/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": Lettera alla contessa Elisabeth Salhias de Tournemire

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mercoledì 28 novembre 2012

Lettera alla contessa Elisabeth Salhias de Tournemire


In una lattera il russo, infatti, descrisse dettagliatamente la sua permanenza sull’isola e tratteggiò la figura politica e umana del mitico Garibaldov. Si tratta di un documento storico di grande importanza e una ricca fonte di informazioni sulla prima tappa italiana di Bakunin, sul volontario esilio di Garibaldi e sulla sua vita a Caprera.
...Garibaldi ci ha accolto molto amichevolmente ed ha prodotto su di noi due un’impressione profonda. È guarito del tutto, e benché zoppichi un poco è forte come un leone e sta in piedi dalla mattina alla sera.
Lavora nel suo giardino, il quale anche se non è bellissimo è straordinariamente interessante, perché è tutto seminato dalle sue mani sulla roccia e tra la roccia.
La vista è triste e bellissima.
Non c’è che una casa in pietra, bianca, pomposamente chiamata “Palazzo di Garibaldi”, un’altra piccola di ferro ed una terza, ancor più piccola, di legno. Nel giardino ha giovani alberi e piante, aranci, limoni, mandorli, viti, fichi.....
A Caprera c’era quella che in Russia chiamano estate. Siamo rimasti tre giorni e tutti e tre furono sereni. Anche le sere e le notti erano calde.
Da Garibaldi abbiamo trovato un giovane segretario politico, Guerzoni, che funge ora da anello nella nuova unione tra Mazzini e Garibaldi, Basso, militare e marinaio, compagno americano di Garibaldi e i due figli di questi, Menotti e Ricciotti, oltre ad alcuni soldati e marinai garibaldini, in tutto una dozzina di persone. È una repubblica democratica e sociale.
Non conoscono la proprietà: tutto appartiene a tutti. Non conoscono neppure gli abiti da toilette, tutti portano delle giacche di grossa tela con i colletti aperti, le camicie rosse e le braccia nude, tutti sono neri dal sole, tutti lavorano fraternamente e tutti cantano....
In genere questa piccola adunata a Caprera di ragazzi sani, forti e gloriosi, di cui ognuno s’è già reso famoso per qualche gesta di coraggio, mi ha rammentato le prime pagine del Corsaro di Byron. Ma tra loro sta Garibaldi, grandioso, calmo, appena sorridente, l’unico lavato e l’unico bianco in questa folla di uomini neri e magari alquanto trasandati. Egli è infinitamente buono e la sua bontà s’allarga non soltanto agli uomini ma a tutte le creature...
In mezzo ad una lunga conversazione Garibaldi mi ha detto: “In questi ultimi tempi la vita mi è venuta a noia, io mi separerei volentieri da lei, ma vorrei morire in modo utile alla patria e alla libertà di tutti i popoli. Intendevo partire per la Polonia, ma i polacchi mi fecero dire io sarei stato inutile là e che il mio arrivo avrebbe causato più danno che giovamento. Perciò ho rinunciato. Del resto io stesso ammetto che sarò più utile a loro qui che non là. Se faremo qualcosa in Italia, ciò sarà proficuo anche per la Polonia, che ora, come sempre, ha tutta la mia simpatia”...
È stato straordinariamente caro e gentile con mia moglie e con un’inglese che beveva non poco e aveva il naso rosso. Accompagnandoci la fece sedere su una sua barca ed essa pescò con un lungo bastone dei ricci di mare, e delle specie di fritti di mare. Il 23 siamo tornati a Genova, il 26 passando per Livorno sono giunto a Firenze e – ve lo dirò in segreto – sono già innamorato dell’Italia e ho dato la mia parola a mia moglie che in un mese parlerò italiano.



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