/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": DI BENEDETTO, Raffaele

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sabato 17 marzo 2012

DI BENEDETTO, Raffaele


DI BENEDETTO, Raffaele. - Nato a Palermo nel 1827 da Giovanni, di altolocata famiglia borghese originaria di Torretta (Palermo), e da Filippa Magnano, fin dagli anni che seguirono la reazione del '49 fu attivo nella cospirazione antiborbonica. Il suo nome, insieme con quello dei fratelli Salvatore e Pasquale, caduti combattendo a Palermo il 29 maggio 1860, è legato ai principali episodi dell'insurrezione siciliana prima e dopo la venuta di Garibaldi, particolarmente al tentativo palermitano del 4 apr. 1860, subito soffocato, ma che andò poi riprendendo e espandendosi e fu condizione essenziale per l'intervento garibaldino nell'isola.
Alla preparazione i Di Benedetto, figure di spicco nel Comitato rivoluzionario di Palermo, si dedicarono con febbrile attività, fornendo a R. Pilo e D. Corrao, che dall'11 aprile freneticamenteriorganizzaronol'insurrezione, la lista dei capi, mettendo insieme squadre di insorgenti nei paesi vicini, e attuando nella loro tenuta presso Carini una vera e propria fabbricazione di munizioni.Numerosi furono i loro contatti con gli esuli. Crispi si era incontrato anche con loro per prendere accordi quando, alla fine del luglio 1859, era entrato clandestinamente in Sicilia per la preparazione dei moti.Giunto Garibaldi in Sicilia, il D. si congiunse il 19 maggio 1860 alle truppe del gen. G. La Masa. Il 27 maggio, nel drappello scelto di coloro che per primi entrarono in Palermo, venne ferito a porta Termini, a pochi passi da dove cadeva ferito a morte il capitano L. Tükory che comandava il gruppo. Rimessosi, seguì Garibaldi a Milazzo e al Volturno.Ritornato a Palermo, dove poi ricoprì l'ufficio di cassiere presso la R. Tesoreria, continuò a partecipare alla vita politica nelle file dei democratici. Ai primi di marzo 1861 fu tra i fondatori della Società degli operai, la prima nell'isola. Nelle vicende del 1862 - mentre partivano, giovanissimi, con Menotti Garibaldi gli altri due fratelli Luigi e Carmelo - ebbe il comando di un battaglione e trovo modo di distinguersi ad Aspromonte prima di essere catturato in seguito alla resa garibaldina alle truppe italiane. In una relazione inviata nel 1864 dalla prefettura palermitana al ministro dell'Interno il D. veniva indicato come personaggio di grande influenza politica e di elevate doti morali, ma anche potenzialmente pericoloso per le sue idee politiche. Nel '66, scoppiata la guerra con l'Austria, venne nominato maggiore della guardia nazionale mobile, ma preferì accorrere come volontario al campo, dove gli venne riconosciuto il grado di maggiore. Durante la campagna del Tirolo comandò un battaglione nel reggimento del tenente colonnello G. Cadolini.Tornato a casa, venne eletto consigliere comunale di Palermo. Di lì a poco occupò l'ufficio di assessore, per poi ritirarsi al prevalere del partito clericale. In occasione della rivolta di Palermo nel settembre 1866 era entrato a far parte dell'allargato Comitato provvisorio, presieduto da Placido Bonanno principe di Linguaglossa. Collaborò a più riprese ai giornali democratici palermitani L'Appello, La Rappresentanza nazionale, Il Precursore.Nel 1867 partecipò a Palermo all'organizzazione di un colpo di mano per liberare Garibaldi, confinato a Caprera dopo l'arresto di Sinalunga. Venuto meno lo scopo dell'impresa, si recò a Napoli insieme con altri patrioti siciliani ed entrò nello stato maggiore di G. Nicotera, passando quindiconletruppeilconfinemeridionaledelloStatopontificio.L'episodio della sua morte, avvenuta il 26 ott. 1867 presso Monte San Giovanni (Monte San Giovanni Campano, od. prov. di Frosinone), di pochi giorni successiva a quella di E. Cairoli, a cui era legato da profonda amicizia, appartiene all'epopea garibaldina.Il 26 ott. 1867 il D. era nei pressi di Frosinone, come comandante di stato maggiore nella divisione Nicotera.Da questo venne inviato a occupare il paese di Monte San Giovanni a capo di una colonna di un centinaio di uomini. Quasi al termine della marcia, resa festosa dalla certezza dei sentimenti amichevoli della popolazione locale, venne improvviso un attacco dei pontifici. L'avanguardia, di cui il D. faceva parte, si trovò isolata dal resto della colonna e cercò rifugio in un cascinale. Qui resistette per alcune ore alle preponderanti forze nemiche. Il D. tentò infine una sortita per consentire la fuga dei suoi compagni. Mentre la gran parte di questi riusciva a mettersi in salvo, il D. veniva colpito a morte, insieme con altri cinque volontari.I funerali del D. si svolsero l'11 dicembre a Palermo in una atmosfera di grande commozione cittadina, con l'intervento delle più alte autorità comunali e militari.

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