Giovanni Durando nacque a Mondovì nel 1804 dalla distinta famiglia dei Durando, la cui casa era prospiciente la Piazza Maggiore, vicino al duomo e alla chiesa della Missione. Contrariamente alla madre, persona pia, che istillò la religiosità e la fede nel cuore degli otto figli, il padre aveva idee liberali ed era di tendenze laiche ed agnostiche che due figli, Giovanni e Giacomo assorbirono. Giovanni seguì il fratello Giacomo nell'esilio dal Regno di Sardegna, militando con lui nella legione straniera belga e combattendo in Portogallo tra i Cacciatori di Oporto (italiani 1835) . Nel 1848 Giovanni ebbe il comando supremo delle truppe pontificie (regolari e volontari) ma disobbedì agli ordini di Pio IX portando le truppe pontificie oltre il Po per sbarrare la strada agli austriaci. Bloccato in Vicenza e incapace di contrastare l'avanzata del Nugent fu costretto alla resa l’11 giugno 1848. Trentamila soldati imperiali con 50 cannoni investirono la città. L'azione principale austriaca si sviluppò contro le posizioni di Monte Berico, vera chiave di volta nella difesa vicentina; posizione presidiata da forze regolari pontificie e da volontari. Azioni secondarie in pianura avevano compiti di sostegno dell'azione principale. I difensori della città erano in tutto circa 11.000 uomini con 38 cannoni. Il generale Giovanni Durando, comandante delle milizie "indigene ed estere", posizionò sulla dorsale dei Berici due battaglioni di soldati svizzeri con otto pezzi di artiglieria, una legione romana comandata da Giuseppe Gallieno, il battaglione universitario del maggiore Luigi Ceccarini, il battaglione civico guidato dal maggiore Raffaele Pasi e alcuni volontari vicentini, tutti sotto il comando dei colonnelli Massimo D'Azeglio ed Enrico Cialdini. ( qui combatterono anche I Bersaglieri Volontari del Po di Tancredi Trotti Mosti, quelli del Reno del Pietramellara e quelli vicentini e civici di Schio di Pier Eleonoro Negri e Arnaldo Fusinato). Dal Castel Rambaldo (oggi Villa Margherita), primo avamposto, sino alle barricate che cingevano il Santuario della Madonna, attraverso le posizioni dei Colli Bella Guardia ed Ambellicopoli di Villa Guiccioli, si articolava così il sistema di presidi a protezione di Vicenza. Gli austriaci occuparono dapprima Castel Rambaldo poi presero, persero e ripresero la Bella Guardia. Mentre il Santuario veniva difeso da pochi valorosi risoluti al sacrificio, il grosso dei difensori si ritirava ordinatamente, tentando anche un ultimo contrattacco che però non poteva cambiare le sorti della giornata. Perduto il monte la città diventava indifendibile, anche per mancanza di riserve da gettare nella lotta. L’11 giugno furono pertanto avviate trattative di resa. Rientrato nell'esercito piemontese (Tenente generale), partecipò con Carlo Alberto alla battaglia di Novara e alla spedizione in Crimea. Giovanni partecipò in seguito alla II di indipendenza (San Martino 1859). Nel 1860 comandò le truppe piemontesi in Toscana mentre Giacomo fu ministro degli esteri nel governo Rattazzi del 1862. Nominato generale di corpo d'armata fu ferito a Custoza (1866). Senatore dal 1860 morì a Firenze nel 1869.
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