/**/ Associazione Culturale e Sportiva "Giuseppe Garibaldi": Tonina Masanello

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domenica 20 dicembre 2009

Tonina Masanello

L’unica a comparire nell’elenco ufficiale dei Mille è Rosalia Montmasson, savoiarda di Saint Jorioz (Annecy), la compagna, poi ripudiata, di Francesco Crispi. Ma tra i garibaldini, nell’Esercito Meridionale che giunse al Volturno, vi furono altre donne. Una di queste era Tonina Masanello, l’esule veneta che prese parte alla campagna del 1860 facendosi passare per un ragazzo e che morì di tisi, povera e giovane, a Firenze. Vestì la camicia rossa pure la piemontese Maria Martini Giovio della Torre, figlia ribelle e molto avvenente del conte Carlo Camera di Salasco, il generale che sottoscrisse l’armistizio con gli austriaci nel 1848, dopo la sconfitta di Custoza. Gli storici la liquidarono come una delle tante amanti di Garibaldi, che l’aveva incontrata a Londra. In realtà Maria avrebbe meritato, e merita, qualcosa di più, non soltanto per il suo fascino e per l’esistenza avventurosa e tumultuosa, per le passioni e per l’amore per la libertà. Era cresciuta a Torino negli ambienti di Corte, dove il padre ricoprì a lungo cariche importanti nello Stato maggiore dell’esercito di Carlo Alberto. Maria dagli occhi neri dimostrò ben presto come quella vita non fosse fatta per lei. C’è addirittura chi sostiene che, giovanissima, corse a Milano, nel marzo del ’48, per partecipare alle Cinque Giornate. Certo è invece che si sposò, o dovette farlo per imposizione paterna, con il conte cremasco Enrico Martini Giovio della Torre, che in effetti venne mandato da Carlo Alberto a Milano per un abboccamento con gli insorti. Il matrimonio, celebrato intorno al 1850, naufragò. Fu Maria, che intanto era ormai nota come «una delle bellezze in voga nei salotti» e paragonata per il suo fascino alla contessa di Castiglione, a lasciare il marito? Lo proverebbe il fatto che il generale Camera di Salasco, dopo la separazione, decise di rinchiudere la figlia in un convento. Riuscì a fuggire e a raggiungere l’Inghilterra, dove cominciò a frequentare i patrioti italiani riparati a Londra e in altre città. Nel 1854 avvenne l’incontro con Garibaldi. Amore a prima vista, il classico colpo di fulmine. Tanto che Maria gli scrisse: «Sarò cosa vostra. Ve lo giuro». Nella loro biografia dell’Eroe dei Due Mondi, Indro Montanelli e Marco Nozza la prendono sul serio: «E tutto lascia credere che lo fu». È probabile che la sua condotta di vita, come si disse, prima e dopo il matrimonio non fosse esattamente quella di una donna virtuosa. In ogni caso Maria, oltre che seducente, era una vera patriota e s’intendeva di politica: diede alle stampe opuscoli vari, tra cui uno contro la cessione di Nizza e della Savoia, e un libro sulle vicende italiane di quegli anni. Il 1860 la vide in prima linea, naturalmente con i volontari garibaldini. Giuseppe Cesare Abba la notò a Messina, nel giorno di Ferragosto: «Ho veduto un ufficiale delle Guide camminare lesto lesto lungo la spiaggia, senza sciabola, proprio una donna, fianchi e seno. Bella, faceva l’aria da bambina, ma si guardava dietro con una coda d’occhio così serpentina!... Gli ufficiali della brigata ne chiacchieravano; il colonnello Bassini scotendo la testa e il frustino, brontolava sordamente dietro quella figura. È una contessa piemontese». Il coraggio non le mancava se è vero che, durante la battaglia di Milazzo, irruppe a cavallo tra gli artiglieri in fuga, bersagliati com’erano dal tiro delle navi borboniche, e con la sciabola in pugno li costrinse a riprendere le loro posizioni, puntando lei stessa un cannone contro il nemico. Si occupò anche delle ambulanze militari e dei feriti. Mal le incolsero, però, quelle vocazioni da crocerossina. A Pietro Ripari, medico dei Mille, che era stato con Garibaldi già all’epoca della Repubblica Romana e che l’avrebbe seguito all’Aspromonte, non piacque la frenesia di Maria. Narra Abba: «Si dice che spanda balsamo, pietosa come una suora di carità», ma «si aggiunge che il vecchio Ripari l’ha fatta cacciare dall’ospedale di Barcellona dove essa voleva fare l’angelo sopra i feriti di Milazzo». Le divergenze sui metodi di cura la indussero a ripartire, sebbene nell’agosto del ’60 fosse ancora con le divisioni sbarcate in Calabria. Altre avventure patriottiche (prese parte alla campagna del ’66) e molte disavventure, soprattutto un epilogo drammatico, segnarono il resto della sua vita a Parigi e a Londra. Avversata dalla famiglia e innamorata del Generale, forse mai corrisposta, nel 1865 minacciò di suicidarsi dove avergli inviato un paio di lettere disperate. Morì verosimilmente in una casa di cura di Mendrisio, in una camera tappezzata con panni rossi come le camicie dei volontari. Dimenticata dai più, rimase tuttavia nel ricordo, magari nel cuore, degli ultimi combattenti garibaldini. Giulio Adamoli, che si era arruolato dopo la presa di Palermo, la ricordò così: «E non potrei finalmente passare sotto silenzio (...) la seducente contessa Martini Salasco, di antica prosapia piemontese, la quale, nella illusione, in cui era, di prestar aiuti e di distribuire soccorsi, cavalcava fra mezzo le squadre garibaldine in un leggiadro costume, che arieggiava l’uniforme delle Guide, e volentieri si soffermava presso il nostro comando».

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