Nel 1832, a Marsiglia, inizia la pubblicazione della rivista "La Giovine Italia", che ha come sottotitolo "Serie di scritti intorno alla condizione politica, morale e letteraria dell'Italia, tendenti alla sua rigenerazione". Mazzini individuò nel tipo di azione politica svolta dalla carboneria le cause del fallimento dei moti italiani. I difetti di questa organizzazione erano stati la segretezza e la mancanza di un programma ben definito. La segretezza aveva impedito ai cospiratori di avere ampia partecipazione da parte delle popolazioni che si erano trovate coinvolte in moti di cui non conoscevano né i capi né la finalità. La mancanza di chiari programmi aveva determinato anche negli stessi organizzatori incertezze e divisioni. Gli affiliati della Giovine Italia dovevano propagare le proprie idee perché l’opera di educazione era fondamentale per ottenere la rigenerazione morale e spirituale del popolo italiano. L’opera di educazione doveva concludersi con l’impegno all’insurrezione e la partecipazione diretta alla guerra armata. Tra educazione ed insurrezione esisteva un rapporto di dipendenza. La propaganda avrebbe accresciuto il numero delle persone disposte a lottare e lo lotta avrebbe costituito un ulteriore momento di educazione. Lo sforzo di organizzazione compiuto da Mazzini da 1831 al 1843 fu enorme: la "Giovine Italia" era penetrata in tutti gli stati italiani, faceva proseliti soprattutto nei ceti borghesi, ma reclutava aderenti anche tra artigiani e proletari. Scarsa fu invece la penetrazione nelle campagne. Secondo il programma di Mazzini l’Italia doveva essere una- indipendente- sovrana. La "Giovine Italia" conobbe una rapida espansione caratterizzandosi nella sostanza come partito di quadri, composto cioè da persone preparate e pronte all'azione insurrezionale. Ma i tentativi insurrezionali compiuti si conclusero con l'insuccesso. Nel 1833 e poi nel 1834 l'organizzazione fu decimata da arrestie condanne. Mazzini, constatata l'immaturità politica italian, fondò a Berna (Svizzera) la “Giovine Europa” Mazzini non si riconosceva in alcuna Chiesa, malgrado ciò, il rivoluzionario genovese era uno spirito profondamente religioso, convinto che dio avesse assegnato agli uomini la missione di vivere nella pace e nella giustizia. Gli individui, pertanto, dovevano concepire la propria esistenza in primo luogo come un dovere e dedicare ogni energia alla costruzione del nuovo mondo libero e giusto che Dio chiedeva loro di costruire. Dio, inoltre, secondo Mazzini, aveva assegnato all’Italia un ruolo di primaria importanza. Proprio perché la sua condizione era particolarmente difficile, essa doveva dare l’esempio a tutti gli altri popoli e indicare la via della liberazione dal dominio straniero e dall’oppressione. L’idea di nazione, dunque, era al centro del pensiero mazziniano. A giudizio di Mazzini, tutti i popoli avevano pari dignità e pari diritti alla libertà e all’indipendenza, non a caso degli fondò nel 1834 la Giovine Europa. La scelta repubblicana si spiega con il fatto che, per Mazzini, la sovranità apparteneva solamente al popolo: questi non poteva delegare a nessuno a governare al duo posto. Un popolo che con le proprie forze fosse riuscito a conquistare la libertà sarebbe riuscito pure ad esercitare il potere, senza far ricorso ai re, che per altro erano tutti, secondo Mazzini, dei potenziali tiranni e dittatori spietati. Il contributo del mazzinianesimo al Risorgimento è da riconoscere in questa affermazione che il popolo italiano avrebbe conquistato la sovranità e la libertà solo assumendo direttamente l’iniziativa politica. La futura Italia avrebbe dovuto essere una repubblica perché solo la forma repubblicana avrebbe permesso al popolo italiano di attuare la missione affidatagli da Dio. La Giovine Italia determinò un salto di qualità nella organizzazione della lotta politica in Italia.
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