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mercoledì 30 dicembre 2009

Giuseppe Garibaldi


Giuseppe Garibaldi nasce a Nizza il 4 luglio 1807. Carattere irrequieto e desideroso di avventura, già da giovanissimo si imbarca come marinaio per intraprendere la vita sul mare. Nel 1832, appena venticinquenne è capitano di un mercantile e nello stesso periodo inizia ad avvicinarsi ai movimenti patriottici europei ed italiani (come, ad esempio quello mazziniano della "Giovine Italia"), e ad abbracciarne gli ideali di libertà ed indipendenza. Nel 1836 sbarca a Rio de Janeiro e da qui inizia il periodo, che durerà fino al 1848, in cui si impegnerà in varie imprese di guerra in America Latina. Combatte in Brasile e in Uruguay ed accumula una grande esperienza nelle tattiche della guerriglia basate sul movimento e sulle azioni a sorpresa. Questa esperienza avrà un grande valore per la formazione di Giuseppe Garibaldi sia come condottiero di uomini sia come tattico imprevedibile. Nel 1848 torna in Italia dove sono scoppiati i moti di indipendenza, che vedranno le celebri Cinque Giornate di Milano. Nel 1849 partecipa alla difesa della Repubblica Romana insieme a Mazzini, Pisacane, Mameli e Manara, ed è l'anima delle forze repubblicane durante i combattimenti contro i francesi alleati di Papa Pio IX. Purtroppo i repubblicani devono cedere alla preponderanza delle forze nemiche e Garibaldi il 2 Luglio 1849 deve abbandonare Roma. Di qui, passando per vie pericolosissime lungo le quali perde molti compagni fedeli, tra i quali l'adorata moglie Anita, riesce a raggiungere il territorio del Regno di Sardegna. Inizia quindi un periodo di vagabondaggio per il mondo, per lo più via mare, che lo porta infine nel 1857 a Caprera.
Garibaldi tuttavia non abbandona gli ideali unitari e nel 1858-1859 si incontra con Cavour e Vittorio Emanuele, che lo autorizzano a costituire un corpo di volontari, corpo che fu denominato "Cacciatori delle Alpi" e al cui comando fu posto lo stesso Garibaldi. Partecipa alla Seconda Guerra di Indipendenza cogliendo vari successi ma l'armistizio di Villafranca interrompe le sue operazioni e dei suoi Cacciatori. Nel 1860 Giuseppe Garibaldi è promotore e capo della spedizione dei Mille; salpa da Quarto(GE) il 6 maggio 1860 e sbarca a Marsala cinque giorni dopo. Da Marsala inizia la sua marcia trionfale; batte i Borboni a Calatafimi, giunge a Milazzo, prende Palermo, Messina, Siracusa e libera completamente la Sicilia. I1 19 agosto sbarca in Calabria e, muovendosi molto rapidamente, getta lo scompiglio nelle file borboniche, conquista Reggio, Cosenza, Salerno; il 7 settembre entra a Napoli, abbandonata dal re Francesco I ed infine sconfigge definitivamente i borbonici sul Volturno. I1 26 ottobre Garibaldi si incontra a Vairano con Vittorio Emanuele e depone nelle sue mani i territori conquistati: si ritira quindi nuovamente a Caprera, sempre pronto per combattere per gli ideali nazionali. Nel 1862 si mette alla testa di una spedizione di volontari al fine di liberare Roma dal governo papalino, ma l'impresa è osteggiata dai Piemontesi dai quali viene fermato il 29 agosto 1862 ad Aspromonte.
Imprigionato e poi liberato ripara nuovamente su Caprera, pur rimanendo in contatto con i movimenti patriottici che agiscono in Europa. Nel 1866 partecipa alla Terza Guerra di Indipendenza al comando di Reparti Volontari. Opera nel Trentino e qui coglie la vittoria di Bezzecca (21 luglio 1866) ma, nonostante la situazione favorevole in cui si era posto nei confronti degli austriaci, Garibaldi deve sgomberare il territorio Trentino dietro ordine dei Piemontesi, al cui dispaccio risponde con quel "Obbedisco", rimasto famoso. Nel 1867 è nuovamente a capo di una spedizione che mira alla liberazione di Roma, ma il tentativo fallisce con la sconfitta delle forze garibaldine a Mentana per mano dei Franco-Pontifici. Nel 1871 partecipa alla sua ultima impresa bellica combattendo per i francesi nella guerra Franco-Prussiana dove, sebbene riesca a cogliere alcuni successi, nulla può per evitare la sconfitta finale della Francia. Torna infine a Caprera, dove passerà gli ultimi anni e dove si spegnerà il 2 giugno 1882.


2 commenti:

  1. Complimenti e lunga vita a questo blog, dedicato all'Eroe dei due Mondi, una figura storica di grande rilevanza!

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  2. “La Valle della Luna”, storia di un garibaldino in Sicilia orientale!
    Melo Freni ambienta in una Sicilia ottocentesca una storia di passione e di sangue

    Melo Freni, barcellonese, giornalista e scrittore di fama nazionale, ambienta in una Sicilia ottocentesca una storia di passione e di sangue, La Valle della Luna! Siamo nel 1862 nella vallata di Fantina (allora territorio di Novara di Sicilia, oggi appartenente al comune di Fondachelli). In apertura, l' autore usa molte volte la parola "pane", così come Verga fa con la parola "carne" nella novella Libertà . Pane e carne: due elementi basilari del mondo contadino, ancorchè antitetici nel suo immaginario. Come il grande scrittore catanese, in questo breve romanzo Freni intende restituirci un brano del nostro Risorgimento perduto nelle pieghe della storia. Andiamo allo storico episodio dell'Aspromonte: il governo Rattazzi e Garibaldi. "Dallo sbandamento conseguente delle camicie rosse e dei soldati sabaudi che per amore di Garibaldi avevano disertato e si erano uniti ai volontari", spiega Antonio Ghirelli nella postfazione, "nasce l' episodio dal quale Melo Freni ha tratto ispirazione per "inventare" questo romanzo breve, componendo con fervida e rigorosa fantasia di scrittore tasselli sparsi di memorie minime del tempo". Ma faremmo un torto all'autore se ci fermassimo al solo registro storico del suo racconto. Nella Valle della Luna, Freni racconta una delicata storia d' amore tra una ragazza della normanna Novara di Sicilia (l'antica Noa dove ancora oggi si parla un idioma gallico italico) e un ex soldato sabaudo schieratosi con Garibaldi, un giovane parmense che finisce davanti a un plotone d' esecuzione messo insieme in quel buco di mondo dopo lo scontro di Aspromonte. Un amore troncato sul nascere e che a Freni stimola abbandoni poetici, subito controllati con un narrare essenziale e dal lesto fluire. Ed e' in questo mescolare poesia e semplicità di racconto che Freni da il meglio, non a caso egli, a chiusura, riporta un brano del celebre Cent'anni di solitudine, quello in cui Marquez narra della fucilazione di Arcadio Buendia. (Alfredo Anselmo)

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