L’esercito del neonato Regno d’Italia (sei anni, appena compiuti) ha molti problemi di integrazione delle componenti degli eserciti preunitari che lo compongono, la cosa vale sia per entrambe le forze armate (la terza, l’aeronautica, ancora non esiste). Alla rivalità e alla diffidenza, si unisce anche la disomogeneità di addestramento e le differenze culturali. Questi fattori, uniti agli errori dei comandi supremi, causeranno le tragedie di Lissa, sul mare, e di Custoza sulla terra. Il Corpo Volontari Italiani, comandati da Giuseppe Garibaldi, invece, ottengono un grande successo arrestando l’avanzata nemica proveniente dal Trentino.
I Garibaldini, prima dello scoppio della guerra, vengono mandati a presidiare le possibili vie di invasione della Lombardia al confine col Trentino, ovvero il Passo dello Stelvio a nord, il Passo del Tonale al centro e il lago d'Idro a sud. I Garibaldini attaccano il 3 luglio e riescono ad impossessarsi di una forte posizione sul monte Suello e una parte dell'austriaca Valvestino, poi i paesi della valle del Chiese (Lodrone, Darzo e Storo sino a Condino), intanto un’avanguardia riesce ad istallarsi a Cimego col suo ponte sul Chiese, circa 20 Km a nord del Caffaro. Il 18 proseguirono l’avanzata e il 19 costrinsero alla resa gli assediati nella fortezza di Ampolla che sbarrava la via alla strada carrabile sopra Storo. Il contrattacco austriaco non tradò, le truppe imperiali si spinsero fino a Locca dove i garibaldini del 5° reggimento, comandati del colonnello Giovanni Chiassi, si asserragliarono in una chiesa con annesso cimitero difeso da mura. La resistenza fu vana, i difensori vennero bombardati dalle artiglierie degli attaccati e costretti alla resa, morì nello scontro anche lo stesso Chiassi. Anche Bezzecca stava cadendo, Garibaldi, avvertito, vi accorse con dei rinforzi, arrivò in carrozza perché era stato ferito il 3 luglio. La situazione era difficile, le posizioni italiane erano prese sotto i colpi di artiglieria, la carrozza di Garibaldi fu centrata, morì un cavallo e la guida del generale, il quale fu tirato fuori a forza dalla carcassa del suo mezzo. Garibaldi, che non aveva perso la lucidità, decise di far arretrare l’artiglieria per posizionarla su una piccola altura prima dell’abitato e prendere di mira il centro dello stesso, dove si ammassavano le truppe austriache. Il piano funzionò e le forze austriache ne uscirono scompaginate. A questo punto come da tradizione garibaldina i comandanti ancora sul campo, (Menotti e Ricciotti Garibaldi, Canzio, Bedeschini, Rizzi, Mosto, Antongini, Pellizzari) radunarono tutti gli uomini abili e lanciarono l’assalto alla baionetta verso l’abitato, costringendo gli austriaci ad arretrare lasciando Bezzecca in mano ai garibaldini.
Le perdite italiane furono ingenti e superiori a quelle nemiche, ma si era dimostrato all’Austria la serietà della minaccia italiana, inoltre, l’obiettivo austriaco di riprendere la Val di Ledro era fallito.
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