/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": L’Italia dopo il congresso di Vienna

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lunedì 21 dicembre 2009

L’Italia dopo il congresso di Vienna


La sconfitta di Napoleone a Waterloo (vicino a Bruxelles) il 18 giugno 1814 segna per la storia dell'intero continente, una svolta fondamentale. Al crollo dell'impero francese fece seguito nel 1815 il congresso di Vienna, in cui le potenze alleate e vincitrici dell'imperatore francese (Austria, Prussia, Russia, Inghilterra) stabilirono la spartizione dei possedimenti napoleonici. I principi della legittimità dinastica e dell'equilibrio di potere tra i grandi stati, guidarono l'assegnazione dei territori, ragion per cui la Repubblica di San Marino uscì indenne dal Congresso. Oltretutto, il rifiuto dell'offerta di espansione di territorio proposta da Napoleone nel 1797 non permetteva alle potenze vincitrici di assimilare San Marino quale alleato della Francia. San Marino aveva dato la prova, ancora una volta, della sua millenaria lungimiranza e capacità districarsi egregiamente da pericolose bufere geopolitiche.
Il periodo seguente il congresso di Vienna, che va sotto il nome di restaurazione, favorisce il ritorno al potere degli antichi monarchi assoluti spazzati via da Napoleone. Questa politica di ritorno ai vecchi regimi era però contrastata da chi lottava per gli ideali della libertà, dell'eguaglianza e dell'indipendenza. Emerse il sentimento nazionalista, il sentimento di una propria identità culturale; emerse pertanto chi incarnava questi ideali: i liberali. Nei primi decenni del 1800 nascono i cosiddetti moti liberali, sorta di braccio armato del pensiero liberale. Nel gennaio 1820 iniziano in Spagna (Cadice); in marzo tocca al Piemonte (Alessandria e Torino); nel mese di luglio 1820 è l'insurrezione dei liberali napoletani. Nonostante il vigore delle rivolte, esse furono duramente represse dai Francesi ed Austriaci. L'importante è però sottolineare che il 1820 segnò l'inizio di un crescendo di azioni di protesta popolare che culmineranno, dopo un paio di decenni, con le dichiarazioni d'indipendenza.
Seguirono le lotte politiche del 1831-32, nate e lanciate da Parigi nel luglio 1830, nei ducati di Modena e Parma e in buona parte delle Legazioni Pontificie. Non ebbero lunga vita poiché vennero rapidamente soffocate dalle truppe austriache.
Il 1848 segnò l'anno della terza ondata dei movimenti liberali. Fu l'anno delle grandi rivoluzioni europee di stampo sociale, provocate in generale dalle cattive condizioni economiche. Le idee rivoluzionarie, in Italia, partirono dalla Sicilia, nel mese di gennaio, per poi diffondersi progressivamente verso nord, giungendo in febbraio in Toscana, e nel mese di marzo in Piemonte e nello Stato della Chiesa. La ribellione acquistò particolarmente forza in Lombardia ed in Veneto: si giunse così alla proclamazione della Repubblica il 17 marzo a Venezia. Di li a poco sarebbe scoppiata la I guerra d'indipendenza italiana (24 marzo) che vide forze piemontesi, pontificie, toscane, e borboniche (Napoli) fronteggiare l'esercito austriaco. Lo stesso Giuseppe Garibaldi, rimpatriato dal Sud America dove era impegnato nella guerra d'indipendenza del Rio Grande, prese parte alle offensive. Il tentativo di liberazione dell'Italia fallì per la fuori uscita dall'alleanza anti-austriaca del Papa, Pio IX.
Ritroviamo la leggendaria figura del patriota italiano Giuseppe Garibaldi nell'episodio della Repubblica Romana. Con l'abbandono di Pio IX da Roma, dovuto alle crescenti agitazioni popolari, il 9 febbraio 1849 venne proclamata la detta Repubblica. Nel tentativo di liberare Roma dalle truppe repubblicane, il Papa fece appello alle principali potenze cattoliche d'Europa. Rispose la Francia. Con l'entrata delle truppe francesi, il 1° luglio 1849, finì l'esperimento romano: Giuseppe Garibaldi fu costretto alla fuga, assieme ai suoi 4000 seguaci, in direzione di Venezia, unica Repubblica superstite.
Ed è in questo contesto che la Repubblica di San Marino contribuisce attivamente alla scrittura di una importante pagina della storia d'Italia. Al termine della grande ritirata, Garibaldi, accompagnato dai suoi uomini e sua moglie Anita, giunse a Macerata Feltria il 29 luglio 1849. Subito decise di mandare una missiva ai Capitani Reggenti di San Marino, portata dal suo compagno Francesco Nullo e dodici uomini, nella quale richiedeva l'autorizzazione all'attraversamento dell'antico stato. Il tentativo non ebbe successo per il mancato ritorno della risposta sammarinese. Garibaldi non si lasciò per tanto scoraggiare. Il giorno successivo una delegazione capeggiata da Ugo Bassi ripetè la missione. Tuttavia non potendo più oltremodo aspettare la risposta per via della pressante avanzata austriaca, le decimate truppe di Garibaldi sconfinarono di proposito nel territorio neutro di San Marino.
Il comandante delle truppe repubblicane si diresse immediatamente al Palazzo Pubblico per fare personale richiesta ai Capitani Reggenti di essere considerato, assieme ai suoi uomini, come rifugiato per il tempo necessario al riposo. Fortuna volle che il Capitano Reggente Domenico Maria Belzoppi fu in precedenza carbonaro e subì periodi di prigionia come conseguenza delle sue idee liberali manifestate nei moti di Rimini nel 1845. Poteva pertanto capire appieno le ragioni addotte da Garibaldi e sposarle: egli predispose misure in grado di rifornire, medicare e proteggere i soldati repubblicani con la promessa di Garibaldi di non portare sul piccolo stato le calamità della vicina guerra.
Nel frattempo l'esercito austriaco aveva circondato San Marino, aspettando il deflusso dei soldati italiani. Garibaldi invece, dopo avere ispezionato gli uomini stremati dalla lunga ritirata da Roma, diede l'ordine a tutti i combattenti di rispettare la promessa fatta a Domenico Maria Belzoppi, invitandoli al rispetto degli ospiti ed a meritarsi la considerazione ed il rispetto dei cittadini sammarinesi. Concluse il suo discorso concedendo la facoltà a chiunque lo volesse di abbandonare la peripezia, sciogliendo di fatto il suo esiguo esercito. Quella stessa notte del 31 luglio 1849, verso mezzanotte, il generale abbandonò la terra di rifugio, lasciando le sua assonnata truppa riposare. Nel frattempo gli uomini appresero la notizia, lanciandosi sulle tracce del loro comandante, ma invano; forse presi dalla paura si arresero all'idea che la sola via possibile fosse quella della lotta armata contro gli austriaci. Per fortuna loro e di San Marino, non si arrivò a tali estremi: una parte degli ufficiali avanzò uno stratagemma sicuramente meno violento. L'idea era di eludere il nemico facendo filtrare i garibaldini, pochi per volta e senza armi, attraverso le linee austriache. Disgraziatamente, sebbene l'intenzione fosse buona, non altrettanto lo fu la sua attuazione: molti italiani finirono nelle fitte maglie della rete avversa ed altrettanti finirono nelle loro rigide galere; altri ancora furono costretti ad arruolarsi con l'avversario.
Dodici anni dopo, a proclamazione del Regno d'Italia avvenuta (17 marzo 1861), Garibaldi ebbe l'occasione di esprimere, in diverse occasioni, parole di elogio nei confronti della piccola Repubblica di San Marino, alla quale egli doveva molto. Come poteva dimenticare l'ospitalità ricevuta? Non è incauto affermare che qualora non ci fosse stato l'asilo sammarinese, le vicende dell'unità d'Italia avrebbero seguito un corso diverso. Così il 1 giugno 1861 egli dichiarò, in ringraziamento al conferimento della cittadinanza sammarinese del 24 aprile 1861, "Vado superbo di essere Cittadino di cotanto virtuosa Repubblica". Il 28 dicembre 1862 fece riferimento alla secolare indipendenza di San Marino. Il 13 giugno 1864 affermò "Vi ringrazio del regalo che mi rinnoverà sempre nella memoria l'ospitalità generosa di San Marino in un'ora di suprema sciagura per me e per l'Italia". Rinnovò la sua ammirazione nel 1870 quando ricordò un'altra volta il coraggio dei sammarinesi nell'averlo accolto con i suoi uomini.
Le cose però non furono così semplici come sembrano. La piccola Repubblica dovette subire numerose violazioni del proprio confine. Gli austriaci non avevano ancora ingoiato l'essersi lasciato scappare Garibaldi da sotto il naso ed averlo ora praticamente a portata di mano. Decisero pertanto di trasgredire le norme di diritto internazionale varcando senza autorizzazione il confine il 2 agosto 1849. Un corpo di mille uomini di scorta all'arciduca Ernesto prese in consegna le armi depositate dal disciolto esercito rivoluzionario. Ebbero presto fatto i conti: il numero di armi non corrispondeva al numero presunto dei garibaldini. Era ormai certa l'ipotesi secondo la quale diversi italiani si nascondevano in San Marino. Cosa che irritò non poco gli austriaci. Ma per l'ennesima volta il talento diplomatico di un figliol prodigo sammarinese, il Capitano Reggente Domenico Maria Belzoppi, riuscì a calmare le acque e riportare la situazione ad un livello di normalità. Tant'è vero che nei primi giorni di settembre i compagni di Garibaldi ancora rimasti in San Marino forniti di passaporto lasciarono il paese verso la Toscana per raggiungere il porto di Livorno e fare ritorno alle loro case.
Ma non è tutto. Nella notte tra il 24 e 25 giugno del 1851 la Repubblica venne nuovamente invasa da truppe austriache e pontificie: l'accusa mossa contro San Marino era di ospitare alcuni deputati della Costituente romana, la stessa per la quale spese tante energie Giuseppe Garibaldi. Il clima di astio che si venne a creare tra sammarinesi ed austriaci-pontifici culminò nel 1853-1854: tensioni sociali interne a San Marino sfociarono negli omicidi dei presunti istigatori degli interventi militari stranieri. Rilevata la pesante condizione interna, lo Stato Pontificio fece richiesta al granducato di Toscana di prendere possesso di San Marino per ristabilirvi la pace sociale, motivo ovviamente fasullo (è bene ricordare la mole dei precedenti simili tra Vaticano e San Marino). L'idea però non ebbe seguito grazie all'intervento protettivo di Napoleone III (1808-1873), imperatore dei francesi.
L'impegno sammarinese nel Risorgimento non si limitò esclusivamente ad accorti interventi diplomatici dei suoi Reggenti. Si trovano infatti partecipazioni di uomini del Titano nei moti di Rimini del 1845, nelle cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848) e nelle vicende della Repubblica Romana, nella seconda (1859) e terza (1866) guerra d'indipendenza italiana. Altri sammarinesi aiutarono fattivamente le truppe garibaldine all'interno di San Marino stessa, concedendo appoggio morale e logistico di notevole valore. Oltretutto San Marino tenne fede ai suoi intendimenti di concessione dell'asilo a chi era perseguitato: nelle tumultuose pagine del Risorgimento ospitò tra i tanti, il celeberrimo storico di San Marino, Melchiorre Delfico.
Con l'unificazione del Regno d'Italia i rapporti diplomatici di San Marino verso l'esterno si normalizzarono: vennero meno tutte quelle tensioni scaturite da invasioni od occupazioni temporanee di popoli stranieri (tranne l'eccezione del 1874, quando l'esercito italiano circondò la Repubblica dal 16 marzo al 21 giugno in segno di dimostrazione contro il rifugio di alcuni disertori e delinquenti ivi rifugiatisi). Il rapporto di fiducia tra Repubblica di San Marino e Regno d'Italia registrò un'importante ora il 22 marzo 1862 quando fu firmato un accordo comune di buon vicinato e di commercio. Il momento era importante per il paese. La stabilità del sistema politico esterno ai confini della Repubblica, permetteva a questa di iniziare un proficuo percorso di risanamento interno. San Marino poteva cioè permettersi di badare ai propri interessi, in principal modo economici e sociali, senza preoccuparsi di quanto accadeva fuori dai suoi confini.
É del 7 maggio 1861 la storica lettera del presidente statunitense Abraham Lincoln nella quale ringrazia i Capitani Reggenti per avergli conferito la cittadinanza onoraria sammarinese. Egli pronuncia le seguenti parole: " [...] Benchè il Vostro dominio sia piccolo, nondimeno il Vostro Stato è uno dei più onorati in tutta la storia. Esso ha con la sua esperienza dimostrata la verità, così piena d'incoraggiamento per gli amici dell'Umanità, che un Governo fondato su principii repubblicani è capace di essere sicuro e durevole. [...]". Quale migliore conferma di ammirazione da parte di un popolo che ha lottato duramente per fare proprie le regole della democrazia, e che perdippiù nel giro di un paio di decenni sarà destinata a diventare la prima potenza mondiale?
Nel segno del rinnovamento e del progresso, a tutti i livelli (politico, tecnologico, economico), nel 1894 si inaugurò il nuovo Palazzo Pubblico; nel 1874 venne istituito il consolato italiano; aperto l'ufficio telegrafico nel 1880; emessi i primi francobolli nel 1877; razionalizzato il sistema delle poste, già operante dal 1833; redazione del nuovo codice penale nel 1865 (che aboliva tra l'altro la pena di morte).
Nel 1858 furono creati annessi all'ufficio del catasto quelli del bollo e registro ed ipoteca; inaugurata la nuova biblioteca; aperto il museo nel 1865; nel 1879 venne inaugurata la prima tipografia; creato un Monte di Pietà, ad ausilio dei poveri, nel 1860 (sospeso nel 1885); aperto il nuovo ospedale nel 1865.
Il 28 maggio 1876 venne istituita la Società di Unione e Mutuo Soccorso con scopo di fondare, grazie a sussidi, un servizio di mutua assistenza per i lavoratori sospesi dall'attività lavorativa per cause di malattie o invalidità. Rapidamente amplierà il suo raggio d'azione promuovendo il benessere economico ed il bene comune della classe operaia. La fondazione della Cassa di Risparmio, 1882, è merito della Società di Mutuo Soccorso.
L'importante compito svolto dal sistema di educazione nazionale venne riformato nel 1880, anno nel quale si aumentò sensibilmente il numero di insegnanti.
Non è un caso se tutti questi avvenimenti sono successi in quel dato momento storico. Certo, l'unificazione dell'Italia aveva contribuito in buona parte allo sviluppo sociale ed economico di San Marino permettendo, come già detto prima, di concentrare le proprie risorse su questioni assolutamente interne. Il paese aveva infatti grandemente bisogno di riforme, dovute sia al proprio grado di arretratezza amministrativa, sia alla elevata povertà che vi regnava. Non solo però. Il quadro di riforme in questione era inserito in un grande movimento di portata europea, riassumibile con il termine di questione sociale. In tutta Europa il progresso economico aveva fatto emergere nuove forme produttive, la fabbrica, nuove classi sociali, gli operai. Il panorama sociale era però rimasto indietro al vecchio paradigma del padrone-servo. Era giocoforza l'emersione di tensioni, che proprio nell'Ottocento scoppiarono appieno. Pertanto la creazione dei primi partiti operai, sindacati, società di mutuo soccorso, cooperative di consumo, l'emergere dei primi pensatori sociali (vedi la pubblicazione nel 1848 del Manifesto del partito comunista di Marx), vanno inseriti in questo preciso contesto. San Marino non ha fatto altro, in ritardo però, che inserirsi in questa potente corrente che ha creato le basi della sua moderna società.

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