/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi"

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martedì 2 maggio 2017

Poesia dedicata a Giuseppe Garibaldi

G. Carducci
Te là di Roma su i fumanti spaldi
Alte sorgendo ne la notte oscura
Plaudian pugnante per l'eterne mura
L'ombre de' Curzi e Deci, o Garibaldi.

A te de' petti giovanili e baldi
Sfrenar l'impeto è gioia; a te ventura
Percuoter cento i mille, e la sicura
Morte con amorosi animi saldi

Abbracciar là sopra il nemico estinto.
Or tu primo a spezzar nostre ritorte
Corri, sol del tuo nome armato e cinto.

Vola tra i gaudi del periglio, o forte:
Vegga il mondo che mai non fosti vinto
Né le virtù romane anco son morte.

MUSEO NAZIONALE DELLA CAMPAGNA GARIBALDINA DELL'AGRO ROMANO PER LA LIBERAZIONE DI ROMA

Nel 2005 il Museo della Campagna dell'Agro Romano per la Liberazione di Roma, ed esattamente nel mese di maggio, ha festeggiato un secolo di vita. Non tutti sono a Conoscenza che il fabbricato in peperino di Viterbo, richiama l'architettura di un tempietto ellenico accogliendo la similitudine che fece Garibaldi tra il sacrificio dei Cairoli d del loro compagni a Villa Glori con l'eroica resistenza di Leonida nella Grecia classica. Il progetto fu dell'architetto Prof. Giulio De Angelis. La facciata anteriore è adorna di corone d'alloro alternate da trofei con daghe e baionette. Sul fregio, eseguita dallo scultore Scardovi, c'è la scritta "Roma o Morte!". Il Museo, in questi lunghi anni di vita, ha avuto visitatori illustri dai Presidenti del Consiglio dei Ministri Benito Mussolini, Ivanoe Bonomi, Pietro Nenni e Giovanni Spadolini agli  Ambasciatori di Uruguay e Repubblica di San Marino, alti gradi militari delle Forze Armate, studiosi, studenti e semplici cittadini. E' recente la presenza del giornalista Rai Alberto Angela in occasione del documentario di Superquark su Garibaldi. La sua storia è nei volumi con le firme dei visitatori dal 1890. Dal 1997 il Museo ha ripreso la sua collocazione nella storia nazionale affidato in gestione dal Consiglio Comunale di Mentana, alla locale sezione dell'Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini.

martedì 11 aprile 2017

Mazzini: Giovine Italia e Giovine Europa

L’idea e la necessità di un unico stato europeo ha una lunga storia, essa è nata già secoli prima della sua effettiva realizzazione, sostenuta da molti intellettuali, scrittori e politici, apparendo nei loro pensieri e nei loro scritti.«L’epoca passata, epoca che è finita con la rivoluzione francese, era destinata ad emancipare l'uomo, l'individuo, conquistandogli i doni della libertà, della eguaglianza, della fraternità. L'epoca nuova è destinata a costituire l’umanità; è destinata ad organizzare un'Europa di popoli, indipendenti quanto la loro missione interna, associati tra loro a un comune intento». (Giuseppe Mazzini)Tra i tanti personaggi, ha avuto un ruolo molto importante nella formazione dell’odierna Unione Europea Giuseppe Mazzini, un politico e filosofo italiano. Nato a Genova nel 1805, egli venne imprigionato nel 1830 a Savona ed esiliato nel 1831, perciò si stabilì in Francia. Qui fondò la “Giovine Italia”, un'associazione politica insurrezionale con l’obiettivo di trasformare l'Italia in una repubblica democratica, secondo i principi di libertà, indipendenza e unità, ma che venne disciolta per il suo fallimento nel 1833

sabato 25 marzo 2017

La pace di Villafranca

La decisione di aprire le trattative con l'Austria per un armistizio e per dei preliminari di pace fu presa da Napoleone III – evidentemente preoccupato per quanto stava avvenendo nell'Italia centrale – senza avvertire Cavour.Costui, informato il 9 luglio della firma dell'armistizio – avvenuta il giorno precedente senza alcuna opposizione di Vittorio Emanuele II e con la partecipazione, per parte piemontese, del generale Della Rocca –, si diresse immediatamente al campo; la sera del 10 ebbe quindi lunghi colloqui a Monzambano con il re, con La Marmora e con il principe Napoleone, ma non fu ricevuto a Valeggio, dove era il quartier generale di Napoleone III.La mattina seguente, a Villafranca, l'imperatore francese fissò quindi verbalmente i preliminari della pace con Francesco Giuseppe; pur informato immediatamente del contenuto del colloquio, Vittorio Emanuele II non sollevò alcuna obiezione.Il testo definitivamente formulato in un incontro avvenuto la sera stessa dell'11 luglio a Verona tra l'imperatore d'Austria e il principe Napoleone, colà inviato dal cugino imperatore, stabilì che l'Impero asburgico avrebbe ceduto la Lombardia alla Francia – la quale solo in un secondo momento l'avrebbe passata al Piemonte – ma avrebbe conservato il Veneto e le fortezze di Mantova e Peschiera.Il granduca di Toscana e il duca di Modena, parenti di Francesco Giuseppe e suoi alleati, sarebbero poi rientrati nei loro possedimenti, mentre per quel che riguardava il Ducato di Parma, di cui invece non si faceva menzione nel testo, non furono avanzate obiezioni ad una sua eventuale annessione al Regno di Sardegna.Atteso il ritorno del principe francese a Valeggio, assieme a Napoleone III, Vittorio Emanuele II rientrò quindi molto tardi al suo quartier generale di Monzambano, dove, la notte stessa dell'11 luglio, mostrò a Cavour copia del trattato.Vi fu allora tra i due una violenta discussione, durante la quale il primo ministro tentò in ogni modo di persuadere il re a non firmare l'accordo, assolutamente inaccettabile dal punto di vista del movimento nazionale italiano. Di fronte però alla fermezza del sovrano, Cavour si convinse di non dover far altro che rassegnare le dimissioni.Il passaggio al Piemonte della Lombardia sarebbe stato poi definitivamente sancito dalla conferenza di pace di Zurigo, chiusasi il 10 novembre 1859.