/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi"

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sabato 7 luglio 2012

Anzani Francesco


(Alzate, Como, 1809 – Genova, 1848)
Patriota italiano. Studente di matematica a Pavia, abbandonò gli studi ed emigrò a Parigi. Fu poi fra i volontari di Oporto nell'esercito costituzionale portoghese, quindi in Spagna, nella legione straniera, al comando di Gaetano Borso di Carminati.Esule in Sud America combatté con Garibaldi in Uruguay partecipando alla difesa di Montevideo assediata dalle truppe di Oribe. L'elezione di Pio IX lo convinse a partire insieme a Garibaldi e ad altri pochi esuli.Il 15 aprile 1848, già gravemente ammalato, salpò da Montevideo alla volta dell'Europa. Sbarcò a Nizza il 21 giugno. Morì due settimane dopo a Genova in casa del vecchio amico pittore Gaetano Gallino

venerdì 6 luglio 2012

Fratelli Mazziotti


 Francesco Antonio Mazziotti
(Stella (oggi Stella Cilento), 1811 – Napoli, 1878).
Figlio di Pietro. Patriota, prese viva parte alle prime agitazioni del 1848, a Napoli e nel Cilento. Eletto deputato dopo la concessione della Costituzione, corse il pericolo di essere arrestato dopo il 15 maggio, ma alla riapertura del Parlamento ebbe parte notevole nei lavori, nelle file della Sinistra: il 4 febbraio 1848 fu aggredito e ferito. Emigrò a Genova dopo il trionfo della reazione (1849) e fu condannato a morte in contumacia. Tornò a Napoli nel 1860, adoperandosi per la pronta annessione al Regno di Vittorio Emanuele, e fu poi deputato nel 1861-65 e nel 1867-70.
Gerardo Mazziotti
(Celso nel Cilento, 1775 – Napoli, 1854).
Magistrato e patriota.  Simpatizzante del giacobinismo, fuggì all'estero ai primi arresti, ma presto tornò a Napoli ed ebbe cariche sotto la Repubblica partenopea (1799); fu magistrato durante il decennio francese e la Restaurazione, ma, eletto deputato nel 1820, fu arrestato dopo la vittoria dell'assolutismo e costretto a esulare a Roma, donde poté tornare a Napoli solo nel 1837.
Giovan Battista Mazziotti
(Celso nel Cilento, 1766 – Napoli, 1850).
Patriota. Fu presto attivo propagandista di giacobinismo, ebbe cariche sotto la Repubblica partenopea e fu perciò deportato (1800); commissario di polizia durante il decennio francese, durò in carica fino al 1819 e nella rivoluzione del 1820 si mostrò fautore delle tendenze più esaltate, sicché, arrestato al sopravvento della reazione, rimase a lungo in prigione e fu poi (1825) deportato a Favignana per 17 anni.
Nicola Mazziotti
( – Napoli, 1821), Fratello di Gerardo, fu ufficiale durante il decennio francese e la Restaurazione e prese parte alla rivoluzione del 1820.
Pietro Mazziotti
( – Salerno, 1829), Fratello di Gerardo coprì uffici sotto i francesi e la Restaurazione, ma nel 1828, accusato di complicità coi rivoltosi del Cilento, fu arrestato e morì in prigione.

  

giovedì 5 luglio 2012

Bresciani Borsa Antonio


Ala (Trento), 24 luglio 1798 - Roma, 14 marzo 1862
Divenuto il simbolo della letteratura antipatriottica e chiesastica del periodo risorgimentale in seguito al giudizio di Antonio Gramsci, che nei suoi quaderni progettò di scrivere un saggio da intitolare «i nipotini di padre Bresciani». Fu di nobili origini e, dopo aver frequentato come chierico i corsi di teologia presso il Seminario di Verona nel 1818, ricevette l'ordinazione sacerdotale a Bressanone nel 1821.Nel 1824, dopo una fuga romanzesca dagli Stati austriaci, raggiunse Roma con il proposito di entrare nella Compagnia di Gesù ma, dopo essere stato ammesso nel noviziato di S. Andrea, venne fatto richiamare dal padre attraverso le autorità religiose e civili. Piegatosi a lasciare il noviziato nell'aprile del 1826, invece di ritornare a Verona si rifugiò a Firenze presso Pietro Leopoldo Ricasoli, e rimase nascosto ai suoi per circa due anni.Dopo aver trovato una via di mediazione con il padre, nel maggio 1828 pronunciò i suoi primi voti religiosi nel  noviziato di Chieri, e fu inviato al collegio del Carmine di Torino e a Genova, nel convitto-accademia di S. Girolamo dell'Università. Rettore di S. Ambrogio a Genova nel 1832, nel 1834 fu inviato come rettore nuovamente al collegio del Carmine di Torino, dove divenne confessore dei principi di Carignano e confidente della regina Maria Teresa. Raggiunta Roma nel 1835 per un periodo di riposo, iniziò la sua attività di scrittore, traducendo opere dal latino e dal francese.Dati gli ultimi voti religiosi nel 1837, divenne per tre anni rettore a Modena nel collegio di S. Bartolomeo e si accostò ad un gruppo cattolico che si batteva per un'idea di patria incentrata sui concetti di religione e famiglia, raccogliendosi intorno alle Memorie di religione, di morale, e letteratura e alla «Voce della verità-Gazzetta dell'Italia centrale».Nel 1838 uscirono a Modena gli Ammonimenti di Tionide, testo che ebbe notevole fortuna e che superò anche la censura austriaca nel Lombardo-Veneto, nel quale l'autore richiamava i giovani all'osservanza dell'Indice dei libri proibiti e li metteva in guardia dalle insidie della carboneria.Ad esso fecero seguito l'anno seguente gli Avvisi a chi vuol pigliar moglie, e i quattro capitoli Del Romanticismo italiano, rispetto alle lettere, alla religione, alla politica, alla morale apparsi sulle Memorie di religione, in cui Bresciani condannava la cultura romantica e ogni sovvertimento della gerarchia religiosa e politica che da essa derivava.All'interno del dibattito sulla questione della lingua, una violenta polemica fu suscitata, sempre nel 1839, dal suo Saggio di alcune voci toscane d'arti, mestieri e cose domestiche in cui si sosteneva il valore del volgare toscano.Di nuovo rettore del collegio del Carmine di Torino dal novembre 1840, rimase in relazione con il circolo di Modena, ma avviò nuovi rapporti con letterati torinesi, tra cui Silvio Pellico e Cesare Cantù. Dal primo gennaio 1843, fatta la professione solenne, assunse il provincialato torinese che mantenne fino al maggio del 1846: lungo questo triennio, nel quale gli attacchi ai gesuiti si fecero in Piemonte sempre più espliciti, ingaggiò una dura lotta per la libertà di insegnamento e per l'autonomia della Compagnia.Tornato a Roma come rettore della Propaganda Fide, si dedicò all'elaborazione di appunti raccolti in Sardegna tre il 1843 e il 1846 e stese l'opera, poi pubblicata nel 1850, Dei costumi dell'isola di Sardegna comparati con gli antichissimi popoli orientali.Membro fin dalla prima seduta della redazione della «Civiltà Cattolica», per la quale aveva presentato una confusa proposta già nel dicembre 1846, vi pubblicò una serie di romanzi di vasto successo, attraverso i quali si esprimevano in forme più semplici gli stessi principi esposti in altre sezioni della rivista, come le verità dogmatiche e morali della religione.Dei tanti componimenti scritti negli ultimi anni della vita si ricordano L'ebreo di Verona del 1850-1851 e La Repubblica romana e Lionello del 1851-1852, in cui si rievocavano gli avvenimenti del 1846-1849 difendendo il punto di vista della Santa Sede, e il Don Giovanni ossia il benefattore occulto, del 1856, in cui presentava un modello di vita sacerdotale da contrapporre all'immagine di clero corrotto diffusa da molta letteratura contemporanea. Si spense a Roma il 14 marzo 1862.


  

martedì 3 luglio 2012

1861: nasce l'Italia


Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d'Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861".
 Sono le parole che si possono leggere nel documento della legge n. 4671 del Regno di Sardegna e valgono come proclamazione ufficiale del Regno d'Italia, che fa seguito alla seduta del 14 marzo 1861 della Camera dei Deputati, nella quale è stato votato il progetto di legge approvato dal Senato il 26 febbraio 1861. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861.
In circa due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, nacque, da un 'Italia divisa in sette Stati, il nuovo regno: un percorso che parte dalla vittoria militare degli eserciti franco-piemontesi nel 1859 e dal contemporaneo progressivo sfaldarsi dei vari Stati italiani che avevano legato la loro sorte alla presenza dell'Austria nella penisola e si conclude con la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d'Italia.
Tra il 1859 e il 1860 non ci fu un vero scontro tra l'elemento liberale e le vecchie classi dirigenti ma una rassegnata accettazione della nuova realtà da parte di queste ultime. Solo nel regno meridionale si manifestò una qualche resistenza, dopo la perdita della Sicilia e l'ingresso di Garibaldi a Napoli (7 settembre), senza colpo ferire, con la battaglia del Volturno e la difesa di alcune fortezze. Il nuovo Stato non aveva tradizioni politiche univoche (insieme ad un centro nord con tradizioni comunali e signorili, c'era un mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli) ma si basava su una nazione culturale di antiche origini che costituiva un forte elemento unitario in tutto il paese, uno Stato - come scrisse all'indomani della conclusione della seconda guerra mondiale un illustre storico svizzero, Werner Kaegi - che cinque secoli prima dell'unità aveva "una effettiva coscienza nazionale" anche se priva di forma politica. Nel rapidissimo riconoscimento del regno da parte della Gran Bretagna e della Svizzera il 30 marzo 1861, ad appena due settimane dalla sua proclamazione, seguito da quello degli Stati Uniti d'America il 13 aprile 1861, al di là delle simpatie per il governo liberale di Torino, ci fu anche un disegno, anche se ancora incerto, sul vantaggio che avrebbe tratto il continente europeo dalla presenza del nuovo regno.Cominciò infatti a diffondersi la convinzione che l'Italia unita avrebbe potuto costituire un elemento di stabilità per l'intero continente. Invece di essere terra di scontro tra potenze decise ad acquistare una posizione egemonica nell'Europa centro-meridionale e nel Mediterraneo, l'Italia unificata, cioè un regno di oltre 22 milioni di abitanti, avrebbe potuto rappresentare un efficace ostacolo alle tendenze espansioniste della Francia da un lato e dell'impero asburgico dall'altro e, grazie alla sua favorevole posizione geografica, inserirsi nel contrasto tra Francia e Gran Bretagna per il dominio del Mediterraneo.