/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": La Breccia di Porta Pia

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lunedì 21 dicembre 2009

La Breccia di Porta Pia


Il Regno d'Italia che aveva preso vita dopo il biennio 1859-1861 fra i vari problemi posti dall'unificazione, si trovava a dover affrontare alcune questioni che erano rimaste irrisolte. Un primo fondamentale nodo da sciogliere fu quello del compimento dell'unità territoriale dello stato. La città di Roma, che era ancora nelle mani del Vaticano, era stata proclamata capitale del regno d'Italia nella seduta del Parlamento del 27 marzo 1861 in un importante discorso di Cavour, il quale aveva ricordato le ragioni storiche che motivavano quella decisione. Cominciava dunque a profilarsi quella che fino al momento decisivo del Concordato del 1929 che chiude le controversie tra Stato e Chiesa, fu nota come "la questione romana". Con questa espressione non ci si limitava a descrivere il solo problema dell'annessione territoriale di Roma, ma si chiamava in causa il complesso tema delle relazioni tra Chiesa cattolica e Stato italiano, in quel momento già molto difficili a causa della rilevante riduzione del dominio pontificio che aveva accompagnato la formazione del nuovo regno.

Il pontefice Pio IX del resto difendeva in tutti i modi la necessità del dominio temporale quale garanzia di libero esercizio dell'azione spirituale. Dopo la morte di Cavour nel 1861 i suoi successori Bettino Ricasoli e Urbano Rattazzi non riuscirono a sbloccare la situazione. Giuseppe Garibaldi nel 1862 affrontò il caso a modo suo e cercò di espugnare lo stato Pontificio "manu militari". In Sicilia radunò un gruppo di volontari per marciare su Roma. Per rassicurare Napoleone III, che minacciava l'invio di truppe a difesa del papa, Rattazzi proclamò lo stato d'assedio nell'isola e, in seguito, mandò l'esercito a fermare Garibaldi che intanto era sbarcato in Calabria con i suoi volontari. Il 29 agosto 1862 le forze dell'esercito regolare aprirono in Aspromonte il fuoco contro i garibaldini. Garibaldi, ferito, fu imprigionato per alcuni mesi a La Spezia.

Nel 1867 Garibaldi si diede ancora da fare per una nuova spedizione verso Roma e per questo venne nuovamente arrestato. Non si fermò, tuttavia, l'organizzazione dell'impresa. I volontari entrarono ai primi di ottobre nello Stato pontificio, raggiunti poi da Garibaldi, che era fuggito da Caprera. Contro di essi, però, Napoleone III aveva provveduto a inviare un corpo di spedizione militare. Dopo un primo successo dei garibaldini a Monterotondo, falliva l'insurrezione di Roma, dove i volontari che erano riusciti a entrare in città venivano sconfitti dai pontifici a Villa Glori. Il 3 novembre 1867 anche gli uomini di Garibaldi erano definitivamente battuti a Mentana dalle truppe francesi.

La sconfitta di Napoleone III a Sedan e la proclamazione in Francia della Repubblica offrirono al governo italiano, guidato in quel momento dal piemontese Giovanni Lanza, l'occasione per assumere un'iniziativa autonoma. Il 20 settembre 1870 un corpo di bersaglieri al comando del generale Raffaele Cadorna entrava a Roma attraverso una breccia aperta nelle mura della città all'altezza di Porta Pia. I bersaglieri hanno comunque la cura di far sparare la prima cannonata da un tenente ebreo per evitare la scomunica che Pio IX ha già promesso a chi avesse sparato per primo. Pio IX si rifugia nei palazzi vaticani. Con un successivo plebiscito del 2 ottobre veniva proclamata l'annessione della città e del restante territorio pontificio all'Italia. Il governo italiano approva la "Legge delle Guarentigie" con la quale riconosce una serie di privilegi economici e giuridici in vantaggio del Vaticano. Il 1° novembre, Pio IX dopo aver guidato la controrivoluzione dalla fortezza di Gaeta, come ultimo difensore della tradizione del potere temporale, proclama nel Concilio Vaticano Primo il dogma dell'infallibilità, respinge le guarentigie italiane, scomunica i responsabili dell'invasione, invita i cattolici a non partecipare alla vita politica di questo stato definito ribelle, che il pontefice e la Chiesa non riconosce. Con i fatti di Porta Pia la questione romana smette di essere uno dei primi problemi nell'agenda politica dello stato unitario, anche se la definitva riorganizzazione territoriale di ciò che rimane del potere temporale avrà definitiva sistemazione solo nel 1929, con il Concordato voluto da Benito Mussolini. Dopo la "Conciliazione" mussoliniana la commemorazione del 20 settembre perde rilevanza, fino ad essere relegata tre le "viete" ricorrenze legate allo stato liberale, che il fascismo si impegna a trattare come un vecchio, desueto e inservibile ricordo.

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