Felice Orsini, giustiziato per aver attentato alla vita di Napoleone III ritenendolo un ostacolo all’ Unificazione Italiana, fu imprigionato per 5 mesi insieme ai compagni riminesi Andrea Borzatti ed Enrico Serpieri nel 1844 per aver formentato moti rivoluzionari in Romagna, nella Fortezza di San Leo, ove è ancora presente il tavolaccio dell’epoca su cui si coricava. Orsini nasce a Meldola di Forlì nel 1819, figlio di un ex Ufficiale di Napoleone, che aveva fatto la campagna di Russia, è di aspetto gradevole e diventa un impenitente donnaiolo tanto che a causa di tresche amorose a 17 anni uccide il cuoco di casa del facoltoso zio Orso, che grande amico del futuro Papa, l’allora Vescovo Mastai Ferretti, lo aiuta a entrare in Seminario.La sua vita in collegio dura poco non solo per la mancanza di vocazione ma per essere attirato dalle donne e dalle idee rivoluzionarie. Diventato avvocato partecipa nel 1848 ai moti del Nord Italia, combatte con Durando a Vicenza e in seguito con Garibaldi a Roma; diventa Governatore provvisorio di Ancona. La sfortunata carriera di rivoluzionario si arresta a Hermannstadtnel 1854, imprigionato dagli Austriaci a Mantova rischia di fare la fine dei martiri di Belfiore. Riesce ad evadere il 29 marzo 1856, uccel di bosco, come neppure la Primula Rossa era riuscito a fare, scrive a Cavour per poter servire come regolare nei Servizi Segreti, la sua fede Mazziniana si era spenta, ma all’alba del 13 Marzo del 1858 Orsini con un altro compaesano romagnolo Pieri viene portato al patibolo per essere ghigliottinato.
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