Bergamo e primi a Brescia.
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