/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": Il 1800 e Garibaldi

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lunedì 26 dicembre 2011

Il 1800 e Garibaldi


La sconfitta di Napoleone a Waterloo (18 giugno 1815) non pregiudica la libertà di San Marino che, grazie all'atteggiamento un pò ambiguo adottato fino ad ora, riesce a mantenere l'indipendenza anche dopo il Congresso di Vienna (1815), in quanto non definibile come alleato della Francia, grazie al previdente rifiuto di ampliare il territorio dietro proposta di Napoleone nel 1797. La rinascita di San Marino in questo travagliato periodo è attribuibile ad Antonio Onofri, il Capitano Reggente, al quale verrà poi attribuito, l'epiteto di "padre della Patria" (morì il 25 febbraio 1825). Durante il Risorgimento San Marino costituisce un rifugio sicuro per molti dei personaggi che parteciparono ai moti liberali di quegli anni, ai quali tra l'altro presero parte anche alcuni cittadini sammarinesi. Infatti c'è un totale appoggio a coloro che si battono per l'affermazione dei principi di libertà e indipendenza da sempre difesi in Repubblica. Una tale posizione non è tuttavia semplice da mantenere di fronte all'Austria e allo Stato Pontificio, ecco perché la richiesta di Garibaldi di poter transitare all'interno di San Marino, giunta nel luglio del 1849, dopo la capitolazione della Repubblica Romana, non viene subito accolta. Garibaldi in quel periodo tenta di raggiungere Venezia, unica Repubblica superstite che ancora riesce a resistere agli Austriaci, ma nei pressi di Macerata Feltria si trova circondato da quattro eserciti. L'unica possibilità di salvezza era di riparare nella piccola Repubblica. Perciò ripete la richiesta inviando due messaggeri e senza aspettare risposta oltrepassa i confini con i millecinquecento uomini rimasti. Egli stesso va al Palazzo Pubblico per presentare domanda di asilo. L'allora Capitano Reggente Domenico Maria Belzoppi, in precedenza anch'egli partecipante ai moti liberali, accoglie e soccorre Garibaldi ed i suoi uomini, chiedendo in cambio che venga adoperata ogni cautela onde evitare che San Marino sia coinvolto in scontri armati. Garibaldi accompagna i suoi uomini fino al convento dei frati cappuccini dove scioglie l'esercito. Alcuni militari trovano rifugio presso le famiglie sammarinesi, altri si allontanano a piccoli gruppi, Garibaldi con centocinquanta fedelissimi nella notte del 31 luglio esce dal paese, ed eludendo la sorveglianza dei dodicimila soldati austriaci che circondano il Titano muove verso Venezia. Il fatto però non passa senza conseguenze per la Repubblica: l'esercito austriaco viola i confini senza autorizzazione (2 agosto 1849) cercando i rifugiati nelle case ed intimando la consegna delle armi dei garibaldini. In seguito San Marino continua a dare asilo ai rifugiati e ad appoggiare le rivolte, ma questo comportamento attira un clima di sospetto da parte dello Stato Pontificio e dell'Austria, che sfocia nel tentativo di mettere in discussione la libertà del paese e di progettare un'occupazione armata. E' grazie all'intervento della Francia nella figura di Napoleone III (1854) se esso non ha esito. Dopo la proclamazione del Regno d'Italia (17 marzo 1861) in varie occasioni e momenti Garibaldi ricorda ed elogia l'ospitalità avuta da San Marino nel momento del bisogno: 1 giugno 1861, in ringraziamento al conferimento della cittadinanza sammarinese "ad honorem" del 24 aprile 1861, "Vado superbo di essere Cittadino di cotanto virtuosa Repubblica"; 13 giugno 1864 "Vi ringrazio del regalo che mi rinnoverà sempre nella memoria l'ospitalità generosa di San Marino in un'ora di suprema sciagura per me e per l'Italia". Altra tappa fondamentale nel riconoscimento della sovranità e indipendenza dello Stato sammarinese è il 22 marzo 1862: in questa data viene infatti siglata una convenzione con il Regno d'Italia per regolamentare i reciproci rapporti di rispettosa stima e buon vicinato, accordo che permette a San Marino di concentrare le proprie risorse su questioni assolutamente interne. Si ricorda anche, il 7 maggio 1861, un messaggio cordiale ed augurale: Abraham Lincoln, presidente degli Stati Uniti d'America, scrive ai Capitani Reggenti per manifestare l'apprezzamento per il conferimento della cittadinanza onoraria.

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