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lunedì 21 dicembre 2009

Giuseppe Fanelli


Giuseppe Fanelli nacque a Napoli il 13 ottobre 1827 da Lelio e Marianna Ribera. Il padre era originario di una ricca famiglia di Martina Franca (oggi in provincia di Taranto). Lelio Fanelli era un letterato, giureconsulto, agronomo e geografo di fama, anche pedagogista (di cui esistono tantissimi scritti alla Biblioteca Nazionale di Napoli), che si era stabilito a Napoli per esercitare l’avvocatura. Fu anche direttore generale dei collegi e scuole del Regio Albergo dei Poveri Tra le sue opere ’Legislazione e giurisprudenza generale del Regno delle Due Sicilie’, su incarico del governo. Si formò quindi in un “ambiente di cultura spirituale, di agiatezza economica e di politiche aderenze.”(1) Seguì gli studi di architettura, ma non terminò gli studi. Fanelli a 18 anni si iscrisse alla Giovine Italia e nel 1848 fu volontario a Milano nella spedizione di Cristina Trivulzio di Belgioioso, incontrando Mazzini, di cui divenne amico intimo. Combattè nel Tirolo e, dopo l’armistizio di Salasco, si rifugiò con Medici nel Canton Ticino. Nel 1849 partecipò alla difesa della Repubblica Romana con Mazzini, Pisacane, Garibaldi, si battè con valore al Vascello e si guadagnò sul campo i gradi di colonnello. Caduta la Repubblica fuggì in Corsica e poi a Malta, dove progettava una spedizione di patrioti sulle coste napoletane. Tornato a Napoli formò un gruppo di patrioti repubblicani e democratici. Ebbe un carteggio con Pisacane, sempre nella prospettiva di una spedizione nel napoletano. Egli però pensava a tempi più lunghi e non condivideva l’impazienza di Pisacane, per cui Pisacane e Mazzini stessi lo esclusero da un impegno diretto. Ma la tragedia di Sapri fece ricadere su di lui accuse ingiuste di responsabilità o anzi di tradimento da parte di Nicotera. Fu coinvolto nella repressione e dovette fuggire a Smirne, di nuovo a Malta e poi a Londra. Partecipò intensamente alla preparazione e allo svolgimento della spedizione dei Mille con viaggi tra Lugano, Genova, Firenze. A Calatafimi, benché ferito, si battè con valore e Bixio lo definì ‘l’eroe di Calatafimi’. Giunto a Napoli, col grado di colonnello, organizzò una legione di Cacciatori del Vesuvio con Pateras, che partecipò alla battaglia del Volturno e contrastò i tentativi di restaurazione borbonica nelle retrovie campane, molisane, abruzzesi. Amareggiato per l’esito monarchico-moderato dell’impresa, si staccò da Garibaldi, ritirandosi a Martina Franca, dove la famiglia possedeva dei bene. Nel 1863 con L.Cairoli e Nullo andò a combattere in Polonia. Tornato a Napoli, alla luce delle idee democratico-sociali di Pisacane, partecipò alla vita delle associazioni operaie mazziniane e fu presente al loro XI Congresso. Conobbe anche Bakunin, in quel tempo a Napoli, ma senza abbandonare né la massoneria, né la democrazia repubblicana, con Friscia e Gambuzzi. Fu eletto deputato nel 1865 e restò tale fino al 1874. Nel 1866 andò a combattere nel Trentino e fu ferito a Bezzecca. Nel 1867 era a Lugano per discutere con Mazzini sulla necessità di dare una impronta più sociale alla sua impostazione democratica. Nel frattempo partecipò all’impresa garibaldina per la conquista di Roma, che si concluse tragicamente a Mentana. Nell’aprile 1867 partecipò con Friscia e Gambuzzi alla costituzione dell’associazione democratico-sociale ’Libertà e Giustizia’, di cui fu presidente Friscia, collegata all’associazione operaia ‘Amore e soccorso’, con criteri molto severi per l’ammissione. Si avvicinò all’internazionalismo, partecipò nel settembre 1868 con Friscia, Gambuzzi, Bakunin, Tucci a Berna al II Congresso Internazionale della Lega per la Pace e la Libertà. Come membro dell’Internazionale e amico di Bakunin e della sua Alleanza della Democrazia Socialista si recò per far proseliti in Spagna a Barcellona e a Madrid, apostolo e tra i primi fondatori dell’Internazionale in quel paese. Ritornò in Italia nel 1869 ed operò a Napoli nell’ambiente democratico e internazionalista, portando all’adesione giovani come Malatesta e poi Cafiero. Collaborò alla nascita del periodico ‘La Campana’ di Napoli. Fu presente alla Conferenza di Rimini del 1872 e al congresso internazionalista di Saint Imier. Era diventato anche consigliere comunale a Napoli. Fu in dissenso con i giovani internazionalisti per la scelta insurrezionale. Come dice efficacemente Lucarelli” il patriota, vissuto dall’adolescenza fra i turbini della politica e delle battaglie delle fortunose avventure di cui fu tante volte attore o spettatore, non era incline ad eventuali rivoluzioni e non riponeva più alcuna fede - al contrario di Bakunin - negli istinti rivoluzionari delle nostre popolazioni e specialmente delle turbe campestri, che sì barbaro spettacolo avevano dato nella spedizione di Pisacane. Egli era senza dubbio un uomo di grande coraggio, come scrive Malatesta, ma alieno da temerarie intraprese, foriere di amari disinganni. E mi valga la testimonianza del periodico socialista ‘Il Martello’ ‘Fra noi altri italiani Giuseppe Fanelli rappresentava in certo modo la prudenza e la moderazione. “ In relazione all’ultimo periodo della vita continua Lucarelli “l’ostinato persistere della gioventù libertaria nel ’fatto insurrezionale quale efficace mezzo di propaganda’- ricordo i Congressi di Bologna, Firenze, Iesi, Tosi che si svolsero da luglio ad ottobre 1876, e la reazione elevata a sistema di governo, destarono in Fanelli un rammarico profondo; e ad amareggiare vieppiù l’animo si aggiunsero la perdita del seggio elettorale e la morte di Michele Bakunin, che si spense a Berna il 1 luglio 1876. A dar l’estremo crollo alla sua fibra già vacillante ed esausta si aggiunsero le volgari invettive che Giovanni Nicotera, assorto al Ministero dell’Interno col trionfo della Sinistra nel marzo 1876, rinnegando l’antica fede, lanciò ripetutamente contro i socialisti, additandoli come gente oziosa, perduta, criminale. Disanimato allora del presente e dell’avvenire, triste, malato e stanco di vivere, come andava ripetendo fra gli amici, fu colto da melanconia, onde venne ricoverato nella casa di cura del signor Fleurent di Capodichino, quartiere di Napoli, ove si spense all’una pomeridiana del 5 gennaio 1877.” (2) Il Lucarelli riporta anche il verbale della seduta del Consiglio Comunale di Napoli del 5 gennaio, che fu interrotto alla notizia della morte con visibile commozione e impegno di partecipazione di tutti i consiglieri ai funerali.

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