/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi"

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sabato 22 settembre 2012

Antonio Panizzi

L' avvocato Antonio Panizzi fu condannato a morte in Italia ma nominato Sir Anthony Panizzi dalla regina Vittoria dopo avere rifiutato l' onorificenza per ben due volte. Nel 1822 Panizzi era un ispettore scolastico quando - il 22 ottobre - venne arrestato dal duca Francesco IV, appena restaurato, che lo sospettava di essere un carbonaro. Panizzi negò l' accusa perché apparteneva invece ai Sublimi Maestri Perfetti. Con l' aiuto del secondino, riuscì a fuggire fino al Ticino. Molte pressioni vennero fatte perché gli svizzeri si liberassero di lui, e nel maggio 1823 Panizzi era già a Londra. L' anno seguente una lettera dall' Ispettore ed esattore di Finanza di Modena raggiunse Panizzi. Era un conto di 225 franchi e 25 centesimi per la sua esecuzione in effigie, compresa una mancia per il boia. Panizzi rispose ironicamente «dai Campi Elisi». Foscolo consigliò Panizzi di andare a Liverpool dai suoi amici filoitaliani, il banchiere e patrono della cultura italiana Sir William Roscoe e il ministro della chiesa unitaria reverendo William Shepherd, che gli trovò in fretta lavoro come «venditore di verbi ed articoli»: imparare l' italiano veniva allora considerato obbligatorio per un' educazione liberale. Panizzi aveva il dono di coltivare importanti amicizie. E quando Foscolo lo raccomandò come avvocato esperto in diritto romano, per aiutare il suo amico Henry Brougham in un caso complicato, fece una grande impressione sull' uomo che stava per diventare Lord Cancelliere e Lord Brougham. Dato che Brougham faceva anche parte del Consiglio dell' University College di Londra, appena fondato, Panizzi ne divenne il primo professore di italiano. Pochi studenti volevano dire pochi soldi: così Brougham - membro anche del Consiglio del British Museum - assicurò a Panizzi il posto di assistente bibliotecario, nonostante i Tory obiettassero che quell' incarico dovesse essere affidato a qualcuno che non fosse uno straniero appartenente alla Chiesa cattolica romana. Come risposta Panizzi presentò con successo domanda per la naturalizzazione britannica - avvenuta con Atto del Parlamento - grazie al sostegno di due membri della Camera dei Lord, e alla sua capacità di coltivare molti amici influenti. Panizzi si sarebbe in seguito assicurato la nomina a cavaliere perché fu lui a compilare il primo catalogo dei libri stampati del British Museum. Inoltre per Atto del Parlamento trasformò poi questo catalogo in una Biblioteca del copyright che doveva ricevere per legge una copia di ogni libro pubblicato, introducendo così per la prima volta l' idea della proprietà intellettuale (tutti i romanzi di Dickens negli Stati Uniti erano «copie pirata» e quando il romanziere protestò venne attaccato come un nemico della libertà di espressione). Panizzi inoltre disegnò e costruì la famosa Sala di Lettura a cupola frequentata da Marx. La sua invenzione della proprietà intellettuale probabilmente ebbe conseguenze più epocali di Marx: fornì la materia prima di quella rivoluzione informatica con la quale Murdoch e Microsoft hanno poi trionfato, non solo su Marx e la meccanizzazione, ma anche sul tempo e sullo spazio. Comunque, Panizzi ottenne nel 1861 la sua carica di senatore italiano e la legion d' onore dall' imperatore Luigi Napoleone nel 1852, per il suo lavoro pubblico e segreto a favore di un' Italia costituzionale. Non solo Panizzi diede aiuto e trovò lavoro ai rifugiati italiani, ma come commensale abituale alle tavole che contavano sostenne la causa dell' Italia. Nei weekend era un ospite abituale a Broadlands, la tenuta di campagna dell' «italianissimo» Lord Palmerston, ministro degli Esteri nel 1848-49 e primo ministro nel 1860. Durante la rivoluzione del 1848 i lombardi avevano nominato Panizzi loro ambasciatore presso la regina Vittoria a Londra mentre Cavour, che gli fece visita nel 1852, lo usava come tramite per Palmerston. Nel 1845 Panizzi, ora possessore di un passaporto britannico, aveva incontrato il duca Francesco di Modena a Vienna, ma l' intransigente fantoccio asburgico gli rifiutò il perdono. Quando nel 1851 aveva fatto visita a Poerio e Settembrini in prigione a Napoli trovandoli in condizioni peggiori di quanto non fosse sembrato a Gladstone, che aveva seguito il processo, Panizzi non potè far altro che confermare il giudizio sul regime borbonico espresso dallo stesso Gladstone nella famosa lettera al suo primo ministro tory Lord Aberdeen: «La negazione di Dio eretta a sistema di governo». Subito Panizzi si lamentò di persona con il Re Bomba (Ferdinando II re di Napoli) che interruppe così il colloquio: «Addio, terribile Panizzi». Deciso ad aiutare i nobili ministri costituzionali imprigionati da Francesco II, che aveva sospeso la sua Costituzione del 1848 e trascinato i ministri in galera, Panizzi iniziò una corrispondenza segreta tramite lettere fatte trapelare di nascosto e inchiostro invisibile. Poi cominciò a progettare un piano per liberare i ministri dalla loro isola-prigione di Ponza con la forza. Panizzi finanziò l' impresa con buona parte del suo salario di 1.400 sterline ma raccolse denaro anche da Lord Overstone, Lord Zetland, Lord e Lady Holland, e la signora Gladstone che contribuì con 100 e 200 sterline prese dai suoi amici. Lord e Lady Palmerston contribuirono in modo anonimo mentre Sir William Temple, fratello di Lord Palmerston e ambasciatore plenipotenziario britannico a Napoli, avrebbe coordinato quella che in codice chiamavano «la speculazione commerciale». I conservatori erano al governo così Palmerston, il ministro degli Esteri ombra, chiese al vero ministro degli Esteri Lord Clarendon di rendere disponibili dei soldi dal fondo dei servizi segreti per aiutare a comprare una nave, The Isle of Thanet, e ingaggiare Garibaldi - la cui nave era ormeggiata a Newcastle - come comandante della spedizione. Garibaldi stesso aveva dubbi sul successo di una avventura così rischiosa, così fu tutto sommato una fortuna che la nave affondasse in una tempesta nel 1856 e che Sir William Temple venisse informato con queste parole: «La nostra speculazione commerciale è cancellata». Sarà la diplomazia, dopo tre anni di rottura delle relazioni per protesta, a ottenere il rilascio dei ministri costituzionali imprigionati. Tutta questa attività da cospiratore non impedì a Panizzi di diventare, nell' approvazione generale, capo bibliotecario al British Museum in quello stesso anno. E in più Garibaldi - durante la sua trionfale visita nel 1864 - pretese di cenare con il suo compagno di tresche e di visitare con lui la tomba di Foscolo a Chiswick. Panizzi sarà stato pure un inglese d' adozione ma nel cuore, e nelle azioni, rimase un patriota italiano.

martedì 18 settembre 2012

Angelo Masini


 Il giovane eroe che cadde accanto a Garibaldi Il colonnello dei lancieri della morte di Bologna perse la vita il 3 giugno 1849 per difendere la Repubblica RomanaQuella mattina non ebbe neanche il tempo di indossare la sua bella giubba blu con gli alamari d' oro. Fu svegliato dall' attendente. «I francesi stanno per attaccare. Sono al Gianicolo. Garibaldi chiede di lei». Angelo Masini si precipita fuori dalla sua casa di via Condotti. Quella Roma sonnacchiosae amorfa, pensa fra sé, è pronta ad adattarsi. Il colonnello bolognese è turbato, la Repubblica Romana ( nella foto grande:i difensori con le insegne) è in pericolo. «Maledetto il giorno in cui, per ubbidire a Mazzini, non ricacciammo in mare i soldati di Oudinot». Iniziano le cannonate, piovono proiettili, arriva l' ordine. «Respingerli». I Lancieri della morte di Masini sono pronti: dietro di loro, centinaia di garibaldini. Un gesto, una sciabola puntata e comincia l' inferno. Cadono in tanti, colpiti da fucilate che stracciano le divise. Masini perde sangue, ha un braccio ferito e impugna a fatica la sciabola. Si fa medicare. «Stringi forte, questa benda». Il cavallo schiuma, vorrebbe riposare, ma uno strattone delle briglia lo riporta in battaglia. Masini con un cenno richiama i suoi Lancieri, ne mancano tanti. Di nuovo, con la sciabola, disegna un cerchio nell' aria, poi la punta d' acciaio indica Villa Corsini, dove i francesi sono più numerosi. Si lancia per primo all' assalto, supera la cancellata e arriva sulla grande scalinata di accesso alla residenza patrizia. I garibaldini lo seguono, si esaltano nel vederne il coraggio, ma non si accorgono che il loro colonnello, l' amico di Garibaldi, quel giovane bolognese intransigente ha nove palle di piombo nel petto. Per lui è finita. E' la sconfitta. Ci vorranno giorni prima di poterne recuperare il corpo maciullato. Oggi non sappiamo neppure dov' è sepolto. Era il 3 giugno 1849 quando Angelo Masini morì da eroe vero: con lui, molti dei suoi Lancieri. Aveva conosciuto Garibaldi a Bologna nel novembre del ' 48, quando il generale s' era acquartierato vicino a Pianoro e le autorità felsinee gli avevano imposto di non far entrare le giubbe rosse, ritenute poco rassicuranti per l' ordine pubblico. Garibaldi aveva capito subito che Masini era un uomo d' arme come lui: non gli parve vero di arruolare i Lancieri. Questi non erano inquadrati in nessun esercito: erano l' esercito di Masini, che lui si inventò e mantenne a sue spese per poter partecipare alle guerre di quegli anni. Una cavalleria di circa 50 uomini addestratissimi, ed elegantissimi, in un' uniforme dal giubbotto blu , i calzoni rossi e il chepì con le insegne di Bologna e la scritta "Libertas". Natoa Bologna il 24 settembre 1815, Angelo Masini morì che aveva 34 anni. Alto, magro, occhi azzurri, spavaldo, s' era unito nel 1831, non ancora sedicenne, ai volontari che si battevano contro i papalini. Nel 1836 lo ritroviamo in Spagna nell' esercito della "liberale" Isabella, decorato per le sue azioni temerarie nella "guerra carlista". Torna a Bologna, viene imprigionato: passerà quasi un anno a Castel Sant' Angelo. Fu forse l' unico periodo in cui s' applicò alle letture:a Bologna ne ricordavano scarse inclinazioni per gli studi e forti per le fucilate quando, ancora adolescente, tirava ai vasi da fiori. Nel ' 48 partecipò alla Prima guerra d' Indipendenza. Quando arrivò in città la notizia della caduta della Repubblica e della sua morte, molte bolognesi lo piansero. «Bastava vederlo una volta sola per amarlo e apprezzarlo», scriverà Garibaldi. Il Museo del Risorgimento ne conserva quell' uniforme che non indossò sul Gianicolo e diversi do cumenti. Fra questi, un minuzioso ordine del giorno per lo squadrone: perfino dove applicare, sulla giubba, i distintivi.


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domenica 16 settembre 2012

Garibaldi e la musica



L'Eroe dei Due Mondi amava la musica, non a caso nel Museo sono custoditi vari strumenti recentemente restaurati e funzionanti. I brani preferiti da Giuseppe Garibaldi si prestavano al canto, ed erano eseguiti al pianoforte dalla figlia Teresita. Non è difficile immaginare le serate in allegria della famiglia Garibaldi, risuonanti della voce baritonale del Generale, che cantava pezzi italiani oltre che dell'antico repertorio di canzonette francesi, nizzarde e genovesi. Si ascoltavano altresì inni, stornelli, canti popolari, e serenate dai dischi "Ariston", nonché valzer, quadriglie polke e mazurche. La passione di Garibaldi per Verdi nasceva dal fatto che nelle sue opere il compositore sottolineava, attraverso la musica, il gioco perverso al quale dovettero soccombere tante figure emblematiche capaci, d'altronde di emozionare le folle. Tutti i compositori prediletti da Garibaldi, come Rossini, Bellini, Donizetti erano capaci di racchiudere attraverso le note e le parole i caratteri e le passioni forti dei personaggi. In molte opere da lui prescelte si nascondeva l'ideologia nazionalista e il fondamento del diritto all'autodeterminazione dei popoli e si avvertivano motivazioni indipendentiste o di emancipazione politica.

sabato 15 settembre 2012

Maria Sofia Amalia di Wittelsbach


Possenhofen, Baviera, 1841 – Monaco di Baviera, 1925
Regina delle Due Sicilie. Passò la giovinezza in Baviera con i suoi numerosi fratelli e sorelle, tra le quali Elisabetta, che sposò l'imperatore Francesco Giuseppe. Il 22 maggio del 1859 sposò Francesco di Borbone, salito al trono di Napoli alla morte del padre, il re Ferdinando II, con il nome di Francesco II.
Donna di forte carattere, esercitò un così grande ascendente sul marito, che le era legatissimo, al punto da prenderne facilmente il sopravvento nella direzione degli affari familiari e dello Stato. Di fronte all'avanzare di Garibaldi e delle sue truppe verso Napoli, Maria Sofia consigliò la resistenza ad oltranza ma non fu ascoltata.
Quando la corte fu costretta a ritirarsi a Gaeta, partecipò personalmente alla difesa della cittadella contro le truppe italo-piemontesi, incoraggiando i soldati e visitando gli ospedali pieni di feriti e di ammalati. Dopo la capitolazione della dinastia borbonica si ritirò a Roma, dove rimase fino al 1870 coltivando progetti per la riconquista del Regno perduto con l'aiuto dei legittimisti, manovre cui i servizi di informazione del governo italiano risposero con una subdola campagna di denigrazione, mirante a dipingere Maria Sofia come un'avventuriera di facili costumi.Quando le truppe italiane occuparono Roma, Maria Sofia si stabilì con il marito a Parigi. Rimasta vedova nel 1894, dalla sua nuova dimora di Neuilly-sur-Seine continuò a sperare nella restaurazione della vecchia monarchia, accogliendo in casa socialisti e anarchici fuorusciti, nonché dubbie figure di millantatori.La sua irrequietezza giunse al punto che nel 1904 il governo italiano, dopo aver arrestato ed espulso un agente da lei inviato, dovette per via diplomatica intervenire presso l'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe e la repubblica francese perché ammonissero l'ex regina. Trascorse gli ultimi anni a Monaco di Baviera.