/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": ottobre 2012

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mercoledì 31 ottobre 2012

Poesia di Giovanni Pascoli


GIOVANNI PASCOLI , NELLA SUA POESIA " IL RE DEI CARBONARI " LI INVITA A DARSI UNA MOSSA ....

O Carbonari, uscite dalle porte
dell'acque, con le accette sulle spalle.

Uscite al monte, andate nella valle,
tagliate rami verdi d'oleastro.

Recate ognuno frondi d'oleastro,
rami di mirto, calami di canna.


Fatevi, come è scritto, una capanna,
un vostro asilo tacito e selvaggio.

Una capanna, usciti di servaggio,
fate di rami d'acero e di pino;

ove beviate in pace il dolce vino
e vi cibiate della pingue carne.

Ma la sua parte niuno oblii mandarne,
a chi non n'ha, ché questo è il giorno santo.

E lieti siate, ed obliate il pianto.
Gioia è di Dio che il cuore ci fa forte

martedì 30 ottobre 2012

Anzani, Francesco

Anzani, Francesco. - Patriota (Alzate, Como,1809 - Genova 1848); giovinetto combatté per l'indipendenza greca; poi lasciò l'univ. di Pavia per recarsi in Francia, ove prese parte al moto repubblicano nel 5-6 giugno 1832; combatté ancora in Portogallo (ove fu ferito) contro don Miguel e in Spagna contro don Carlos; arrestato a Genova (1838) dalla polizia sarda, fu consegnato all'Austria. Posto sotto sorveglianza, preferì emigrare in America, ove combatté con Garibaldi per l'Uruguay e partecipò alla battaglia di S. Antonio del Salto (8 febbr. 1846). Accorso nel 1848 in patria, morì appena sbarcato a Genova; Garibaldi diede il suo nome a un battaglione.

venerdì 26 ottobre 2012

Piero Cironi


(1819 - 1862)
Figlio di una ricca famiglia terriera, fu rivoluzionario e democratico, protagonista degli ideali democratici risorgimentali che lo portarono ad essere intimo amico di Giuseppe Mazzini, col quale, pare, condividesse anche ideali massonici. Cironi studiò a Prato, poi all'Accademia di belle arti di Siena e si laureò in scienze matematiche all'Università di Pisa. Qui entrò in contatto con ambienti patriottici e rivoluzionari, che si ispiravano agli ideali di Mazzini e di Saint-Simon.
Tornato a Prato, maturò una forte coscienza politica e sociale, interpretando la vita come dovere e servizio, all'insegna di una profonda riflessione etica. Dedicò la sua breve esistenza all'attivismo militante e alla propaganda degli ideali di indipendenza, attraverso il giornalismo e la fondazione di associazioni e società democratiche, a volte segrete. Cercò di coniugare l'intransigenza dei repubblicani con la necessità di una mediazione con i moderati e la monarchia, in vista dell'unità d'Italia.
Si oppose invece al pensiero politico dei cattolici, ispirati in quegli anni dal Primato di Vincenzo Gioberti. Per le sue attività politiche fu imprigionato per un anno nel carcere di Piombino e dovette, in seguito, rifugiarsi a Genova e poi in Svizzera. Nel 1859 fu direttore a Firenze de “L'Unità Italiana”, che appoggiò l'impresa dei Mille. Creò, insieme a Mazzoni e Dolfi, la Fratellanza Artigiana, fondata su quei principi solidaristici che saranno propri del movimento operaio.
Oltre a scritti giornalistici e politici, pubblicò a Prato La stampa nazionale italiana 1828-1860, che può essere considerata la prima storia del giornalismo democratico nazionale.
Morì quarantatreenne a Prato nel 1862.

lunedì 15 ottobre 2012

Compendio Garibaldino di Caprera


Il Compendio Garibaldino di Caprera è formato da una vasta area che racchiude un insieme di edifici al cui interno sono conservati cimeli dell'eroe e gli oggetti utilizzati per la vita quotidiana.
Originariamente appartenenti a Garibaldi, queste pertinenze sono divenute proprietà dello Stato italiano che le cura e ne dispone la fruizione museale.La visita al Compendio è incentrata principalmente sulla Casa Bianca, che il generale costruì assieme al figlio Menotti. Superata la porta d'ingresso, che prospetta sul cortile, si raggiunge l'atrio dove si trovano in esposizione armi e cimeli delle diverse campagne di guerra. Proseguendo, si entra nella camera matrimoniale dove, ai piedi del letto, è collocato il lettino ortopedico sul quale l'eroe infermo trascorse, negli ultimi anni di vita, gran parte del tempo, ed una pianola che rivela l'amore di Garibaldi per la musica. Sono disposte quindi, in successione, la camera dei figli Manlio e di Clelia; a quest'ultima è attigua la cucina con il camino in pietra, il forno e la pompa dell'acqua. Segue il vano dei cimeli e il salotto dove è degna di nota una poltrona in pelle, con schienale reclinabile, munita di scrittoio e leggio, dono della regina Margherita di Savoia.Il percorso prosegue verso la "Stanza della morte", fatta costruire dalla moglie Francesca Armosino per essere destinata inizialmente a stanza da pranzo. Qui Garibaldi, ormai gravemente malato, volle essere trasferito per poter vedere dalla finestra il mare e la Corsica.

mercoledì 10 ottobre 2012

Amari, Michele


AmariMichele. - Patriota, storico e arabista siciliano (Palermo 1806 - Firenze 1889). Oppositore dei Borbone, costretto a un lungo esilio in Francia, fu dapprima fervente mazziniano ma infine appoggiò la soluzione cavouriana. Rientrato in Italia, divenne ministro dell'Istruzione, organizzò gli studi orientali e contribuì in modo rilevante alla conoscenza della Sicilia musulmana.Impiegato ministeriale, nel 1842, alla pubblicazione della sua opera La Guerra del vespro (cui la censura impose il generico titolo Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII), sgradita al governo di Napoli, esulò in Francia, dove intraprese lo studio dell'arabo. Interruppe l'esilio nel 1848-49, quando fu deputato nel parlamento siciliano e ministro delle Finanze. Tornato a Parigi, intensificò i suoi rapporti con il Mazzini, collaborando alla sua attività propagandistica. Rientrò in Italia nel 1860, fu senatore nel 1861, ministro dell'Istruzione dal 1862 al 1864, professore dal 1860 al 1873 nell'Istituto di studi superiori di Firenze. In politica passò dall'autonomismo regionale a una salda convinzione unitaria, pur restando sostenitore di un sistema di largo decentramento, e dalla collaborazione col Mazzini all'appoggio, nel 1860, del progetto unitario e monarchico di Cavour.

sabato 6 ottobre 2012

Pecchio Giuseppe

Pécchio, Giuseppe, conte. - Economista e patriota (Milano 1785 - Brighton 1835), uditore presso il Consiglio di stato (1810-14) durante il Regno Italico, fu nominato dal governo austriaco deputato della congregazione provinciale di Milano (1819). Collaborò al Conciliatore (1818-19) con articoli su temi di economia pubblica. Avendo aderito (1820-21) alla cospirazione dei Federati, fu costretto a esulare in Spagna, in Portogallo e, infine, in Gran Bretagna. Scrisse una Vita di Ugo Foscolo (1830) e una Storia critica della poesia inglese (4 vol, 1833-35); ma la sua fama è affidata soprattutto al Saggio storico sull'amministrazione finanziera dell'ex regno d'Italia dal 1802 al 1814 (1820) e alla Storia dell'economia pubblica in Italia (1829), la prima scritta in Italia. Fu autore anche della dissertazione Sino a qual punto le produzioni scientifiche e letterarie seguono le leggi economiche della produzione in generale (1832).

giovedì 4 ottobre 2012

Pes di Villamarina Salvatore


Cagliari, 1808 – Torino, 1877
Uomo politico e diplomatico. Figlio di un ministro di Carlo Alberto, fu nominato nel 1847 consigliere di legazione e inviato in Toscana come incaricato d'affari (1848). Nel 1852 ebbe la nomina a ministro plenipotenziario a Parigi, dove svolse un ruolo importante nella preparazione dell'Villafranca">armistizio di Villafranca. Alla fine del 1859 fu destinato a Napoli in qualità d'inviato straordinario e di ministro plenipotenziario presso la corte borbonica, e anche qui la sua opera fu particolarmente preziosa nel contesto della spedizione dei Mille, prima; con la dittatura a Napoli di Garibaldi, dopo. Dal 1862 al 1868 fu prefetto di Milano.

lunedì 1 ottobre 2012

FERDINANDO PALASCIANO

Ferdinando Palasciano nacque a Capua il 13 giugno 1815. A 22 anni era già laureato in Lettere, Filosofia e Veterinaria.Era l'epoca delle grandi tappe della medicina e Palasciano, entusiasta dei continui progressi di questa scienza, s'iscrisse all'Ateneo di Messina, conseguendo, nel 1840, la laurea in Medicina e Chirurgia. Dopo la laurea entrò, con il grado di alfiere medico ed assegnato all'Ospedale Militare, nell'esercito borbonico.Nel 1848 l'intera Europa è percorsa da un sussulto rivoluzionario e, quasi ovunque, i popoli si ribellano alla tirannia dell'assolutismo. Anche la Sicilia è terra di tumulti, ribellioni e sommosse. Messina si unisce a Palermo nell'insurrezione contro il dominio dei Borboni ma, nonostante la coraggiosa resistenza ai bombardamenti della flotta borbonica, il 7 settembre capitola ed il generale borbonico Filangeri, s'impossessa della città. Il Filangeri, per infierire sui ribelli vinti, diete ordine ai medici militari di non curare il nessun modo i nemici feriti in combattimento.Ferdinando Palasciano, però, si rifiutò di obbedire e chiamato dal Generale a rapporto, replicò in questo modo: “I feriti, a qualsiasi esercito appartengano, sono per me sacri e non possono essere considerati come nemici.”. Per tale risposta fu accusato di insubordinazione con il rischio di essere passato alle armi. Solo grazie ai buoni rapporti che intratteneva con Re Ferdinando di Bordone ebbe salva la vita. Fu condannato ad un anno di carcere che scontò a Reggio Calabria.A Reggio, anche se prigioniero, Ferdinando Palasciano viene incaricato di soccorrere i feriti dell'esercito napoletano, che le navi trasportano da Messina. Palasciano fu in prima fila nel 1860 a Capua, durante la battaglia del Volturno.Nel 1861, con l’unificazione dell'Italia e la fine del dominio borbonico, il Palasciano può rimettersi in azione per far riconoscere il suo principio di “neutralità dei feriti in guerra”. A Napoli, il 28 gennaio 1861 il Palasciano pronuncia un discorso rimasto celebre nel quale asseriva: “…bisognerebbe che le potenze belligeranti, nella dichiarazione di guerra riconoscessero reciprocamente il principio della neutralità dei combattenti feriti o gravemente infermi, e che adottassero rispettivamente quello dell'aumento illimitato del personale sanitario durante tutto il tempo della guerra.”.La Convenzione di Ginevra, definitivamente approvata il 22 agosto 1864 cioè tre anni dopo, fece pienamente suoi questi memorabili principi umanitari. Il Palasciano vede finalmente mettere in pratica quei pensieri che quattordici anni prima gli avevano messo in pericolo la vita. Ma ciò non basta ancora a tranquillizzare la sua coscienza. Nel giugno del 1870, quando egli denuncia ancora con grande energia tutti gli “episodi di crudeltà” verificatisi tra gli eserciti combattenti durante il conflitto franco-prussiano. Per tale denuncia fu deferito al Tribunale di Guerra e per il medico capuano fu richiesta, l'immediata fucilazione. Ferdinando II, che aveva intuito la grandiosità di Palasciano, lo graziò e pare che, in quella occasione, avesse esclamato, alludendo anche alla bassa statura del medico: “che male po’ ffà, è accussì piccerillo.”Nel 1859, durante la battaglia di Solferino, il Sig. Dunant, svizzero, presente in quei luoghi come semplice spettatore, venne a conoscenza, tramite il dott. Appia, delle innovazioni propugnate dal Palasciano: rimase affascinato da tali idee al punto che le fece sue,Poco dopo Dunant pubblicò a Ginevra “Un souvenir de Solferino”, in cui Dunant esponeva, appunto, il principio della neutralità del combattente ferito.Il libro fu tradotto in molte lingue. A di stanza di poco tempo fu istituitala“Croce Rossa” e il Dunant fu riconosciuto ufficialmente, ma non del tutto meritatamente,ilfondatore.Palasciano, intanto, nel 1865 ottenne la cattedra di Chimica Chirurgica presso l'università di Napoli. Fu, però, sospeso dall'insegnamento dal Rettore Imbriani a causa della sua tenace protesta messa in atto contro il trasferimento di una branca della facoltà presso il Convento di Gesù e Maria. Palasciano non riteneva quel luogo fornito dei mezzi igienici necessari . Il suo nome, comunque, era noto in tutto il mondo e numerosi erano i congressi cui partecipava: Parigi, Bruxelles, Londra, Ginevra. Nel 1886 cominciarono a manifestarsi i primi sintomi di una grave demenza mentale che, intervallata da brevi momenti di lucidità, lo accompagnò fino alla morte, avvenuta il 28 novembre 1891.A Palasciano, dunque, va il grande merito di aver proclamato, per la prima volta, con le sue sole forze e senz'alcun appoggio politico, il principio della “neutralità del combattente ferito”. Pertanto, il suo nome e la sua memoria stanno, idealmente, accanto a quelli delle più grandi figure della Croce Rossa.

R E S T A U R A Z I O N E    E    R I S O R G I M E N T O
La Restaurazione è il periodo che inizia con il Congresso di Vienna ( 1815 ) al quale partecipano  i paesi che hanno vinto Napoleone, cioè Austria, Inghilterra, Russia e Prussia  più la Francia.
Il Risorgimento è il periodo che va dal 1820 al 1870. In questo periodo l’Italia con varie guerre conquista l’indipendenza dall’Austria e l’unità.Il Congresso di Vienna riporta negli stati europei le monarchie assolute, ( tutti i poteri al re ) e toglie tutte le libertà ai popoli : libertà di parola, di stampa, di riunione, cioè restaura ( =  rimette ) quello che c’era prima di Napoleone. Per questo il periodo che inizia con  il Congresso di Vienna è chiamato Restaurazione.Il Congresso di Vienna divide l’Italia in tanti stati, sotto il predominio dell’Austria. Solo il Regno di Sardegna,  che comprende Piemonte, Liguria, Sardegna  ed ha come re i  Savoia,  è indipendente dall’Austria.
In Italia la borghesia è contraria all’Austria per due motivi :
1. Le dogane tra uno stato e l’altro fanno crescere i prezzi delle merci a causa delle tasse doganali e danneggiano industria e  commercio
2. L’Austria toglie i diritti e le libertà portate in Italia da Napoleone. I borghesi vogliono   diritti e libertà e vogliono che l’Italia sia unita e indipendente dall’Austria.
Gli Italiani che sono contrari all’Austria sono detti liberali e si dividono in
liberali moderati          vogliono una  monarchia costituzionale     ( il potere del re è limitato da un Parlamento )  vogliono  la libertà, ma non l’uguaglianza     ( diritto di voto  solo ai più ricchi )liberali democratici     vogliono   la   repubblica.  Vogliono   la   libertà e l’uguaglianza.    ( diritto di voto a tutti )I liberali si riuniscono nelle società segrete  tra cui la più famosa è la Carboneria  ed organizzano nel 1820/21  e nel 1830/31  dei moti, (=rivolte, lotte) contro i sovrani per ottenere la Costituzione, cioè un insieme di leggi che limitano il potere del re e danno diritti ai cittadini ;  ma la maggior parte di questi moti falliscono.Solo nel 1848 vari sovrani italiani,  tra cui Carlo Alberto di Savoia,  sono costretti a concedere la Costituzione.L’Italia  ottiene  l’indipendenza dall’Austria con  due guerre : la Prima guerra di indipendenza  (1848 ) e la Seconda guerra di indipendenza  (1859), guidate entrambe dai re di Savoia.Il  risultato è stato che il Regno di Sardegna si è molto ingrandito e dopo le due guerre di indipendenza comprendeva oltre a Piemonte, Liguria e Sardegna anche Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana.                                                      L’ItaliaMeridionale e Centrale vengono  conquistate  con la  Spedizione dei Mille (1860)  di   Garibaldi.
Il 17 Marzo 1861 nasce, con  Vittorio Emanuele di  Savoia come re,  il Regno di Italia  che comprendeva ormai quasi tutta la penisola: mancavano solo il Veneto, ancora sotto il dominio dell’Austria e il Lazio con Roma sotto il Papa. Capitale del nuovo regno era Torino. Il Veneto fu conquistato nel 1866 con la terza guerra di indipendenza  ed il Lazio con Roma nel 1870. Roma diventa capitale d’Italia. Il papa nonostante la garanzia di indipendenza non accetta il nuovo regno e proibisce ai cattolici di partecipare alla vita politica.    
Nel nuovo stato entra in vigore  lo Statuto Albertino  che era la costituzione del Regno di Sardegna.  Prevalgono i liberali moderati  e pertanto il diritto di voto viene concesso solo ai più ricchi e solo ai maschi. Su 25 milioni, gli elettori non erano più di 500.000, tutti proprietari terrieri, industriali, ricchi commercianti, come anche quelli che diventavano deputati nel Parlamento. Essi non conoscevano a fondo i problemi della grande maggioranza del popolo e non sapevano trovare i mezzi migliori per risolverli.  Si crea così un  distacco tra governanti e governati  e lo Stato apparve a molti Italiani, specialmente al Sud,  come estraneo  e spesso nemico :  uno  Stato aristocratico. .