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lunedì 21 dicembre 2009

Emilio Dandolo




Nato a Varese il 5 luglio 1830 e morto a Milano il 20 febbraio 1859.
Dandolo è ricordato principalmente come patriota in quanto fu uno dei protagonisti, unitamente al fratello Enrico e all'amico fraterno Emilio Morosini, delle vicende risorgimentali.
Li vediamo partecipi dalle Cinque Giornate di Milano alle tragiche giornate della difesa della Repubblica Romana del 1849 durante la quale Emilio fu ferito in modo grave, morì il fratello ( il 3 giugno), fu ferito a morte il Morosini ( morto poi il successivo 25 ottobre), morirono anche Francesco Daverio ( sempre il 3 giugno) e il loro comandante nonché amico intimo Luciano Manara.
Sopravvissuto alle vicende successive alla caduta della Repubblica Romana, fuggì in esilio prima a Marsiglia e poi a Lugano.
Nella primavera del 1850 rientrò in famiglia e visse nel ricordo della morte del fratello angustiato anche dall'amore, non corrisposto, prima di Giuseppina Morosini e poi della vedova di Manara Carmelita Fè.
Nel 1850 pubblicò i suoi ricordi nel volume " I Volontari ed i Bersaglieri Lombardi" libro apprezzato anche nella sua traduzione inglese guadagnando le simpatie britanniche alla causa italiana.
Il 20 ottobre 1850 per allontanare i dolorosi ricordi partì per l'Oriente con l'amico marchese Lodovico Trotti con le credenziali e una lettera di presentazione agli " Agenti Consolari di S.M. il re di Sardegna nei territori della Porta Ottomana e nella Grecia". Farà ritorno il 13 agosto 1851; due anni dopo pubblicherà in volume la relazione del viaggio del quale ci occuperemo.
Nel 1855, grazie a Cavour, riottenne il grado di Sottotenente dei Bersaglieri e fu aggregato allo Stato Maggiore del corpo di spedizione in Crimea da dove inviava regolarmente notizie della guerra a Cavour.
Fu costretto a rientrare a Milano per intervento del governo austriaco, pena il sequestro dei beni e fu sempre sottoposto a stretto controllo da parte della polizia.
Malato gravemente di tisi, morì nel 1859 poco prima che la Lombardia venisse liberata.
I suoi funerali, a Milano, assunsero spiccate connotazioni antiaustriache. Fu tumulato con immediatezza nel camposanto di Adro, su disposizione delle autorità nel tentativo di evitare disordini antiaustriaci.

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