Giacomo Leopardi nacque a Recanati nel 1798, dal conte Monaldo e da Adelaide Antici Mattei, genitori rigidi nell'educarlo che lo privarono di ogni affetto.
Il padre era uomo debole, retrogrado, legato ad idee antiquate ed ai pregiudizi, la madre era dispotica, bigotta, fredda, preoccupata di ricostituire il patrimonio familiare, minato dalle sfortunate speculazioni del conte. Nella casa era inculcata la rigorosa disciplina della religione e del risparmio.
L'infanzia, trascorsa coi fratelli Carlo e Paolina, lasciò nel poeta un ricordo di poesia infantile (Ricordanze).
Gli studiNei primi anni della sua vita studiò in compagnia di due preti; poi il padre decise di educarlo da autodidatta nell'enorme biblioteca di casa. Giacomo si impegnò in questi studi acquisendo una straordinaria cultura classica e filologica, ma soffrendo nel contempo per la mancanza di un'istruzione aperta e stimolante.
L'innata sete di conoscenza del giovane Giacomo trovò facile esca nella ricca biblioteca paterna. Inizialmente guidato dal sacerdote Sebastiano Sanchini, ben presto, Leopardi s’emancipò e s’immerse in letture vaste e profonde.La malattia
Tra i dodici ed i diciassette anni lo studio indefesso al quale lo spingevano sia l'ansia di sapere, sia il bisogno di evadere, almeno spiritualmente, dall'ambiente angusto del palazzo paterno, minò il suo fisico già indebolito dal rachitismo. La malattia gli negò anche i più semplici piaceri della giovinezza, ed il giovane si chiuse nell'angoscia che avvolgeva la sua anima meditando sulla triste condizione dei viventi.
L'amicizia con Pietro Giordani
Nel 1818 il Giordani giunse a casa Leopardi. Giacomo ne divenne amico e vide in tale conoscenza una speranza per l'avvenire, mentre sempre più gli pesava la permanenza a Recanati, tanto che nel 1819 tentò inutilmente la fuga. Tale tentativo ebbe come conseguenza, da parte dei famigliari, una stretta sorveglianza.
Il soggiorno a Roma
Quando, due anni più tardi (1822) riuscì a soggiornare brevemente nella capitale, presso lo zio, rimase deluso dall'atmosfera e dalla corruzione della chiesa. Rimase invece entusiasmato dalla visita della tomba di Torquato Tasso, al quale si paragonava per l'innata infelicità.
Mentre Foscolo viveva tumultuosamente tra avventure, amori, libri, Leopardi riusciva a stento a sfuggire all'oppressione domestica. A Leopardi Roma apparve squallida e modesta al confronto con l'immagine idealizzata che egli si era figurata fantasticando sulle "sudate carte" dei classici. Già prima di lasciare la dimora avita egli aveva provato una cocente delusione amorosa a causa dell'innamoramento per la cugina Geltrude Cassi. Il male fisico, acuitosi, contribuì alla caduta delle residue illusioni, Virtù, Amore, Giustizia, Eroismo parvero al poeta vane parole.
Altri soggiorni e conoscenze
Nel 1824 il libraio Stella lo chiamò a Milano, affidandogli alcuni lavori, tra i quali una Crestomazia della prosa e della poesia italiane.
Durante tale periodo il poeta visse tra Milano, Bologna, Firenze e Pisa.
Nel 1828, a Milano, Leopardi conobbe il Manzoni, senza che nascesse una reciproca simpatia, a Firenze strinse salde amicizie, ritrovò il Giordani e conobbe il Colletta.
Il ritorno a Recanati
Il poeta, di salute malferma e affaticato dal lavoro, dovette rifiutare una cattedra a Bonn o a Berlino, offertagli dal ministro di Prussia a Roma e nel 1828, dovette lasciare anche il lavoro presso lo Stella e tornare a Recanati.
A Firenze dal 1830 al 1832
Il Colletta, nel 1830 gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli "amici di Toscana", l'opportunità di tornare a Firenze. La successiva stampa dei Canti permise al poeta di vivere lontano da Recanati fino al 1832.
A Napoli: la morteIn seguito un vitalizio della famiglia gli permise di stabilirsi presso l'amico Ranieri, a Napoli, dove sperava di trarre giovamento dal clima, ma morì durante l'epidemia di colera del 1837 e fu sepolto nella Chiesa di San Vitale a Fuorigrotta.
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