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lunedì 21 dicembre 2009
Nino Bixio
NINO BIXIO nasce a Genova il 2 ottobre 1821 e muore a Atjeln nell’isola dl Sumatra il 16 dicembre 1873. Paragonato da D’Annunzio a Giovanni delle Bande Nere di questo aveva, oltre che la violenza, uno sprezzante senso del pericolo e del dolore che si rifletteva poi sugli uomini al suo comando che nutrivano sentimenti discussi di odio e amore nei suoi confronti. Odio per le stragi subite e attuate e amore nel momento del trionfo e della gloria. Per avere l’onore di battersi con Bixio gli uomini dei Mille sopportavano volentieri le sue prepotenze e le sue violenze. Rimasto orfano giovanissimo si imbarcò come mozzo su un brigantino che partiva per l’America. Rientrato in Italia. si arruolò nella marina sarda, ma vi rimase per poco tempo, dato il suo carattere. Il suo desiderio di avventura fu più forte. Con due compagni si imbarcò su una nave americana diretta a Sumatra. Dopo molte avventure rientrò in Europa e nel 1847 era a Parigi ospite del fratello presso li quale conobbe Mazzini e le novità in vista per la rivoluzione italiana. Nel 1848 Fu a Govemolo, Vicenza e Treviso e verso la fine dell’anno aderì al reclutamento che Garibaldi andava facendo per Roma. Il 9 maggio 1849 si distinse nella battaglia dl Palestrina e venne nominato Capitano. Aveva conosciuto intanto Mameli, suo compaesano, col quale strinse una calda e profonda amicizia, che i due rinsaldarono in occasione di un loro ricovero in ospedale dopo aver subito entrambi gravi ferite in combattimento. “Goffredo Mameli “ sarà chiamata la nave, dopo la sua morte, con la quale per circa dieci anni Bixio navigò in mari lontani in attesa della riscossa d’Italia. Bixio nel frattempo si era sposato e come si dice in questi casi era diventato un agnellino. Quando pensava a lei (Adelaide), quando le scriveva si trasformava, diventava tenero, dolce; dal loro epistolario emerge la figura di uomo dalla profonda sensibilità, in cui l’amore per la famiglia è superato solo da quello per la patria. Alla vigilia della guerra con l’Austria, Bixio fondò e diresse un giornale, ma nel 1859, deposta la penna, è al comando di una battaglione dei Cacciatori delle Alpi, a fianco di Garibaldi. I due si stimano e si apprezzano reciprocamente anche se Garibaldi deve frenare e incanalare la sua improvvisa violenza.
Come farete a comandare diecimila uomini, voi che non sapete comandare a voi stesso? Gli disse una volta Garibaldi.
L’anno dopo Garibaldi lo chiama per la spedizione dei Mille e ne fa il suo braccio destro. Col • Lombardo • Bixio sbarca a Marsala e trasferisce nei suoi uomini l’ardore e la passione che ha in sè: sbaraglia I borbonici a Calatafimi; entra a Palermo ferito, ma non vuole cure e si estrae da solo la pallottola. Viene poi inviato, questa volta si violento come voleva Garibaldi, a reprimere i disordini di Bronte. E’ nuovamente ferito nell’attacco a Reggio Calabria e raggiunge Garibaldi in tempo per la battaglia del Volturno, dove si distingue spezzando la tenace difesa nemica. Particolarmente intelligente e sensibile Bixio capì che per il bene della patria non poteva esserci dissidio tra i grandi, per cui quando i rapporti tra Cavour e Garibaldi divennero difficili, Bixio divenne un abile diplomatico tanto che riuscì a mettere pace tra i due.
" lo sono il generale Bixio, un generale di Garibaldi non si arrende mai". cosi rispose nel 1866, nella battaglia dl Custoza, quando il nemico ebbe l’ardire di chiedere la sua resa. Il fatto che fosse eletto deputato, non lo distoglieva dalla sua vecchia passione, il mare. Lo vediamo per l’ultima volta a Roma nel 1870 poi parte per l’Inghilterra dove si fa costruire la “Maddaloni” nave a vela e motore con la quale passa attraverso il nuovissimo canale di Suez con destinazione i mari di Sumatra. Raggiunta l’isola iniziò l’attività di mercante che però durò poco. Un imprevisto sconvolse la vita dell’equipaggio: il colera. Nonostante le precauzioni, la malattia cominciò a dilagare e colpì anche il comandante. Bixio capì che era la fine: dettò la sua ultima lettera alla moglie e ai figli e alle 9 di mattina del 16 dicembre 1873 esalò l’ultimo respiro. I suoi uomini che non vogliono gettarlo in mare lo seppelliscono sulla spiaggia avvolto nel tricolore.
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