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martedì 8 maggio 2012

Giuseppe Petroni


Il 25 febbraio 1812, nasceva a Bologna Giuseppe Petroni. Di famiglia benestante, aderì nel 1832 alla Giovine Italia e alla setta degli apofasimeni. Fu avvocato presso il tribunale della Rota. Partecipò alla prima guerra di indipendenza tra le fila dei volontari pontifici, e ricoprì, nella Repubblica Romana il ruolo di sostituto del ministro della Giustizia, il forlivese Giovita Lazzarini.Alla restaurazione pontificia si diede alla clandestinità, stampando e diffondendo gli appelli di Mazzini a Roma, fino a quando, probabilmente per la delazione di un suo collaboratore, segretario del console inglese, fu arrestato nell’agosto del 1853. Le porte delle galere papaline si riapriranno per lui 17 anni dopo, il 21 settembre 1870, il giorno dopo la breccia di Porta Pia, anche per un disinteresse “politico” da parte del governo sabaudo. Scrive infatti Felice Cavallotti, nella sua Storia dell’insurrezione di Roma nel 1867, dato alle stampe nel 1869:“Fu chiamato a dirigerla l’avvocato Giuseppe Petroni, di Bologna, uomo di eletto ingegno, tempra robusta e carattere intemerato, già sostituto nel ministero di grazia e giustizia della repubblica Romana e in quel momento stesso dimorante clandestinamente in Roma. Il nome di Petroni, di questo martire illustre oggi ancora gemente fra i ceppi del prete, ci richiama involontariamente una delle più tristi e vergognose pagine della missione Tonello. Per una strana ironia del caso, quel nome veniva evocato nelle trattative del cardinale Antonelli coll’inviato italiano, essendo ministro del regno d’Italia, per la giustizia e i culti, Francesco Borgatti, già sostituto procuratore del ministero degli esteri della repubblica Romana e quindi compagno e collega del Petroni in quell’epoca memoranda.- Mossi parola sul delicato argomento dei condannati politici, appartenenti ai territori che ora fanno parte del regno. Il cardinale mi assicurò che il solo condannato per titoli veramente politici è un tal Petroni che al governo italiano non deve essere beneviso, essendo agente confesso e vicario di Mazzini.-Così scriveva il commendatore Tonello, riferendo l’ esito de’ suoi colloqui, al ministro Borgatti, all’ antico collega di Petroni. E il Borgatti accettava placidamente, senza pur replicare, la ingiuriosa insinuazione pretina; e il Petroni, abbandonato a sè stesso da quel governo che accordava al papa il richiamo dei vescovi, trascina ancora oggi, condannato a vita, la veneranda canizie nelle galere pontificie!”Petroni, che non accettò mai compromessi o abiure che avrebbero potuto favorirne la scarcerazione, rifiutò incarichi ed onori. Si limitò ad assumere la direzione del Roma del popolo, l’ultimo giornale su cui scrisse Mazzini, assieme a Campanella, Lemmi, Pantano, Quadrio, Saffi, Tuveri, Bresca, e di cui fu responsabile amministrativo Ernesto Nathan, che sarà grande sindaco della capitale. Il giornale si fece notare per la veemenza degli attacchi ai socialisti dell’Internazionale, e del resto, come fa notare Denis Mack Smith, Mazzini si era espresso in maniera tranchant sul tema, già nel 1840: II socialismo che i Francesi derivarono dal principio fondamentale di Bentham è il peggiorativo dell’idea sociale che la democrazia aveva già prima, ne’ suoi migliori, affratellato all’idea politica; ha indugiato il trionfo di quell’idea. Ma evitando il nome e le aberrazioni, gli Italiani non dimenticheranno che il socialismo fu sintomo di una crisi tremenda che cova più o meno in tutti i paesi d’Europa e alla quale bisogna apprestare rimedio se non si vuole che la società vada sommersa nella guerra fraterna e nell’anarchia.Petroni fu il fulcro, a questo punto, di una querelle epistolare che coinvolse i due inconciliabili eroi del nostro risorgimento. Infatti in una lettera scritta al Filopanti attaccò Garibaldi che rispose in maniera veemente, ma con grande rispetto per la figura del Petroni: “Caro Petroni duolmi di dover difendermi da voi che non ho offeso e ho sempre venerato… e chi satelliti e seiani? Nominateli, vecchio martire della libertà italiana! E quando voi gemevate per 18 anni nelle carceri dell’inquisizione… Che l’umanità non facesse difetto a Petroni emerge anche dalla lettera che invio, da Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia a tutte le logge per accorrere a Napoli nel 1884 per combattere l’invasione cholerica (sic)…. insomma invogliando ed oprando affinché il morbo non si manifesti o ne siano meno gravi le conseguenze“. E tra quelli che dalla Romagna risponderanno all’appello si distinguerà per coraggio e abnegazione un giovane imolese, Andrea Costa. Ma questa è un’altra storia…Giuseppe Petroni morirà a Terni l’otto giugno 1888.
La sua città, Bologna gli intitolerà la via in cui nacque. Al numero civico 27 una lapide lo ricorda.

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