/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": luglio 2013

Visualizzazioni totali

domenica 28 luglio 2013

Masini Angelo

Angelo Masina fu un patriota italiano.
Partecipò ai moti del 1831 in Romagna, poi fuggì in Spagna dove combattè con i costituzionali.
Durante la guerra del 1848 egli combattè nel corpo dei Cacciatori Alto Reno in difesa di Vicenza, col generale Durando.Poi a fine agosto partecipò a Bologna ai tentativi di instaurare un governo provvisorio al posto del prolegato pontificio.  Dopo l'armistizio della I Guerra d'Indipendenza accorse con Garibaldi alla difesa della Repubblica Romana raggiungendo il grado di colonnello; fu tra i valorosi del 30 aprile 1849.
L'intraprendente generale Masina, che il Carducci paragonò a Patroclo, l'eroe greco, viene colpito da una freccia alla coscia durante la difesa di Villa Corsini dai francesi e, trascinato dal suo cavallo, morì.
E' il 3 giugno 1849: nonostante la difesa strenua delle truppe garibaldine i francesi ebbero la meglio.
Sul Gianicolo, definito da Napolitano luogo "della sfida eroica e precorritrice",

sabato 20 luglio 2013

Solaro Della Margarita Clemente

Che il Risorgimento italiano non sia stato esattamente la grande e luminosa epopea che per molti anni è stata raccontata a generazioni di studenti, è – oramai – dato ampiamente condiviso dagli storici. Che Garibaldi e Cavour, ai quali pure occorre riconoscere coraggio (Garibaldi) e genialità politica (Cavour) – non fossero mossi esclusivamente da nobili ideali scevri da più bassi interessi – è dato altrettanto appurato. Che senza il sostegno decisivo della marina inglese, "mille" uomini – pur indossanti temerarie camicie rosse – difficilmente avrebbero potuto scardinare un Regno pluricentenario come quello borbonico, è evidente a chiunque sia dotato di un minimo di buon senso.
A questi dati, se ne affianca un altro, non di minore rilievo. Gli avversari del conte di Cavour e dell’avventura risorgimentale, non furono soltanto Pio IX e il Regno delle Due Sicilie, ma anche figure interne al mondo sabaudo e alle sue istituzioni. Una su tutte, quella di Clemente Solaro della Margarita. Nato a Cuneo nel 1792 – l’anno in cui la Francia giacobina iniziava la conquista dell’Europa – entrò nella carriera diplomatica del Regno piemontese dopo la fine dell’era napoleonica e il ritorno di Vittorio Emanuele I dall’esilio. Credette nell’Europa della Restaurazione, nel diritto divino dei sovrani, nella Chiesa cattolica, nella legittimità dell’alleanza fra il trono e l’altare. Era convinto i re dovessero render conto dei loro atti soltanto a Dio e considerava il pensiero liberale alla stregua di una minaccia alla stabilità degli Stati. Ritenne l’«opinione pubblica», di cui i liberali si atteggiavano a rappresentanti, fosse soltanto una chimera. Nel suo saggio di maggior rilievo, il Memorandum storico-politico – pubblicato a Torino nel 1851 – la descrisse come un torrente senza sponde «che si getta ora a destra, ora a sinistra e copre di fango tutto ciò che incontra sulla sua strada». Aggiungendo che «se scorre in un letto ben scavato e custodito, il torrente non minaccerà le campagne; se lo si abbandona alle passioni, diverrà feroce». Disse anche che «l’opinione pubblica intimidisce i codardi e travolge i deboli nei suoi capricci» ma «può essere spezzata da coloro che l’affrontano con forza e autorità». Fu, insomma, un intransigente reazionario, nello stile di Joseph de Maistre – di una generazione antecedente a quella di Solaro, sabaudo come lui e fra i più insigni teorici della Restaurazione – e, per restare in Italia, di Monaldo Leopardi, padre del più celebre Giacomo.Queste idee e questi sentimenti piacquero a Carlo Alberto negli anni in cui il giovane sovrano non era ancora attratto dal desiderio di cavalcare, per la gloria della dinastia, il movimento nazional-liberale. Così, nel 1835, mentre Solaro si apprestava a partire per Vienna come rappresentante del Regno di Sardegna, Carlo Alberto lo volle a Torino e gli affidò il ministero degli Esteri. Nei dodici anni in cui mantenne l’incarico, firmò trattati di commercio, lavorò a consolidare l’Europa della Restaurazione contro i movimenti liberali e a rafforzare, in un clima di buona intesa con l’Austria, la posizione internazionale del Regno. Il suo declino iniziò quando la pressione austriaca rafforzò il movimento liberale in Piemonte e convertì Carlo Alberto, oramai ex "re tentenna", all’idea nazionale. Fu quello il frangente in cui venne congedato.Ma anche Solaro della Margarita, come Cavour, aveva un progetto per l’ampliamento dello Stato sabaudo. Nel Memorandum sosteneva il Piemonte avrebbe dovuto agire in particolare in Svizzera e Lombardia. In terra elvetica, dove nel 1847 divampò una guerra civile che oppose cantoni cattolici e protestanti, avrebbe dovuto finanziare e aiutare i primi. La vittoria avrebbe sopito le tendenze liberali in Lombardia ed evitato, forse, le Cinque giornate milanesi. Ma quando l’insurrezione scoppiò, nel marzo del 1848, secondo Solaro il Piemonte avrebbe dovuto fare ciò che la Russia zarista avrebbe fatto in Ungheria un anno dopo: intervenire militarmente per ripristinare l’ordine ed evitare che il "morbo" rivoluzionario contagiasse il Regno di Sardegna. Se avessero adottato tale strategia, i Savoia avrebbero avuto diritto a qualche compensazione territoriale. Nel Memorandum scrisse infatti: «Dal lato della Francia non v’è ingrandimento a desiderare, né a sperare, dal lato della Svizzera difficile, ma oltre il Po e il Ticino non impossibile».Erano le partite geopolitiche di un pensionato che trascorse il resto della sua vita a contestare Cavour dai banchi del Parlamento e a redigere testi che meriterebbero tutt’oggi di esser presi in considerazione. Morì nel 1869, quindi italiano, ma convinto – sino all’ultimo giorno della sua esistenza

sabato 6 luglio 2013

ANTONIO PANIZZI

Nato a Brescello (Reggio Emilia) il 16 settembre 1797 il giovane Panizzi si trasferì ben presto a Reggio Emilia, dove frequentò il liceo ginnasio retto dai Gesuiti e la Biblioteca Comunale (da poco istituita), che avevano sede nello stesso edificio settecentesco: Palazzo S. Giorgio.
Compiuti gli studi superiori, nel 1814 si iscrisse al corso di giurisprudenza dell'Università di Parma. Nella capitale del vicino ducato allacciò nuove e significative conoscenze. Tra di esse rimarrà duratura l'amicizia con Angelo Pezzana, direttore della Biblioteca Palatina, ma rimarchevoli saranno anche le assidue frequentazioni di alcuni illustri professori di orientamento liberale e progressista dell'ateneo parmense. Proprio negli anni dell'Università, Panizzi entrò in contatto con la massoneria partecipando fattivamente all'attività cospirativa. Dopo la laurea conseguita nel 1818, aprì uno studio legale a Brescello nella casa paterna, ricoprì incarichi pubblici e si applicò ancor di più nell'attività politica. Coinvolto nelle indagini sulle organizzazioni carbonare dei Ducati, nell'ottobre del 1822 lasciò clandestinamente l'Italia per stabilirsi a Lugano prima e a Londra poi, dove ebbe buona accoglienza dagli esuli italiani e particolarmente dal Foscolo; su consiglio di quest'ultimo si trasferì a Liverpool per dedicarsi all'insegnamento privato dell'italiano.La notifica della sentenza della condanna a morte in contumacia, che lo raggiunse nel '24, non abbattè lo spirito intraprendente del Panizzi, anzi lo spinse ad iniziare una assidua collaborazione con i più importanti periodici culturali inglesi. Nel 1831 trovò impiego presso il British Museum, per mezzo dell'amicizia che lo legava a personaggi influenti del mondo culturale e politico britannico, quegli stessi dei quali si valse (a partire dal 1848) per svolgere un ruolo sempre più prezioso ed importante nelle vicende politiche risorgimentali e che gli consentirono inoltre di adoperarsi fruttuosamente per sensibilizzare la diplomazia inglese alla causa dell'Unità d'ItaliIl ruolo sociale di rilievo che gli conferì la posizione acquisita al British Museum permise al Panizzi di integrarsi perfettamente nella società inglese del suo tempo. Nella grande biblioteca, della quale si apprestava a divenire "principal librarian" (direttore generale), elaborò, tra l'altro, le ormai famose "91 regole" di catalogazione, che costituiranno, per molto tempo, un fondamentale punto di riferimento nello sviluppo delle tecniche biblioteconomiche. Introdusse inoltre una serie di importanti innovazioni, prima fra tutte la progettazione della famosa Reading Room, sala di lettura a base circolare, inscritta nel quadrilatero del cortile interno del British Museum, e sormontata da un'ampia cupola metallica. Uomo di grande levatura culturale (ebbe tra l'altro stretti rapporti con Prosper Mérimée), seppe farsi stimare a tal punto da ottenere il titolo onorifico di Sir, onore riservato in Inghilterra a pochissimi stranieri. Nel 1868 fu nominato Senatore del Regno d'Italia. Morì a Londra nel 1879.